mercoledì 26 marzo 2014

Se un operaio con la sua paga italiana decidesse un giorno di comprarsi una mega villa a Miami .......come lo chiamereste???



Alla domanda di ‪#‎DariaBignardi‬ il ‪#‎ministro‬ Roberta Pinotti ha risposto così:

21.22 “I cacciabombardieri servono perché potrebbe succedere che qualcuno decide di sparare un missile per distruggere.
Spero che non lo decida mai nessuno, ma non viviamo in un mondo in cui non ci siano rischi in questo senso.
Lei ha citato prima la Crimea, ma non solo.
Chi si poteva aspettare una tragedia come quella delle Torri Gemelle?
Di fronte a una preoccupazione io penso che sia il caso di valutare, pensando magari di ridimensionare il numero degli F35.
Non c’è nulla di indispensabile, sto chiedendo:
“Ci sono dei rischi o delle minacce?
Come ci si potrebbe difendere?
C’è qualcuno che ci minaccia?” sulla base di questo si decide se serve più intelligence e così via
Io penso che più di tagliare, sia importante non spendere.
In questo momento i pagamenti sono bloccati.”

Mi scuso per la lungaggine di questo post. che spero leggiate fino in fondo, se non altro perchè contiene tante notizie su questi veivoli che qualsiasi mente sana si rifiuterebbe di comprare
Es. comprereste una macchina senza motore e senza impianti elettrici ed elettronici?
Una macchina con i vetri neri su tutti i lati escluso quello davanti? o che appena accendete il motore si è consumato tutto il vostro stipendio?
Se poi leggete tutto l'articolo scoprirete altre facezie !

Cosa è l'F-35? L'F-35 Lighting (fulmine) è un caccia di quinta generazione, l'unico concepito dopo la fine della Guerra Fredda.
È stato disegnato per essere invisibile ai radar e operare in rete con altri sistemi d'arma.
La velocità massima sarà di circa 1,6 volte quella del suono e potrà manovrare con carichi di gravità pari a 9,9 volte la gravità terrestre. I comandi sono tutti su schermi digitali con comandi touch.
A cosa serve?
È un aereo d'attacco al suolo, con un sistema di sensori avanzatissimo che dovrebbe permettergli di compiere qualunque missione.
È armato con un cannone da 25 millimetri e due stive ventrali per trasportare bombe o missili.
Può inoltre essere dotato di cinque piloni per armi e altri due per missili alle estremità delle ali. Il tutto per un carico bellico di 8100 chili di bombe e missili.
La versione F-35 B sarà in grado di decollare verticalmente dalle navi?
Sarà l'unico aereo disponibile con questa caratteristica?
Chi lo produce?
Il progetto è in mano alla Lockheed Martin, il colosso statunitense degli armamenti.
I paesi che hanno aderito al programma chiamato inizialmente Joint Strike Fighter hanno ottenuto una partecipazione allo sviluppo proporzionale all'investimento.
La Gran Bretagna è partner di primo livello, con circa 2,5 miliardi di dollari, con un ruolo chiave dell'industria Bae.
L'Italia è partner di secondo livello, con una spesa prevista di circa un miliardo di dollari, assieme all'Olanda, circa 800 milioni.
Nel terzo livello sono inclusi Canada, Australia, Norvegia e Danimarca.
Quanto costa il programma?
La stima iniziale era di 40 miliardi di dollari, in massima parte a carico degli Usa, le ultime previsioni calcolano un costo di sviluppo superiore a 56 miliardi.
Gli Stati Uniti contavano di acquistarne in futuro 2400 con una spesa di 200 miliardi di dollari.
Il piano iniziale prevedeva di costruirne 3100 includendo i paesi partner e altri compratori come Turchia, Singapore, Israele e Giappone, ma molti hanno già ridotto le previsioni.
E la politica di tagli al budget della difesa voluta dalla presidenza Obama potrebbe far calare anche gli ordini statunitensi.
A che punto è il progetto?
Il primo F-35 ha volato il 15 dicembre 2006.
I voli operativi d'addestramento sono cominciati nello scorso gennaio.
Finora le forze armate americane ne hanno ricevuti 69 ma tutti dovranno essere aggiornati nei prossimi anni per diventare pienamente operativi.
Che problemi sono emersi?
Contrariamente ai velivoli del passato, non ci sono stati prototipi su cui perfezionare la progettazione.
Per ridurre tempi e costi, il velivolo è stato testato virtualmente con elaboratori elettronici.
Ma i problemi non sono mancati e il programma ha accumulato ritardi importanti.
Il software per le versioni operative, da cui dipendono tutte le attività, è ancora in fase di sviluppo: non sarà pronto prima di due anni.
Forti difficoltà anche nella progettazione del casco, uno dei punti chiave del sistema F-35, che permetterà di visualizzare i dati di volo e puntare l'armamento tramite gli occhi del pilota.
Quali sono le critiche tecniche al progetto?
I piloti collaudatori, tutti americani o britannici, hanno criticato soprattutto la scarsa visibilità posteriore: non si vedono avversari alle spalle.
Un problema che dovrebbe essere risolto dai sensori tv che coprono il velivolo come una sfera.
Critiche anche al sistema anti-incendio e alla protezione contro i fulmini. Alcuni piloti hanno messo in dubbio anche la capacità di sopravvivere ai tiri della contraerea.

Ma di che materiale è fatto?  .......certo hanno qualche problemino hahahahhh

La Marina statunitense ha contestato dimensioni e prestazioni della versione imbarcata.
Nel settembre 2012 il Pentagono, stanco per ritardi e inconvenienti, è intervenuto con durezza contro la Lockheed, chiedendo risposte rapide e "commissariando" lo sviluppo del programma.
Quanto costano gli F35?
Il prezzo di ognuno dei primissimi esemplari è cresciuto fino a 207 milioni di dollari contro gli 89 milioni preventivati dalla Lockheed. Nel 2010 la stima era di 133 milioni.
Oggi il prezzo dovrebbe essere di circa 120 milioni ma il Pentagono insiste perché venga ridotto sotto i cento.
La Lockheed sostiene che nel 2018 un F-35 verrà 67 milioni di dollari, motore incluso.
Si ritiene che ogni ora di volo verrà a costare circa 25 mila dollari.
Il problema sarà la spesa per l'aggiornamento.
Come in un sistema informatico, ogni velivolo dovrà ricevere un pacchetto di software e componenti per arrivare alla versione definitiva.
Il cui prezzo non è ancora stato ipotizzato.
Quanto costerà tenerli in servizio?
Le stime per la vita operativa, ossia il prezzo di ricambi, manutenzioni e aggiornamenti tecnici, dell'intera flotta di F-35 statunitensi per i prossimi 50 anni sono di 1510 miliardi di dollari, pari a 618 milioni per ogni aereo.
Altri paesi come la Norvegia credono invece che per ogni singolo velivolo si spenderanno 769 milioni di dollari.
La Marina americana reputa questi costi superiori di 442 miliardi rispetto alle previsioni.
Il Pentagono ha minacciato che se queste stime non verranno ridotte toglierà alla Lockheed il controllo delle forniture di ricambi. Chi ha deciso l'impegno dell'Italia?
Il primo memorandum è stato firmato dal ministro della Difesa Beniamo Andreatta del governo Prodi nel 1998 con un investimento limitato a 10 milioni di dollari. La decisione di entrare nel programma di sviluppo con la spesa di un miliardo di dollari è stata presa dal governo Berlusconi nel 2002.
Gli accordi operativi per la produzione e la costruzione della fabbrica italiana di assemblaggio sono opera del governo Prodi nel febbraio 2007 e nell'aprile 2008.
Cosa significa la partecipazione italiana? Con la scelta di entrare nel programma F-35 l'Italia ha rinunciato ai grandi programmi di collaborazione aeronautica europea, come il Tornado – realizzato negli anni '70 con Germania e Gran Bretagna – e nel decennio successivo l'Eurofighter Typhoon, progettato dagli stessi paesi assieme alla Spagna.
Una scelta che conferma la linea inaugurata dal governo Berlusconi nel 2002 rinunciando al programma di un aereo da trasporto militare europeo in favore del Lockheed C130J.
Perchè l'Italia ha scelto l'F-35? La decisione è stata stata sostenuta soprattutto dai militari, con il sostegno di un partito trasversale nel centrodestra e nel centrosinistra.
Per la Marina è una scelta obbligata: è il solo aereo a decollo verticale sul mercato e quindi l'unico che può operare dalle nostre piccole portaerei Garibaldi e Cavour.
L'Aeronautica ritiene che si tratti del migliore velivolo disponibile per le missioni d'attacco.
C'erano alternative all'F-35?
Alenia (Finmeccanica) ha offerto una variante da attacco al suolo del caccia intercettore Eurofighter Typhoon, già in servizio con le nostre forze armate.
Una prospettiva respinta dall'Aeronautica perché l'Eurofighter un velivolo di vecchia generazione e avrebbe avuto costi comunque alti. Inoltre già oggi la prima serie in servizio dell'Eurofighter è così diversa dalle ultime due da avere pochi elementi in comune. Piuttosto che spendere per aggiornarla, l'Aeronautica intende toglierla dai reparti.
Quanti ne comprerà l'Italia?
Nel 2009 il governo aveva deciso l'acquisto di 131 F-35 con un costo stimato di 12,9 miliardi di euro.
L'anno scorso sono stati ridotti a 90: 60 nella versione A e 30 nella versione B a decollo verticale (15 per l'Aeronautica e 15 per la Marina).
L'assemblaggio del primo comincerà a luglio: l'ingresso in servizio è previsto per il 2015 nel 32mo stormo di Amendola (Foggia). L'ultimo dovrebbe arrivare nel 2027.
Cosa sostituiranno? Con i 90 F-35 l'Italia rimpiazzerà tutti i cacciabombardieri Tornado e Amx dell'Aeronautica e gli Harrier a decollo verticale della Marina.
Attualmente si tratta di circa 140 aerei ancora in servizio operativo: ciascuno ha costi di gestione molto più alti di quelli previsti per l'F-35. Quanti ordini ha firmato l'Italia? Finora gli ordini firmati riguardano solo 3 aerei del lotto di produzione sesto, mentre l'Italia si prepara a firmare il contratto per altri tre del settimo lotto. Nell'immediato futuro ne sono previsti quattro dell'ottavo lotto. Quanto deve pagare l'Italia per i primi caccia? Secondo il sito specializzato Analisi Difesa, l'Italia deve versare entro poche settimane 396,4 milioni di euro per il pagamento dei primi tre F-35 ordinati.
Entro fine anno è previsto il pagamento di altri 516 milioni di euro. Questa cifra comprenderà gli altri tre F-35 di cui si prevede l'ordinazione e stock di ricambi per velivoli e motori.
Il sito ritiene che il costo per ognuno di questi primi F-35 sarà di 154 milioni di euro.
L'Italia può uscire dal programma?
Il nostro paese non è formalmente vincolato ad altri acquisti.
Uscire dal programma significherebbe perdere i fondi investiti nello sviluppo e soprattutto quelli spesi per costruire l'impianto di assemblaggio italiano: una cifra globale vicina ai due miliardi di euro.
Resterebbe il problema di trovare un rimpiazzo per la flotta di cacciabombardieri, usati dal 1991 nelle operazioni internazionali in Iraq, Bosnia, Kosovo, Libia ed Afghanistan.
Perché l'Italia ha scelto di costruire una fabbrica per gli F-35? L'Italia è l'unico partner europeo che ha deciso di costruire un impianto per assemblare gli F-35 utilizzando componenti prodotte altrove.
La fabbrica chiamata Faco è stata completata nella base militare di Cameri (Novara) a spese del governo.
Il costo è stimato dalla rivista Aviation Week in un miliardo di dollari.
Lo stabilimento è stato realizzato ipotizzando la costruzione di 250 F-35, inclusi 131 per l'Italia e 85 per l'Olanda.
Solo con questi numeri si rientrerà dell'investimento.
Ma l'Italia li ha già ridotti a 90 e l'Olanda ha ritardato l'acquisto in attesa che siano pronte le versioni operative mentre pensa di limitare l'ordine a soli 50.
Eventuali altri compratori invece dovranno trovare più conveniente far assemblare gli F-35 nell'impianto piemontese e non dalla Lockheed.
Quanto lavoro creerà in Italia?
Le forze armate ritengono che si potranno creare 10 mila posti di lavoro e ci sarà una ricaduta per le aziende italiane pari a 18,6 miliardi di dollari.
Queste stime si basano però su una produzione a Cameri di 250 velivoli e sulla prospettiva che altri acquirenti dell'F-35, ad esempio la Turchia e Israele, affidino allo stabilimento piemontese la manutenzione dei loro caccia.
Al momento non ci sono accordi firmati.
Lockheed invece ha prospettato una ricaduta per l'Italia pari a 9 miliardi di dollari, senza calcolare l'attività di supporto e manutenzione, più altri quattro miliardi di dollari da assegnare.
Le ricadute occupazionali per l'Italia sono garantite? Contrariamente ai programmi del passato, per l'F-35 non ci sono accordi scritti che garantiscono all'Italia un carico di lavoro in cambio dell'acquisto degli aerei.
Lockheed ha assegnato all'Alenia la produzione di parte delle ali ma ogni fornitura deve rispondere a requisiti di qualità e convenienza.
I vertici della Difesa ritengono che questo obbligherà Alenia a uscire dal mercato protetto dei vecchi contratti e la spingerà ad essere più competitiva.
Il rischio è che le nostre aziende si trovino a lavorare in perdita o rinunciare ai contratti per effetto della concorrenza americana o di altri produttori.
Quali altre aziende italiane sono coinvolte?
Oltre ad Alenia, Selex, Aerea, Secondo Mona e Sirio Panel stanno producendo componenti dell'F-35 per conto di Lockheed.
Quali sono i vantaggi tecnologici per l'Italia?
Gran parte degli esperti ritengono che siano limitati.
Gli ingegneri italiani che hanno partecipato alla progettazione sono pochi e hanno avuto un ruolo marginale.
Il Pentagono ha riconosciuto che gran parte delle informazioni tecniche sono state tenute segrete anche ai paesi partner.
L'attività nello stabilimento di Cameri sarà essenzialmente di assemblaggio, senza sviluppo di tecnologie autonome.
Gli aerei italiani saranno al livello di quegli americani?
Il programma prevede versioni di software diversi tra gli F-35 per gli Stati Uniti e quelli destinati agli altri paesi.
Poiché la progettazione del software non è ancora stata completata, è difficile stabilire quali saranno le differenze e le limitazioni operative: il pacchetto destinato anche all'Italia sarà pronto solo nel 2016.
Ma sulla nostra Cavour, in servizio già da anni?
Cosa significa questo in termini di costi e di fermo in cantiere? Certo non sarebbe la prima volta, il ponte della Cavour l’hanno già dovuto rifare pochi mesi dopo che la nave ammiraglia della nostra Marina era entrata in servizio.
Il rivestimento andava in frantumi con rischi per le operazioni di volo.
L’hanno dovuto rivestire di nuovo con una sostanza più resistente. E con quali costi non si sa. 
Manovre di atterraggio degli F35
Questo tipo di manovra consiste nell’avvicinarsi alla nave riducendo la velocità a 35 nodi (circa 65 chilometri l’ora), toccare piuttosto rudemente il ponte di volo e poi frenare disperatamente per fermarsi in circa 400 piedi, più o meno 120 metri.
Chessaramai!
Pare invece che qualcosa sarà perché, non solo bisogna riaddestrare tutti i piloti per fare questa manovra (pilotare a 65 chilometri l’ora un aereo che, senza carichi e carburante, pesa una quindicina di tonnellate mentre sta cercando si posarsi su una nave in movimento, è più un exploit da videogame che una manovra fatta da qualcuno sano di mente), ma soprattutto bisogna ridisegnare il ponte di volo e riscrivere una parte del software dell’aereo.
Dice infatti lo stesso rapporto britannico: “La tecnologia (quella dell’atterraggio Srvl, ndr) non è attualmente testata e richiede la riprogettazione del ponte di volo e del software dell’aereo”.
E non sarà pronta comunque prima del 2020.
Ma i primi F-35B italiani dovrebbero (tra molte virgolette) entrare in servizio nel 2015.
Nel frattempo? Resta da sperare che non sia umido o non faccia caldo.
Perché il problema non si presenta solo quando l’aereo ha tonnellate di bombe a bordo.
Il rapporto cita come esempio il missile aria-aria Meteor che pesa solo 185 chili ma che costa 2,1 milioni di sterline (2,4 milioni di euro).
Anche questo dovrebbe essere sganciato in mare per atterrare.
Due milioni e mezzo ai pesci, letteralmente.
Per non parlare del carburante.
Insomma, non resta che pregare che il protocollo di Kyoto funzioni. Se il clima continua a cambiare ai ritmi attuali, persino nell’Artico tra un po’ farà caldo e umido.
E allora, bye bye F-35.


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