giovedì 13 marzo 2014
L’arco di trionfo nella Roma antica
Gli archi di trionfo nell’antica Roma sono opere maestose, emblemi con il compito di fissare nella memoria il ricordo di un personaggio o di un evento; divennero in breve una creazione architettonica del tutto autonoma ed originale dell’arte romana.
Venivano realizzati per celebrare un generale vittorioso, in età repubblicana, o per scolpire e fissare la memoria di un imperatore trionfatore grazie alle sue gesta o alle imprese dei suoi generali, in epoca successiva.
Il significato simbolico che l’arco trionfale assume in età imperiale, si lega indissolubilmente alla volontà di eternare le glorie dell’imperatore.
Non mancano esempi di archi dedicati alla celebrazione di magistrati o di cittadini virtuosi. Inoltre, anche se la facoltà di trionfare, divenne appannaggio esclusivo dell’imperatore, per accontentare le aspirazioni dei propri generali, veniva concesso, a coloro che si erano elevati raggiungendo meriti speciali, il diritto di portare, nel corso delle cerimonie ufficiali, gli abiti del trionfo ed il serto di alloro. Inoltre, veniva fornita loro, l’opportunità di avere una statua, come i personaggi protagonisti del trionfo, la cui memoria era rimasta impressa nella storia.
L’arco di trionfo aveva delle caratteristiche strutturali di fondo: genericamente, si strutturava in un parallelepipedo, spesso, ma non troppo esteso, all’interno del quale si sviluppavano degli attraversamenti, coperti a volta. Gli attraversamenti, erano circoscritti da massicci pilastri estesi in profondità.
I passaggi potevano variare da uno a tre, nel caso di più attraversamenti, il centrale acquistava un’importanza maggiore, rispetto ai laterali.
Generalmente, nella parte superiore possedeva un’iscrizione, in cui veniva racchiusa la motivazione della costruzione, e sui lati principali, una decorazione scultorea, collegata al personaggio cui si dedicava l’arco.
Spesso erano arricchiti dalla presenza di statue, che andavano a sormontare la struttura.
Il rilievo plastico, assunse un’importanza particolare, conquistando un ruolo determinante nella costituzione del senso celebrativo dell’arco, sviluppandosi in uno spazio importante della struttura.
Nel rilievo, infatti, era racchiuso il significato degli episodi che si intendevano imprimere, volti a celebrare la grandezza di Roma e dei suoi condottieri ed imperatori.
Arco di Tito, rilievo del trionfo a Gerusalemme e del prelievo della Menorah d’oro
Le novità di cui è portatore l’Arco di Trionfo, non riguardano solamente l’ambito architettonico, ma anche l’ambito artistico-scultoreo.
Questo è evidente esaminando il fascino che circonda gli Archi di Trionfo dell’Urbe, dove le conquiste strutturali e simboliche, si fondono con armonia, a quelle plastiche.
Degli archi giunti ai giorni nostri, rapiscono e colpiscono l’immaginazione le soluzioni scultoree ed architettoniche presenti nell’Arco di Tito.
Posizionato nel Foro, nell’ingresso della Via Sacra, il monumento racchiude e testimonia molteplici novità conquistate nell’ambito artistico.
L’arco ha un unico fornice ed è ritmato dalla presenza di quattro semicolonne per ogni lato.
La sua struttura si caratterizza per la compattezza e l’imponenza. La dicitura presente sull’attico riporta l’offerta dell’arco, da parte del Senato, a Tito, nominato come “divo” e per questo successiva alla sua morte, avvenuta nell’81.
Il monumento dovrebbe essere stato concluso entro il 90 e potrebbe essere stato edificato da Domiziano, fratello di Tito e figlio di Vespasiano.
Scopo della sua realizzazione, fu il ricordo della guerra giudaica, al ritorno dalla quale, a Tito fu riservato il trionfo.
Sicuramente, ciò che colpisce maggiormente, sono i pannelli a rilievo, all’interno del fornice, in cui sono rappresentati due momenti del trionfo.
Quello posizionato a nord, raffigura l’imperatore, sulla sua quadriga: la Vittoria incorona Tito, la dea Roma controlla per il morso, i cavalli.
Un uomo giovane dovrebbe rappresentare il Popolo Romano, mentre un uomo anziano, dovrebbe rappresentare il Senato Romano.
Dalle lance ed i littori, appena accennati nello sfondo, alla rappresentazione piena dei cavalli, lo sguardo incontra figure dal rilievo modulato e variato, tramite le quali questo pannello suggerisce la conquista di una nuova spazialità, che si coglie maggiormente nel pannello posizionato a sud.
Si trova, in questo caso, tutto il sapore di un corteo, che sembra spingersi verso l’osservatore, passargli accanto, per poi scomparire nella Porta Triumphalis.
I personaggi, si strutturano in una ideale linea arcuata, che protende verso lo spettatore, dandogli la sensazione di un corteo, che si muove all’interno di una rinnovata concezione spaziale. La rottura con una raffigurazione, che si struttura in due o tre livelli di riproduzione, si percepisce in modo concreto: non solamente figure allineate su uno stesso piano, ma un movimento diverso anima questi due pannelli.
Se il disegno ha ancora il sapore classico, a variare è come lo spettatore percepisce la composizione, in cui si riesce ad assaporare il ritmico andamento del trionfo e la linea prospettica in cui si dipana.
Nel caso dell’Arco di Costantino, a colpire è la mole in cui si sviluppa, che lo rende il più grandioso dei tre archi conservatisi nell’Urbe.
L’opera commemora il trionfo legato alla vittoria conquistata presso Ponte Milvio nel 312 d.C.
Il monumento a tre fornici, completato tre anni dopo, per le dimensioni è il maggiore dei tre archi trionfali “superstiti” di Roma: la sua altezza raggiunge quasi i 25 m, il fornice principale misura 11,45 m di altezza e 6.50 m di larghezza.
La sua posizione si situa tra il Colosseo e l’Arco di Tito, proprio sul percorso destinato allo svolgersi del corteo trionfale.
La struttura di questo arco, lo avvicina all’Arco di Settimio Severo, cui assomiglia la dislocazione delle colonne che sporgono dalla parete ed in alcune tematiche scultoree.
Oltre che per le notevoli dimensioni, il monumento si contraddistingue per la varietà di decorazioni scultoree, che ne arricchiscono la superficie.
La particolarità risiede nel rimpiego, al suo interno, di sculture e parti architettoniche ricavate da monumenti più antichi. La spiegazione di questa scelta, potrebbe risiedere nella fase che attraversava l’Urbe: già da tempo la città aveva smarrito il suo ruolo di capitale, dunque, probabilmente, non concedeva molte opportunità di lavoro alle botteghe degli artisti.
L’Arco di Costantino non lega la sua imponenza solamente alle dimensioni, ma anche al suo offrire allo spettatore, una carrellata di sculture appartenenti ad epoche e momenti artistici differenti, che in questo caso, abbiamo la fortuna di poter osservare racchiuse in un unico, suggestivo monumento.
Da questi due esempi è facile comprendere ed osservare la molteplicità di novità architettoniche e scultoree, conquistate dall’arco, nella sua originale reinvenzione, che lo lega al concetto di trionfo.
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