martedì 11 febbraio 2014

Egitto , il deserto bianco


Candido. Come nessuno immagina il Sahara. 
Il suo fascino sta tutto qui. Nell'apparire all'improvviso, dopo infiniti banchi di sabbia color ocra e nere rocce vulcaniche. 
Un miracolo geologico fatto di pilastri calcarei e monoliti gessosi che, grazie al lavorìo del vento, prende forme di uomini, animali, funghi, fiori.


Difficile descrivere il Deserto Bianco, immensa fetta di Sahara egiziano che si estende tra le oasi di Bahariya e Farafra, fino a lambire Siwa a nord e il territorio libico a ovest, collegando le brulle lande del Deserto Occidentale con il Grande Mare di Sabbia.
 Le sue dune sono interrotte da placche bianchissime formatesi dopo il ritiro di laghi e di paludi che, fino a 5mila anni fa, bagnavano questa regione. 
Sì perché qui c'era la savana, si cacciavano le gazzelle e vivevano i leoni. 
Oggi la sabbia copre una civiltà primordiale scivolata nell'oblio attraverso i secoli. E nelle valli, in passato letto di enormi fiumi, il terreno è disseminato ora da miliardi di pietre scavate dal vento e da conchiglie fossili.


Ma il Deserto Bianco nasconde molte altre storie. 
Come non ricordare l'epopea delle spedizioni del passato: le fatiche di esploratori come Gerhard Rohlfs, salvato nel 1874 da due giorni di pioggia mentre cercava di raggiungere Siwa, e del conte ungherese László Ede Almásy, il Paziente inglese cinematografico che, dal 1929 al 1941, scorrazzò tra queste dune.
 Entrambi alla ricerca, sempre vana, dell'oasi scomparsa di Zarzora. 

Da qui ha preso le mosse la civiltà egizia, fiorita poi lungo le rive del Nilo. E da qui è passato Alessandro il Grande, dopo aver conquistato l'Egitto (331 a.C.) e fondato Alessandria. La sua meta era Siwa, dove consultò l'oracolo di Amon, il Dio della Vita: gli disse che egli era figlio di Zeus e che avrebbe dominato il mondo. Dopo di lui arrivò la regina Cleopatra. Forse veniva da Tebe, e chissà se il suo Antonio la aspettava proprio a Siwa, quando l'oasi era ricca e potente. 
Già inclusa nel regno di Ramesse III (1184-1153 a.C.) fu per secoli capoluogo del deserto, un'ultima frontiera faraonica. 
 Oggi, assediata dal Grande Mare di Sabbia, mostra l'ombra dei fasti del passato.
 Costruita in una depressione 12 metri sotto il livello del mare, si allunga per 80 chilometri e conta 300 sorgenti sotterranee. L'acqua, linfa vitale dell'oasi, scorre lungo una rete di canali che irrigano più di 300 mila palme da dattero e 70 mila ulivi. Da vedere nell'oasi, il qasr del XIII secolo, ancora abitato, ma ormai un cumulo di macerie rosse, il Monte dei Morti, con numerose tombe faraoniche della XXVI dinastia, i resti del Tempio di Amon, edificato tra il 663 e il 525 a.C., e la Piscina di Cleopatra, sorgente citata da Erodoto, dove nuotò la regina egiziana.
 Osate pure un bagno: l'acqua è limpidissima e il fondo è verde smeraldo.

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