lunedì 25 novembre 2013
Alan Parsons Project - "Old and Wise"
Vecchio e saggio
Fino a dove i miei occhi possono vedere
Ci sono delle ombre che mi si avvicinano
E per quelle che mi sono lasciato alle spalle
Vorrei farti sapere
Che hai sempre condiviso i miei piu’ profondi pensieri
Mi segui dove vado
E quando saro’ vecchio e saggio
Le parole amare significheranno poco per me
I venti d’autunno mi passerranno attraverso
E qualche giorno nella nebbia del tempo
Quando mi chiederanno se ti conoscevo
Sorridero’ e diro’ che eri un mio amico
E la tristezza sparira’ dai miei occhi
Oh, quando saro’ vecchio e saggio
Fino a dove i miei occhi possono vedere
Ci sono ombre che mi circondano
E per quelle che mi lascio alle spalle
Voglio che tutti sappiano
Che tu hai sempre condiviso con me i momenti piu’ bui
Mi mancherai quando me ne andro’
E quando saro’ vecchio e saggio
Parole pesanti che mi hanno scosso e spinto
Come i venti d’autunno mi passeranno attraverso
E qualche giorno nella nebbia del tempo
Quando ti chiederanno se mi conoscevi
Ricordati che tu eri mio amico
Fino a quando l’ultimo velo calera’ sui miei occhi
Oh, quando saro’ vecchio e saggio
Fino a dove i miei occhi possono vedere
Dar al - Hajar , il Palazzo roccia
A 15 km circa a nord-ovest di San'a', in una spaccatura della montagna giace una verde vallata fertile tutto l'anno, in cui crescono qat ed una gran varietà di frutta mediterranea.
Questa è la valle chiamata Wadi Dhahr percorsa da un torrente secco (il termine Wadi significa torrente) che durante la stagione dei monsoni raccoglie le abbondanti piogge.
Nella valle sorge il Palazzo della Roccia (Dar al-Hajar), uno dei siti più fotografati dello Yemen, che è diventato una specie di simbolo dell'intero paese per la sua ardita posizione.
Il palazzo rappresenta l'eccellenza architettonica e mostra come la gente faccia fronte alla natura e trasformi le sue complicazioni in monumenti.
Tutto questo appare chiaro a chiunque visiti la Wadi Dhahr; affacciandosi da una montagna si può vedere un enorme palazzo costruito sulla sommità di una montagna, nel cuore della valle che è circondata da alberi da frutta.
La fama di questa valle risale a tempi passati, come indicato dai disegni ritrovati nelle rocce della valle, che hanno portato gli archeologi a concludere che la valle fosse abitata già nella preistoria. La prima menzione alla Wadi Dhahr risale al VII secolo a.C., alla famosa Immagine di Al-Nasr, che rappresenta un importante periodo della storia dello Yemen e guadagna il suo significato da colui che lo dipinse, Karb Al-Watribin Dhamar Ali Makrab Saba.
Il disegno ci porta alla conclusione che la valle sia apparsa durante il prosperoso periodo del Sabei all'interno del territorio della tribù di Dhee Ma'dhan.
Il nome “Dar al-Hajar” si riferisce alla roccia su cui il palazzo è stato costruito
.
Le narrazioni differiscono riguardo l'età di questo alto palazzo (alcune asseriscono che risalga all'epoca pre-islamica), ma sono tutte concordi riguardo al fatto che il palazzo, conosciuto dagli yemeniti come “al-Dar”, sia andato incontro a periodi di distruzione e ricostruzione.
Il palazzo fu completamente distrutto durante il dominio ottomano in Yemen, a causa di violente piogge. Quindi fu ricostruito dall'Imam Al-Mansur, che ne fece la sua casa.
Questa fu un'usanza comune a molti sovrani yemeniti nei tardi periodi, ma ne fecero un palazzo, un luogo per le vacanze, non una residenza permanente in cui vivere.
Più tardi, l'Imam Yahya ristrutturò il palazzo e aggiunse alcuni servizi, come un mafraj, che è una stanza all'ultimo piano della casa e dalle cui finestre si può vedere la valle da ogni angolo.
Si dice anche che il palazzo sia stato costruito nel tardo XVIII secolo sulle rovine di un antico palazzo sabeo, conosciuto come Dhoo Seedan.
La Dar al-Hajar era famosa per la sua fertile valle circostante e le varietà rare di frutti. Il famoso storico Al-Hamdani nel suo libro Descrizione della Penisola Arabica (III secolo a.C.) descrive il palazzo, il giardino circostante e i frutti qui piantati. Nel suo libro dice:
“Tra i luoghi storici dello Yemen è Dhahr, in cui si trovano una valle ed un castello -riferendosi a “Dhahr bin Sa'id”, un luogo a due ore di distanza da San'a'. In questa valle c'è un grande fiume che irriga due giardini in cui si trova una grande varietà di viti, come la Bayadh, Al-Sooda, Al-Atraf, Al-Nawasi, Al-Ziyadi, Al-Farsi, Al-Jerashi, Al-Oyoon, Al-Dhorooa, Al-Qhawareer, Al-Seysaban, Al-Romi, Al-Noshaey, Al-Dawali, Al-Ama'r, Al-Darbaj, Al-Razeqhy, etc.. Tra i vari tipi di pesche ci sono: Al-Himyari, Al-Farsi, Al-Kholasi. Non si trovano solo questi frutti ma anche fichi e pere, che non si trovano da nessun'altra parte, come dicono i forestieri che giungono a San'a', e anche mele dolci da sidro, mandorle, noci, mele cotogne, melograni, così come vari tipi di rose”.
Al-Hamdani ritrae anche il modo in cui veniva irrigata la valle. L'irrigazione andava dal basso verso l'alto della montagna. I giardini erano annaffiati tutti allo stesso modo, anche se i loro proprietari erano immigrati o la terra non era stata seminata. Il responsabile dell'innaffiamento era chiamato daeel. Al-Hamdani parla di un fiume chiamato “il fiume della valle”, che non era pieno durante il periodo della jahiliyya, ma quando si verificavano dei temporali il livello dell'acqua si alzava un po'. Costui afferma che la sorgente di questo fiume si trova sul monte Hadhoor e scorre dal fondo di Raia'an e dalla vetta della Dhahr.
La Dar al-Hajar è un palazzo a sette piani e può essere raggiunto da un cortile lastricato di pietre. Alla destra della porta del recinto vi è un albero gigante chiamato in arabo al-talooq, risalente a più di sette secoli fa, la cui circonferenza supera i tre metri.
Il palazzo ha 35 stanze, una grande camera per gli ospiti e numerose sale.
Le scale sono state concepite in modo molto innovativo e artistico, unite insieme dalla sommità della roccia al suo fondo. Sul lato sud del palazzo c'è un balcone nascosto con piccole piscine in cui i servi erano soliti fare il bucato. Ci sono anche negozi sotterranei, con porte che conducono ai giardini vicini e loggiati con belle colonne ed archi.
Sulle montagne circostanti ci sono molte torri di guardia. Nel cortile del palazzo vi è una suite privata separata, chiamata Al-Shadrawan, con alti alloggi estivi circondati da finestre in legno, un ampio cortile e tre fontane d'acqua.
Il cortile comprende anche molti servizi di lusso, come cucine e bagni turchi.
L'edificio principale al primo piano ha un ingresso e molte piccole stanze.
Attraverso le scale, che sembrano scavate nella roccia, si accede al secondo piano, dove si trovano molte grotte, che si dice fossero utilizzate per conservare i cadaveri ai tempi del palazzo sabeo, su cui poi è sorta la Dar al-Hajar.
La cosa positiva è che la roccia ha un pozzo profondo 180 metri che forniva acqua ai residenti del palazzo (e questo elemento, a opinione di tutti coloro che hanno visitato la Dar, contribuisce ad accrescere l'aura di mistero che circonda questo edificio). Oltre a questo vi è un altro canale, utilizzato per la ventilazione.
Il terzo e quarto piano costituivano la casa dell'Imam, delle sue guardie del corpo e delle donne. Le camere degli uomini erano separate da quelle delle donne e per questo motivo furono costruite due serie di scale, ciascuna conducente ad un locale separato.
Il quinto piano ha la stessa struttura, ma include anche un magazzino per conservare i cereali.
Il sesto piano ha un balcone per i piccioni, usati per la corrispondenza col re. Era riservato al re ed era il luogo dove costui incontrava i suoi ospiti o stava solo, specialmente in estate.
Il settimo piano invece era per l'inverno.
I diversi piani indicano che nella progettazione degli edifici, le stagioni ed i cambiamenti climatici furono prese in considerazione utilizzando calcoli astrologici e di ingegneria molto precisi, in cui gli architetti yemeniti eccelsero fin dai tempi antichi. La Dar al-Hajar è stata ricostruita attorno agli anni '30 per volere dell'Imam Yahya, come sua residenza estiva.
Oggi il palazzo è di proprietà del governo, è stato confiscato dopo la rivoluzione del 1962 ed è rimasto vuoto fino al 1990. Nel 1990 un'associazione tedesca ha finanziato la ristrutturazione del palazzo che è stato trasformato in un museo, di cui la casa è il principale reperto e dove periodicamente vengono ospitate mostre fotografiche.
Fonte : wikipedia
Questa è la valle chiamata Wadi Dhahr percorsa da un torrente secco (il termine Wadi significa torrente) che durante la stagione dei monsoni raccoglie le abbondanti piogge.
Nella valle sorge il Palazzo della Roccia (Dar al-Hajar), uno dei siti più fotografati dello Yemen, che è diventato una specie di simbolo dell'intero paese per la sua ardita posizione.
Il palazzo rappresenta l'eccellenza architettonica e mostra come la gente faccia fronte alla natura e trasformi le sue complicazioni in monumenti.
Tutto questo appare chiaro a chiunque visiti la Wadi Dhahr; affacciandosi da una montagna si può vedere un enorme palazzo costruito sulla sommità di una montagna, nel cuore della valle che è circondata da alberi da frutta.
La fama di questa valle risale a tempi passati, come indicato dai disegni ritrovati nelle rocce della valle, che hanno portato gli archeologi a concludere che la valle fosse abitata già nella preistoria. La prima menzione alla Wadi Dhahr risale al VII secolo a.C., alla famosa Immagine di Al-Nasr, che rappresenta un importante periodo della storia dello Yemen e guadagna il suo significato da colui che lo dipinse, Karb Al-Watribin Dhamar Ali Makrab Saba.
Il disegno ci porta alla conclusione che la valle sia apparsa durante il prosperoso periodo del Sabei all'interno del territorio della tribù di Dhee Ma'dhan.
Il nome “Dar al-Hajar” si riferisce alla roccia su cui il palazzo è stato costruito
.
Le narrazioni differiscono riguardo l'età di questo alto palazzo (alcune asseriscono che risalga all'epoca pre-islamica), ma sono tutte concordi riguardo al fatto che il palazzo, conosciuto dagli yemeniti come “al-Dar”, sia andato incontro a periodi di distruzione e ricostruzione.
Il palazzo fu completamente distrutto durante il dominio ottomano in Yemen, a causa di violente piogge. Quindi fu ricostruito dall'Imam Al-Mansur, che ne fece la sua casa.
Questa fu un'usanza comune a molti sovrani yemeniti nei tardi periodi, ma ne fecero un palazzo, un luogo per le vacanze, non una residenza permanente in cui vivere.
Più tardi, l'Imam Yahya ristrutturò il palazzo e aggiunse alcuni servizi, come un mafraj, che è una stanza all'ultimo piano della casa e dalle cui finestre si può vedere la valle da ogni angolo.
Si dice anche che il palazzo sia stato costruito nel tardo XVIII secolo sulle rovine di un antico palazzo sabeo, conosciuto come Dhoo Seedan.
La Dar al-Hajar era famosa per la sua fertile valle circostante e le varietà rare di frutti. Il famoso storico Al-Hamdani nel suo libro Descrizione della Penisola Arabica (III secolo a.C.) descrive il palazzo, il giardino circostante e i frutti qui piantati. Nel suo libro dice:
“Tra i luoghi storici dello Yemen è Dhahr, in cui si trovano una valle ed un castello -riferendosi a “Dhahr bin Sa'id”, un luogo a due ore di distanza da San'a'. In questa valle c'è un grande fiume che irriga due giardini in cui si trova una grande varietà di viti, come la Bayadh, Al-Sooda, Al-Atraf, Al-Nawasi, Al-Ziyadi, Al-Farsi, Al-Jerashi, Al-Oyoon, Al-Dhorooa, Al-Qhawareer, Al-Seysaban, Al-Romi, Al-Noshaey, Al-Dawali, Al-Ama'r, Al-Darbaj, Al-Razeqhy, etc.. Tra i vari tipi di pesche ci sono: Al-Himyari, Al-Farsi, Al-Kholasi. Non si trovano solo questi frutti ma anche fichi e pere, che non si trovano da nessun'altra parte, come dicono i forestieri che giungono a San'a', e anche mele dolci da sidro, mandorle, noci, mele cotogne, melograni, così come vari tipi di rose”.
Al-Hamdani ritrae anche il modo in cui veniva irrigata la valle. L'irrigazione andava dal basso verso l'alto della montagna. I giardini erano annaffiati tutti allo stesso modo, anche se i loro proprietari erano immigrati o la terra non era stata seminata. Il responsabile dell'innaffiamento era chiamato daeel. Al-Hamdani parla di un fiume chiamato “il fiume della valle”, che non era pieno durante il periodo della jahiliyya, ma quando si verificavano dei temporali il livello dell'acqua si alzava un po'. Costui afferma che la sorgente di questo fiume si trova sul monte Hadhoor e scorre dal fondo di Raia'an e dalla vetta della Dhahr.
La Dar al-Hajar è un palazzo a sette piani e può essere raggiunto da un cortile lastricato di pietre. Alla destra della porta del recinto vi è un albero gigante chiamato in arabo al-talooq, risalente a più di sette secoli fa, la cui circonferenza supera i tre metri.
Il palazzo ha 35 stanze, una grande camera per gli ospiti e numerose sale.
Le scale sono state concepite in modo molto innovativo e artistico, unite insieme dalla sommità della roccia al suo fondo. Sul lato sud del palazzo c'è un balcone nascosto con piccole piscine in cui i servi erano soliti fare il bucato. Ci sono anche negozi sotterranei, con porte che conducono ai giardini vicini e loggiati con belle colonne ed archi.
Sulle montagne circostanti ci sono molte torri di guardia. Nel cortile del palazzo vi è una suite privata separata, chiamata Al-Shadrawan, con alti alloggi estivi circondati da finestre in legno, un ampio cortile e tre fontane d'acqua.
Il cortile comprende anche molti servizi di lusso, come cucine e bagni turchi.
L'edificio principale al primo piano ha un ingresso e molte piccole stanze.
Attraverso le scale, che sembrano scavate nella roccia, si accede al secondo piano, dove si trovano molte grotte, che si dice fossero utilizzate per conservare i cadaveri ai tempi del palazzo sabeo, su cui poi è sorta la Dar al-Hajar.
La cosa positiva è che la roccia ha un pozzo profondo 180 metri che forniva acqua ai residenti del palazzo (e questo elemento, a opinione di tutti coloro che hanno visitato la Dar, contribuisce ad accrescere l'aura di mistero che circonda questo edificio). Oltre a questo vi è un altro canale, utilizzato per la ventilazione.
Il terzo e quarto piano costituivano la casa dell'Imam, delle sue guardie del corpo e delle donne. Le camere degli uomini erano separate da quelle delle donne e per questo motivo furono costruite due serie di scale, ciascuna conducente ad un locale separato.
Il quinto piano ha la stessa struttura, ma include anche un magazzino per conservare i cereali.
Il sesto piano ha un balcone per i piccioni, usati per la corrispondenza col re. Era riservato al re ed era il luogo dove costui incontrava i suoi ospiti o stava solo, specialmente in estate.
Il settimo piano invece era per l'inverno.
I diversi piani indicano che nella progettazione degli edifici, le stagioni ed i cambiamenti climatici furono prese in considerazione utilizzando calcoli astrologici e di ingegneria molto precisi, in cui gli architetti yemeniti eccelsero fin dai tempi antichi. La Dar al-Hajar è stata ricostruita attorno agli anni '30 per volere dell'Imam Yahya, come sua residenza estiva.
Oggi il palazzo è di proprietà del governo, è stato confiscato dopo la rivoluzione del 1962 ed è rimasto vuoto fino al 1990. Nel 1990 un'associazione tedesca ha finanziato la ristrutturazione del palazzo che è stato trasformato in un museo, di cui la casa è il principale reperto e dove periodicamente vengono ospitate mostre fotografiche.
Fonte : wikipedia
Non tutti conoscono la bellezza del significato del modo di dire "IN BOCCA AL LUPO".
L'augurio rappresenta l'amore della madre-lupo che prende con la sua bocca i propri figlioletti per portarli da una tana all'altra, per proteggerli dai pericoli esterni.
Dire "IN BOCCA AL LUPO" è uno degli auguri più belli che si possa fare ad una persona.
E' la speranza che tu possa essere protetto e al sicuro dalle malvagità che ti circondano come la lupa protegge i suoi cuccioli tenendoli in bocca.
Da oggi in poi non rispondete più "crepi" è una risposta stupida
Ma "grazie di cuore"
Creature dal lago salato di Natron. Le fotografie di Nick Brandt.
Vengono da un’apocalisse immobile, da un’astenia calcinata, dal Lago d’Averno.
Cadono dall’acqua ferma, da una piaga fossile, dall’anello mancante tra Darwin e Swankmajer.
Evocano ritorni fragili, sogni prosciugati, gargoyles ancestrali, memento mori attraverso lo specchio.
Sono le creature che popolano Across the Ravaged Land, l’ultima opera di Nick Brandt, artista che documenta da anni l’Africa Orientale attraverso la fotografia e l’audiovisivo.
Across the Ravaged Land è un libro (e una mostra) incentrato sugli animali a rischio di estinzione e sulla loro tragica bellezza.
Molte foto sono dedicate al Lago Natron – nella Tanzania settentrionale – uno specchio d’acqua rossa (resa tale dal colore dei batteri) e un habitat insidioso: l’alta percentuale di sali rende l’acqua caustica e imbevibile, mentre i particolari riflessi disorientano i volatili contribuendo a farli cadere nel lago.
Percorrendo la riva è quindi facile imbattersi nelle carcasse di uccelli e di altri animali, disseccate e calcificate dal carbonato di sodio.
Brandt ha subìto la fascinazione di questi corpi “mummificati”, raccogliendoli, mettendoli accuratamente in posa nell’ambiente circostante, e immortalandoli in un bianco e nero straniante: una galleria di ritratti macabri, misterici e densi, sospesi nel tempo e nello spazio.
Un dono sinistro di seconda vita, trattenuta nello sguardo.
Il Lago Natron, in Tanzania, è un lago salino di bassa profondità, la cui concentrazione di sodio è tale da rendere l’acqua viscosa al tocco: non solo, attira colonie di cianobatteri responsabili per la caratteristica colorazione rossa-arancione delle sue acque.
Il lago prende il suo nome dal natron, il carbonato idrato di sodio, un sale minerale che nell’antico Egitto veniva utilizzato proprio per imbalsamare le mummie. Gli egiziani lo raccoglievano dal letto dei laghi alcalini ormai secchi, e lo utilizzavano per le sue proprietà prosciuganti ed antibatteriche: se immergete un corpo nel natron, esso ne risucchierà tutti i liquidi e, contemporaneamente, i microorganismi responsabili della decomposizione saranno mantenuti a distanza.
Gli uccelli ritratti nelle foto non sono morti così, sono stati messi in posa.
Dovrebbe essere superfluo specificare una cosa tanto ovvia, ma molti sembrano aver frainteso il lavoro del fotografo Nick Brandt e hanno immaginato che il Lago Natron sia un qualche tipo di trappola mortale per qualsiasi animale vi si avvicini.
In realtà gli animali morti sono caduti nelle acque del lago e sono stati preservati per diversi mesi dai sali che esse contengono.
Brandt li ha presi e posizionati per ottenere esattamente l’effetto voluto.
La cosa forse più interessante della nicchia ambientale del Lago Natron è che, nonostante esso sia piuttosto inospitale per la maggior parte delle forme di vita, non è affatto disabitato: sulle rive, infatti, dove sorgenti minerali calde moderano la salinità dell’acqua, proliferano alcuni tipi di alghe; queste alghe sono un cibo particolarmente ricercato da una specie di tilapia – un pesce tropicale – che vive nei pressi delle sorgenti, e dai fenicotteri.
A dispetto di quello che suggeriscono le fotografie, il Lago Natron è uno dei luoghi di nidificazione principali per i fenicotteri. Questi ultimi non soltanto riescono a filtrare, con il becco, le alghe dall’acqua salata, ma addirittura sfruttano a loro vantaggio l’ambiente poco confortevole: costruiscono i loro nidi fangosi vicini alla riva, in modo che la poca acqua che li circonda (viscosa, imbevibile, dall’odore nauseabondo) costituisca un efficace deterrente per i predatori.
Fonti : http://bizzarrobazar.com
http://hubblog.it/
Evocano ritorni fragili, sogni prosciugati, gargoyles ancestrali, memento mori attraverso lo specchio.
Sono le creature che popolano Across the Ravaged Land, l’ultima opera di Nick Brandt, artista che documenta da anni l’Africa Orientale attraverso la fotografia e l’audiovisivo.
Across the Ravaged Land è un libro (e una mostra) incentrato sugli animali a rischio di estinzione e sulla loro tragica bellezza.
Molte foto sono dedicate al Lago Natron – nella Tanzania settentrionale – uno specchio d’acqua rossa (resa tale dal colore dei batteri) e un habitat insidioso: l’alta percentuale di sali rende l’acqua caustica e imbevibile, mentre i particolari riflessi disorientano i volatili contribuendo a farli cadere nel lago.
Percorrendo la riva è quindi facile imbattersi nelle carcasse di uccelli e di altri animali, disseccate e calcificate dal carbonato di sodio.
Brandt ha subìto la fascinazione di questi corpi “mummificati”, raccogliendoli, mettendoli accuratamente in posa nell’ambiente circostante, e immortalandoli in un bianco e nero straniante: una galleria di ritratti macabri, misterici e densi, sospesi nel tempo e nello spazio.
Un dono sinistro di seconda vita, trattenuta nello sguardo.
Il Lago Natron, in Tanzania, è un lago salino di bassa profondità, la cui concentrazione di sodio è tale da rendere l’acqua viscosa al tocco: non solo, attira colonie di cianobatteri responsabili per la caratteristica colorazione rossa-arancione delle sue acque.
Il lago prende il suo nome dal natron, il carbonato idrato di sodio, un sale minerale che nell’antico Egitto veniva utilizzato proprio per imbalsamare le mummie. Gli egiziani lo raccoglievano dal letto dei laghi alcalini ormai secchi, e lo utilizzavano per le sue proprietà prosciuganti ed antibatteriche: se immergete un corpo nel natron, esso ne risucchierà tutti i liquidi e, contemporaneamente, i microorganismi responsabili della decomposizione saranno mantenuti a distanza.
Gli uccelli ritratti nelle foto non sono morti così, sono stati messi in posa.
Dovrebbe essere superfluo specificare una cosa tanto ovvia, ma molti sembrano aver frainteso il lavoro del fotografo Nick Brandt e hanno immaginato che il Lago Natron sia un qualche tipo di trappola mortale per qualsiasi animale vi si avvicini.
In realtà gli animali morti sono caduti nelle acque del lago e sono stati preservati per diversi mesi dai sali che esse contengono.
Brandt li ha presi e posizionati per ottenere esattamente l’effetto voluto.
La cosa forse più interessante della nicchia ambientale del Lago Natron è che, nonostante esso sia piuttosto inospitale per la maggior parte delle forme di vita, non è affatto disabitato: sulle rive, infatti, dove sorgenti minerali calde moderano la salinità dell’acqua, proliferano alcuni tipi di alghe; queste alghe sono un cibo particolarmente ricercato da una specie di tilapia – un pesce tropicale – che vive nei pressi delle sorgenti, e dai fenicotteri.
A dispetto di quello che suggeriscono le fotografie, il Lago Natron è uno dei luoghi di nidificazione principali per i fenicotteri. Questi ultimi non soltanto riescono a filtrare, con il becco, le alghe dall’acqua salata, ma addirittura sfruttano a loro vantaggio l’ambiente poco confortevole: costruiscono i loro nidi fangosi vicini alla riva, in modo che la poca acqua che li circonda (viscosa, imbevibile, dall’odore nauseabondo) costituisca un efficace deterrente per i predatori.
Fonti : http://bizzarrobazar.com
http://hubblog.it/