domenica 10 novembre 2013

L'Impero dei nani cinesi


L'Impero dei Nani, un folle parco tematico non distante da Kunming, in Cina. 
I riferimenti a Biancaneve che una volta erano ben presenti, ora sono più o meno scomparsi. Ma i nani sono rimasti l'attrattiva principale. 
Un corposo numero di nani, un vitello con una quinta e una sesta zampa che crescono sulla schiena e un talentuoso acrobata dello Xinjiang costituiscono le portate principali del parco tematico. Ogni giorno, per due volte, la troupe di nani ballerini e cantanti si esibisce davanti ad una platea di famigliole e scolaresche. 
La paga è superiore a quella di molti camerieri che lavorano nei ristoranti locali e i nani a modo loro sono diventati delle celebrità. Se ad un primo acchito questa pazza idea di creare un parco tematico a base di nani può quantomeno lasciare perplessi, certamente, per questi nani che giungono da ogni parte della Cina, costituisce una delle poche alternative a una vita di accattonaggio o di furti.

I tornado



Un tornado è un fenomeno meteorologico improvviso e violento: dove passa rade al suolo edifici di uno-due piani, sradica alberi secolari, solleva automobili.
Nell’epicentro del tornado il vento raggiunge i 600 chilometri l’ora e l’aria ha una pressione bassissima, inferiore ai 900 millibar. Il vortice può avere un’ampiezza di 300 metri e si sposta in linea retta coprendo di solito un percorso di una trentina di chilometri.
Il tornado si origina durante forti temporali.
E quando si forma è visibile un caratteristico “imbuto”, che esce al di sotto di una nube.
Perché si sviluppi sono necessarie elevata umidità e instabilità dell’aria.
Durante un temporale infatti, la pressione atmosferica si abbassa: normalmente il calo è di 2-3 millibar, mentre quando si crea un tornado la pressione scende improvvisamente di 60-70 millibar in pochi minuti.
In queste condizioni, l’aria viene “risucchiata” violentemente verso il centro della perturbazione, ma a causa della forza di Coriolis (che influisce sul moto delle masse d’aria e che dipende dalla rotazione della Terra), ruota verso destra e si trasforma in un vortice

 

Così nasce un tornado.
1. L’aria calda in salita si scontra con aria fredda e asciutta che scende verso il basso.
2. Il flusso di aria calda si espande formando una nube temporalesca.
3. I venti laterali accentuano il moto rotatorio dell’aria calda in risalita: il tornado si rafforza

Uno dei tanti misteri italiani di cui non conosceremo mai la verità

Come è morto Giuseppe Pinelli 

E' circa la mezzanotte di lunedì 15 dicembre 1969. Un uomo discende lentamente lo scalone principale della questura di milano.
Giunto nell' atrio dell' ingresso principale di via Fatebenefratelli si ferma un momento, accende una sigaretta.
E' indeciso se uscire, andarsene a casa, oppure rimenere ancora qualche minuto, fare un'attimo il giro negli uffici della squadra mobile che stanno li' di fronte a lui, dall'altra parte del cortile.
Sono giornate faticose queste per i cronisti milanesi e lui in particolare si sente stanco, avvilito: si sa già che nella mattina è stato arrestato un'anarchico di nome Valpreda; c'entrerà davvero con le bombe di Piazza Fontana?
E poi nelle camere di sicurezza della questura, nelle stanze al quarto piano dell' ufficio politico ci sono ancora almeno un centinaio tra anarchici e giovani della sinistra extraparlamentare che da tre giorni, dal venerdi' delle bombe, sono sottoposti a continui interrogatori.
L'uomo, Aldo Palumbo, cronista dell'Unita' di Milano, muove i primi passi per attraversare il cortile.
E sente un tonfo, poi altri due, ed e' un corpo che cade dall'alto, che batte sul primo cornicione del muro, rimbalza su quello sottostante e infine si schianta al suolo, per meta' sul selciato del cortile, per meta' sulla terra soffice dell' aiuola.
Palumbo rimane paralizzato per qualche secondo al centro del cortile, poi si avvicina al corpo, ne distingue i contorni del viso.
E subito corre a dare l'allarme, agli agenti della squadra mobile, agli altri cronisti che sono rimasti in sala stampa quando lui e' uscito.
La mattina dopo tutti i quotidiani escono a grossi titoli con la notizia del suicidio di Giuseppe Pinelli.
Di questi giornali, quelli che al momento dell'incidente avevano il loro cronista in questura scrivono che il suicidio e' avvenuto a mezzanotte e tre minuti.
Nei giorni seguenti, stranamente questo particolare del tempo viene modificato: prima lo si corregge a "circa mezzanotte", poi lo si sposta ancora indietro, sino ad arrivare ad un tempo ufficiale: "Pinelli e' morto alle ore undici e 57 minuti del lunedi' notte 15 dicembre".
Ai primi di Febbraio, dal'inchiesta condotta dalla magistratura trapela un particolare: la chiamata fatta quella notte dala questura di Milano al centralino telefonico dei vigili urbani per richiedere l'intervento di una autoambulanza, e' stata registrata da uno speciale apparecchio e quindi si puo' stabilire con certezza l'attimo esatto, che risulta essere mezzanotte e 58 secondi.
Come a dire due minuti e due secondi prima della caduta di Pinelli, se si sta al tempo segnalato da tutti i giornalisti che erano in questura quella notte.
Si e' trattato di una svista collettiva, e abbastanza clamorosa per gente abituata ad avere delle reazioni automatiche, professionali, quali il guardare per prima cosa l'orologio quando avviene un incidente del genere? E' un fatto pero' che nel frattempo sono successe due cose strane.
Qualche giorno dopo la morte di Giuseppe Pinelli, due agenti della squadra politica della questura si sono presentati al centralino telefonico dei vigili urbani per controllare il momento esatto di registrazione della chiamata.
Cosa significa questo zelo del tutto gratuito dato che e' la magistratura, e non la polizia, che si occupa del'inchiesta sulla morte di Pinelli?
Perche' preoccuparsi tanto dell'orario di chiamata dell'ambulanza se le cose si sono svolte cosi' come sono state raccontate?
La risposta potrebbe essere questa: la chiamata e stata fatta prima che Giuseppe Pinelli cadesse dalla finestra.
Verso i primi di gennaio il giornalista Aldo Palumbo, la prima persona che si e' avvicinata a Giuseppe Pinelli morente nel cortile della questura, trova la sua abitazione sottosopra.
Qualcuno e' entrato, ha rovistato dappertutto, ha aperto cassetti, rovesciato mobili, frugato armadi.
Ladri? Sarebbero ladri ben strani considerato che non hanno rubato ne le tredicimilalire che erano in una borsa,  che pure devono aver visto poiche' la borsa e' stata aperta, e neppure quei pochi gioielli nascosti in un'altra borsa, pure essa trovata aperta.
Due quindi le ipotesi: o gli ignoti cercavano qualcosa, qualcosa collegato agli ultimi istanti in qui il giornalista fu vicino, e da solo, a Giuseppe Pinelli morente; oppure si e' trattato di un'avvertimento, un monito a tenere la bocca chiusa rivolto a chi, come Aldo Palumbo, poteva essere sospettato di sapere qualcosa, forse di aver sentito mormorare da Pinelli un nome, una frase. Basterebbero questi primi, pochi elementi per formulare pesanti sospetti sulla versione dell' anarchico morto suicida.
In realta' ce ne sono molti altri, e sono questi. Pinelli cade letteralmente scivolando lungo il muro, tanto che rimbalza su ambedue gli stretti cornicioni sottostanti la finestra dell'ufficio politico; non si e' dato quindi nessuno slancio.
Cade senza un grido e i medici stabiliranno che le sue mani non presentano segni di escoriazione, non ha avuto cioe' nessuna reazione a livello istintivo, incontrollabile, nemeno quella di portare le mani a proteggersi durante la "scivolata".
La polizia fornisce nell'arco di un mese tre versioni contrastanti sulla meccanica del suicidio.
La prima : quando Pinelli ha spalancato la finestra, abbiamo tentato di fermarlo ma senza riuscirci.
La seconda: quando Pinelli ha spalancato la finestra, abbiamo tentato di fermarlo e ci siamo parzialmente riusciti, nel senso che ne abbiamo fermato lo slancio: come dire, ecco perche' e' scivolato lungo il muro.
Ma questa versione e' stata resa a posteriori, dopo cioeè che i giornali avevano fatto rilevare la stranezza della caduta.
Infine l'ultima, la piu' credibile, fornita in "esclusiva" il 17 gennaio 1970 al Corriere della sera: quando Pinelli ha spalancato la finestra, abbiamo tentato di fermarlo ed uno dei sottouffuciali presenti, il brigadiere Vito Panessa, con un balzo "cerco' di afferrarlo e salvarlo; in mano gli rimase una scarpa del suicida" I giornalisti che sono accorsi nel cortile, subito dopo l'allarme lanciato da Aldo Palumbo, ricordavano benissimo che l'anarchico aveva ambedue le scarpe ai piedi.
Poi la polizia fornisce due versioni contrastanti anche sul movente anche sul movente del suicidio.
Primo: Pinelli era coinvolto negli attentati, il suo alibi per il pomeriggio del 12 dicembre era crollato, e sentendosi ormai perduto ha scelto la soluzione estrema, gridando "E' la fine dell'anarchia".
Seconda versione, fornita anche questa a posteriori, dopo che l'alibi era risultato assolutamente valido:
Pinelli, innocente, bravo ragazzo, nessuno riesce a capacitarsi del suo gesto.
Dando questa seconda versione, la polizia afferma anche che la tragedia e' espLosa nel corso di un'interrogatorio che si svolgeva in una atmosfera del tutto legittima, civile e tranquilla, con scambio di sigarette ed altre delicatezze del genere.
L'anarchico Paquale Valitutti, uno dei tanti fermati che tra il venerdi delle bombe ed il lunedi successivo hanno riempito le camere di sicurezza della questura, ha fornito invece questa testimonianza:
"Domenica pomeriggio ho parlato con Pino (Pinelli) e con Eliane, e Pino mi ha detto che gli facevano difficoltà per il suo alibi, del quale si mostrava sicurissimo.
Mi anche detto di sentirsi perseguitato da Calabresi e di avere paura di perdere il posto alle ferrovie.
Verso sera un funzionario si e' arrabbiato perché parlavo con gli altri e mi ha fatto mettere nella segreteria che e' adiacente all'ufficio di Pagnozzi (un'altro commissario, come Calabresi, dell'ufficio politico: ); ho avuto occasione di cogliere alcuni brani degli ordini che Pagnozzi lasciava ai suoi inferiori per la notte.
Dai brani colti posso affermare che ha detto di riservare a Pinelli un trattamento speciale, di non farlo dormire e di tenerlo sotto pressione per tutta la notte.
Di notte il Pinelli e' stato portato in un'altra stanza e la mattina mi ha detto di essere molto stanco, che non lo avevano fatto dormire e che continuavano a ripetergli che il suo alibi era falso, mi e' parso molto amareggiato. siamo rimasti tutto il giorno nella stessa stanza, quella dei caffé, ed abbiamo potuto scambiare solo alcune frasi, comunque molto significative. Io gli ho detto "Pino, perche' ce l'hanno con noi?" e lui molto amareggiato mi ha detto: "si, ce l'hanno con me". Sempre nella stessa serata del lunedi gli ho chiesto se avesse firmato dei verbali e lui mi ha risposto di no. Verso le otto e' stato portato via e quando ho chiesto ad una guardia dove fosse , mi ha risposto che era andato a casa.
Io pensavo che stesse per toccare a me di subire l'interrogatorio, certamente piu' pesante di quelli avvenuti fino ad allora: avevo questa precisa impressione.. dopo un po', verso le 11, 30 ho sentito dei rumori sospetti, come di una rissa ed ho pensato che Pinelli fosse ancora li e che lo stessero picchiando.
Dopo un po' di tempo c'e' stato il cambio della guardia, cioe' la sostituzione del piantone di turno fino a mezzanotte.
Poco dopo ho sentito come delle sedie smosse ed ho visto gente che correva nel corridoio verso l'uscita, gridando "si e' gettato". Alle mie domande hanno risposto che si era gettato il Pinelli: mi hanno anche detto che hanno cercato di trattenerlo ma che non vi sono riusciti.
Calabresi mi ha detto che stavano parlando scherzosamente del Pietro Valpreda, facendomi chiaramente capire che era nella stanza nel momento in cui Pinelli cascò.
Inoltre mi ha detto che Pinelli era un delinquente, aveva le mani in pasta dappertutto e sapeva molte cose degli attentati del 25 aprile. Queste cose mi sono state dette da Panessa e Calabresi mentre altri poliziotti mi tenevano fermo su una sedia pochi minuti dopo il fatto di Pinelli.
Specifico inoltre che dalla posizione in cui mi trovavo potevo vedere con chiarezza il pezzo di corridoio che Calabresi avrebbe dovuto necessariamente percorrere per recarsi nello studio del dottor Allegra e che nei minuti precedenti il fatto (cioe' la stessa caduta di Pinelli ) Calabresi non e' assolutamente passato per quel pezzo di corridoio".
Dunque l'ultimo interrogatorio di Giuseppe Pinelli non e' stato cosi' tranquillo come si e' cercato di far credere, ed e' falso anche che al momento della caduta il commissario aggiunto Luigi Calabresi non fosse presente nella stanza.
Ma perche' queste menzogne? La risposta puo' essere trovata in un articolo pubblicato dal settimanale Vie Nuove nelle settimane seguenti.
"Quando l'anarchico fu trasportato nella sala di rianimazione dell'ospedale Fatebenefratelli non era in condizioni di coscienza, aveva un polso abbastanza buono ma il respiro molto insufficiente, il che poteva essere provocato da ragioni organiche (cioe' il gran colpo del'impatto con il terreno o qualcos'altro) oppure psicologiche (cioe' lo stato di tensione precedente alla caduta, ma questa sembra un'eventualita meno valida.) Il particolare che stupi' i medici fu che il corpo, almeno da un esame superficiale, non presentava nessuna lesione esterna ne perdeva sangue dalle orecchie e dal naso, come avrebbe dovuto essere se Pinelli avesse battuto violentemente la testa.
Una constatazione, questa, che fa sorgere subito un'altra domanda in chi non ha mai voluto credere nella versione del suicidio: se e' vero, come sembra, che la necroscopia ha accertato una lesione bulbare all'altezza del collo, quale si sarebbe potuta produrre battendo al suolo il capo, come mai orecchie e naso non sanguinavano ne volto e testa non presentavano lesioni evidenti? Per logica si arriva quindi ad una seconda domanda: non e' possibile che quella lesione al collo fosse stata provocate prima della caduta?
Come e da cosa non ci vuole molta fantasia per immaginarlo: sono ormai molti anni che nelle nostre scuole di polizia quella antica arte giapponese di colpirecol taglio della mano, nota come Karate'. Fossero stati interrogati, quei due medici (che hanno prestato cure a Pinelli morente .) avrebbero potuto raccontare un'altro episodio. Quella notte del 16 dicebre, nell' atrio del Fatebenefratelli regnava una grande confusione. Si era trasferito tutto lo stato maggiore della polizia milanese, il questore Marcello Guida compreso.
Ma la polizia era presente anche all'interno della sala di rianimazione dove i due medici tentavano invano di tenere in vita Giuseppe Pinelli, tranquillo, silenziose, non molto turbato dalla vista dell'operazione di intubazione orotracheale e di ventilazione con il pallone di Ambu' alla quale l'anarchico veniva sottoposto, un poliziotto in borghese, camicia e cravatta, baffetti neri e un distintivo all'occhiello della giacca, non si allontano' neanche per un attimo dal lettino dove Pinelli stava morendo, attento a raccogliere ogni suo rantolo
Chi gli ha dato l'ordine di entrare nella stanza compiendo un abuso di autorità che non e' tollerato negli ospedali?
E perche' e' entrato, cosa pensava o temeva che Pinelli potesse dire prima di morire?"
I risultati del'autopsia, dalla quale sono stati esclusi i periti di parte, non vengono resi noti.
I due medici - Gilberto Bontani e Nazareno Fiorenzano- che hanno tentato di salvare Pinelli, solo il secondo, e solo molte settimane piu' tardi, e dietro istanza della moglie dell'anarchico, viene interrrogato dal procuratore Giuseppe Caizzi, il magistrato cui e' affidata che nel mese di maggio 1970 si concludera' con un sibillino verdetto di "morte accidentale" (non suicidio quindi, se la lingua italiana ha un senso.
Ma allora la polizia ha mentito....
Subito dopo che il dottor Nazareno Fiorenzano e' stato interrogato, nel palazzo di giustizia circola una voce secondo cui la polizia lo ha pesantemente "avvertito" che il caso Pinelli e' un caso da archiviare, e percio' e' meglio che non si ponga troppi interrogativi. Ma cosa puo' aver notato o capito il medico di guardia davanti al corpo di Pinelli morente?
La testimonianza che egli rilascia a un collega prima di essere interrogato dal magistrato e questa: "1) Gli infermieri che raccolsero Pinelli ebbero l'impresione che fosse gia' morto.
2) il massagio cardiaco esterno fu praticato da un infermiere di nome Luciano. 
3) solo eccezionalmente - e per lo piu' in vecchi dallo scheletro rigido - il massagio cardiaco puo' produrre incrinature alle costole. 4) da quando fu raccolto, e fino alla morte Pinelli non emise ne un lamento ne una parola.
5) quando Pinelli arrivo' al pronto soccorso del Fatebenefratelli, non aveva piu' polso, pressione e respirazione.
Appariva decelebrato; ma il dottor Fiorenzano non ebbe l'impressione che la teca cranica fosse fratturata. Non perdeva sangue dagli occhi, dal naso, dalla bocca. Presentava anche abrasioni alle gambe.
Lesione bulbare? ...
Mani intatte.?....
7) Pinelli fu intubato, sottoposto a ventilazione artificiale ed altre pratiche di rianimazione. Riebbe polso polso e pressione. Respiro che confermerebbe lesione bulbare.
Mancanza di riflessi ecc. confermano che (parole testuali) "si trattava di un morto cui avevano dato un po' di vita vegetativa" Rianimazione sospesa dopo 90'
8) Il dottor Guida arrivo tre minuti dopo Pinelli. Disse al dottor Fiorenzano che non poteva fare nulla contro l'irreparabile, ebbe l'aria di scusarsi e se ne ando'.
9) Il dottor Fiorenzano ignorava l'identita' del ferito, che non gli fu detta dai poliziotti.
La sua insistenza per conoscerla irrito' molto i poliziotti.
10) I poliziotti ripetevano, tutti con le stesse parole, che si era buttato dalla finestra.
Sembra ripetessero una formula."

LE VETRATE GOTICHE


Le vetrate gotiche che tutti ammiriamo presentano dei misteri: il vetro utilizzato è molto particolare, e alcuni pensano che la realizzazione delle vetrate abbia a che fare con l'alchimia. 

 Nelle abbazie cistercensi le vetrate sono in genere di colore bianco e traslucido. I religiosi dovevano captare l’essenza della vocazione cristiana e un’eccessiva ricchezza di decorazioni avrebbe rischiato di distorglierli da questa ricerca personale. 
 Il vetro utilizzato nelle Abbazie è però di una qualità molto particolare. Secondo alcuni studiosi queste vetrate prive di decorazioni sono un vero e proprio prodigio di tecnica e di arte.
 Il vetro è bianco e incolore ma in realtà i vetrai dell’epoca crearono una pasta traslucida, con le sole risorse della sua cottura, con bolle e spessori svariati.
 Il risultato è che la luce assume un suggestivo colore madreperlaceo. Ma non solo: la luce viene catturata indipendentemente dalle condizioni atmosferiche esterne.


Questo tipo di vetro, così come quello colorato delle cattedrali gotiche, pare sia derivato dalle ricerche compiute nei laboratori alchemici. 

 La lavorazione del vetro: una tecnica segreta 

 Nel IX secolo la tecnica era già nota in Persia ma già ad Aquileia si conosceva una pasta di vetro estremamente raffinata, nata in Egitto. Queste antiche arti di lavorare il vetro passarono poi a Venezia. A Murano nel XVII secolo l’arte del vetro era considerata un segreto di stato e le formule non potevano essere divulgate. 
 Si racconta che due maestri vetrai recatisi da Murano a Parigi furono avvelenati con un caffè, solo perché alcuni agenti segreti della Serenissima sospettarono, e forse non a torto, che i due volessero divulgare i principi della loro arte.
 I vetrai erano comunque tenuti in gran conto e considerati gentiluomini; era loro concesso di portare la spada per la nobiltà riconosciuta alla loro arte. 

 Le vetrate delle cattedrali gotiche.Un'esplosione di colori


San Bernardo volle invece per le cattedrali una profusione di colori e di arte. Il luogo di culto destinato al popolo doveva infatti essere ricco di bellezza e attrattiva.

 Le Cattedrali gotiche sono caratterizzate da alte finestre che lasciano passare la luce, filtrandola attraverso la pasta di vetro densa e colorata delle vetrate; vi sono disegnate immagini divine di santi, profeti, simboli e storie delle Sacre Scritture.
 Le vetrate istoriate avevano la funzione di illustrare alla gente semplice e analfabeta,i testi sacri. Le vetrate colorate creavano all’interno un’atmosfera calda e radiosa, resa ancora più preziosa dalle decorazioni pittoriche. 
Il tutto diveniva un incendio di colori. 
 La luce del resto è un attributo di Dio e a differenza di ogni altra sostanza, è capace, come Dio, di attraversare i corpi.
 La cattedrale doveva essere luminosa e abbagliante come il Paradiso e le sue vetrate dovevano essere ampliate il più possibile. L’impatto emotivo prodotto dalla cattedrale sul pellegrino era notevole: la prima cosa che i visitatori percepivano prima di comprendere la struttura della chiesa era sicuramente la sensazione di trovarsi davanti ad una manifestazione del divino.

 Le sostanze che rendono la pasta vetrosa così unica hanno qualità particolari. Il vetro trattato con mille artefici veniva trasformato in un prezioso minerale e proprio come un cristallo naturale aveva la capacità di diffondere una luce propria come se non si limitasse a catturare quella del sole.
 Nelle cattedrali gotiche che hanno conservato le vetrate originali una luminescenza diffusa si può percepire anche di notte.
 A Chartres e a Notre Dame de Paris, i colori gialli, rossi e blu brillano nell’oscurità, quasi come proiezioni o manifestazioni indipendenti dalla luce fisica.


Durante la Seconda Guerra Mondiale, le preziose vetrate del Duomo di Milano furono asportate per impedire che potessero essere distrutte dai bombardamenti.


Sono noti i numerosi tentativi di riprodurre, ma senza successo, l’arte delle vetrate. 
La tecnica è sconosciuta e le vetrate dei nostri giorni sono molto lontane da quelle nate nel periodo gotico. 
 Un alchimista del XVI secolo, Salcelrien Tourangeau affermò che la “nostra pietra ha la stessa sorprendente virtù di dare interiormente al vetro ogni tipo di colori”. I colori di per sé emanano energia: i cromoterapisti curano varie patologie per mezzo di lampadine e fazzoletti colorati. 
Hanno inoltre un effetto molto potente sulla psiche; i colori tenui sono per esempio utilizzati negli ospedali psichiatrici per calmare i pazienti. I depressi si sentirebbero oppressi in una stanza blu; un iperteso schiva istintivamente abiti di colore rosso; il bianco è adatto a migliorare il cattivo umore; il nero non è adatto a chi non possiede un temperamento vitale. 
 Tutti i colori hanno effetti sul temperamento umano e, salvo il nero che rappresenta le tenebre, sono tutti espressione della luce polarizzata. 
 Il materiale delle vetrate è qualcosa di più di un normale vetro e sembra incorporare principi immateriali, che gli permettono di farsi colore puro. 
 Si è pensato quindi che il segreto della loro fabbricazione abbia un’origine ermetica o alchemica; questo materiale lascia filtrare solo la componente positiva dei raggi solari, intercettando le particelle negative, dannose per la vita. 
Il sole infatti dà vita ma è, allo stesso tempo, pericoloso perché la sua azione è anche troppo energetica: come il fuoco può illuminare e riscaldare ma anche bruciare e distruggere.

Fonte :  http://andromedawaked.blogspot.it/

Jantar Mantar: un osservatorio senza telescopi


INDIA

Chi è abituato a vedere osservatori moderni con un’infinità di strumenti ottici ad alta tecnologia troverà difficile considerare un osservatorio queste strane strutture in muratura situate in un grande parco. Eppure Jantar Mantar era proprio questo quando venne costruito nella prima parte del XVIII secolo.
 La cosa straordinaria è che, senza bisogno di telescopi e di altri strumenti che erano stati inventati in Europa, questo osservatorio provvedeva dati dettagliati e ragionevolmente precisi sui corpi celesti. 
Jantar Mantar è il nome usato per tre dei cinque osservatori costruiti dal maragià rajput Sawai Jai Singh II. 
“Jantar” deriva dal sanscrito “yantra”, che significa “strumento”, e “Mantar” da “mantra”, che significa “formula, calcolo”. 
Poiché nella lingua parlata c’era l’abitudine di aggiungere una parola in rima per dare enfasi, nacque il nome Jantar Mantar. Una targa fissata su uno strumento del Jantar Mantar di Nuova Delhi nel 1910 indica che l’osservatorio fu costruito nel 1710. Ricerche successive, però, rivelano che fu completato nel 1724.

 L’osservatorio ha quattro strumenti in muratura e in pietra. Il più straordinario è il Samrat yantra, o strumento supremo, che è “sostanzialmente una meridiana equinoziale”.


Questa fu la più importante creazione di Jai Singh. 
Consiste di un enorme triangolo in muratura alto 21,3 metri, largo 3,2 metri e con la base di 34,6 metri. L’ipotenusa di 39 metri è parallela all’asse terrestre ed è orientata verso il Polo Nord. Da entrambi i lati del triangolo, che in pratica è uno gnomone, c’è un quadrante graduato che indica le ore, i minuti e i secondi. 
Anche se le meridiane esistevano da secoli, Jai Singh trasformò questo strumento per la misurazione del tempo in uno strumento di precisione per la misurazione della declinazione e di altre coordinate dei corpi celesti.

 Le altre tre strutture dell’osservatorio sono :

il Ram yantra


il Jayaprakash yantra


il Mishra yantra


complessi strumenti che furono progettati per misurare la declinazione, l’altezza e l’azimut del sole e delle stelle. 
Il Mishra yantra indicava pure quando era mezzogiorno in varie città del mondo. 
Tutti gli strumenti summenzionati, a eccezione del Mishra yantra, furono inventati da Jai Singh. 
Erano molto più complessi e funzionali di qualunque altro strumento esistente all’epoca in India e portarono alla realizzazione di accurati almanacchi e tavole astronomiche.
 Erano eleganti e belli da vedere e fornirono dati preziosi finché il telescopio e altre invenzioni non li resero obsoleti.

Come mai quest’uomo istruito e geniale non incluse nelle sue ricerche astronomiche alcuni degli strumenti che erano disponibili in Europa, compreso il telescopio ottico? La risposta va ricercata nell’ambiente culturale da cui proveniva il maragià e nella storia dei suoi tempi.


Jai Singh nacque nel 1688 nello stato indiano del Rajasthan.
 Il padre, maragià di Amber, la capitale del clan Kachavaha delle popolazioni rajput, dipendeva dai sovrani moghul di Delhi.
 Il giovane principe imparò l’hindi, il sanscrito, il persiano e l’arabo. Studiò anche matematica, astronomia e arti marziali, ma aveva una predilezione.
 Un testo dell’epoca riferisce: “Dal momento in cui iniziò ad usare le facoltà di ragionare, e mentre si avviava alla maturità, Sawai Jai Singh fu completamente dedito allo studio delle scienze matematiche (astronomia)”. 
Nel 1700, all’età di 11 anni, in seguito alla morte del padre Jai Singh divenne il maragià di Amber. Ben presto fu chiamato dal moghul a corte, nell’India meridionale, dove conobbe Jagannātha, erudito di matematica e astronomia che in seguito divenne l’assistente principale del maragià.
 La sorte politica di Jai Singh fu incerta fino al 1719, quando iniziò il regno di Muḥammad Šāh Mughal. Jai Singh fu allora chiamato nella capitale, Delhi, per incontrare il nuovo imperatore moghul. Sembra che in occasione di questo incontro, avvenuto nel novembre 1720, Jai Singh abbia proposto la costruzione di un osservatorio, che probabilmente fu realizzato nel 1724. 

Cosa lo spinse a costruire un osservatorio? 

Jai Singh si rese conto che in India le tavole astronomiche e gli almanacchi erano estremamente inaccurati, e che c’era pochissimo progresso nel campo dell’astronomia. Decise così di preparare nuove tavole corrispondenti ai corpi celesti effettivamente visibili. Inoltre desiderava che chi aveva la passione per lo studio dell’astronomia avesse a disposizione gli strumenti necessari. 
Jai Singh quindi si procurò una vasta raccolta di libri da Francia, Inghilterra, Portogallo e Germania. Alla sua corte accolse eruditi provenienti dalle scuole di astronomia indù, islamiche ed europee. Inviò persino la prima delegazione di ricerca dall’Oriente in Europa per raccogliere informazioni sull’astronomia, e la incaricò di procurarsi libri e strumenti.

Perché Jai Singh costruì strutture in muratura anche se il telescopio, il micrometro e il nonio erano già in uso in Europa? E perché sembrava non conoscere le scoperte di Copernico e Galileo che avvaloravano la teoria eliocentrica? 
In parte ciò va attribuito alla scarsa comunicazione che c’era fra Oriente e Occidente. Ma non era solo questo il problema. La responsabilità era anche del clima religioso dell’epoca. 
Gli eruditi brahmani si rifiutarono di andare in Europa perché attraversare l’Oceano poteva significare perdere i privilegi di casta. 

Gli europei che aiutarono Jai Singh a raccogliere informazioni furono principalmente studiosi gesuiti. Secondo Virendra N. Sharma, che scrisse una biografia di Jai Singh, l’Inquisizione proibiva sia ai gesuiti che ai laici cattolici di accettare l’idea propugnata da Galileo e da altri scienziati secondo cui la terra girava intorno al sole. 
Per la Chiesa questa era un’eresia, era ateismo. 
Non sorprende che gli emissari che Jai Singh mandò in Europa non abbiano incluso nell’elenco delle cose da comprare opere di Copernico e Galileo o i nuovi strumenti che venivano usati per sostenere la teoria eliocentrica. 
Jai Singh visse in un’epoca funestata da intolleranza religiosa e fanatismo. Nonostante l’opera geniale e magistrale che compì per migliorare la conoscenza dei corpi celesti, per decenni in India vennero fatti ben pochi progressi in questo campo.

 L’osservatorio di Jantar Mantar, comunque, testimonia gli sforzi di un uomo che aveva sete di conoscenza.

L'italia non è menzionata poiché non ha leggi e se le ha non vengono minimamente considerate.

Dalle porte aperte del Canada all'irraggiungibile Australia che non lascia avvicinare i barconi alle sue coste, passando per la Danimarca che paga gli immigrati per andarsene.



Tutti i Paesi del mondo "combattono" (è proprio il caso di dirlo) con i flussi migratori che a seconda dei momenti storici si intensificano.
E' naturale che gli Stati che più si trovano a fronteggiare il numero di migranti in arrivo sono quelli con le economie più floride, dagli Usa al Canada, passando per l'Australia e la Germania.
Ognuno ha trovato un approccio diverso, a seconda delle necessità (vedasi richiesta da parte del mondo del lavoro) e, soprattutto, delle possibilità.
Si va dalle porte aperte del Canada al divieto di sbarco in Australia.

Vediamo Paese per Paese come viene affrontato il tema dell'immigrazione e quello dell'asilo politico, che comunque - a differenza delle leggi sull'immigrazione - è sancito dalla Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati, siglata dalla maggior parte dei paesi occidentali il 28 luglio 1951.

Canada. Per combattere la mancanza di manodopera qualificata, sin dal boom economico degli anni '70 il Canada ha scelto politiche per l'immigrazione che sono particolarmente flessibili e aperte. Secondo gli ultimi dati, risalenti a tutto il 2010, circa il 21.3% dell'intera popolazione canadese è composto da immigrati. Ad aprile di quest'anno Toronto ha poi reso ulteriormente flessibile l'accesso al Paese e i visti di studio e di lavoro per persone con qualifiche specifiche (si va da ingegneri e architetti a carpentieri e cuochi per intenderci), in modo tale da attirare anche gli imprenditori stranieri e convincerli a insediarsi in Canada per portare avanti il loro business.
In sostanza, tutti gli immigrati che ricevono fondi da aziende o gruppi di investimento canadesi per il loro start-up possono immediatamente richiedere una residenza permanente.
Qualora gli affari dovessero andare male, l'imprenditore non è comunque soggetto ad alcuna deportazione e mantiene la residenza nel Paese, così come la possibilità di iniziare un nuovo business. Diritto di asilo politico.
Sulla pagina del governo canadese che riguarda i visti di ingresso nel Paese si legge in evidenza che "Ogni persona che patisce una persecuzione ha diritto a essere protetta". Il Canada ha riconosciuto il diritto all'asilo politico dal 1951, quando è stata siglata la Convenzione sullo status dei rifugiati a Ginevra.
Il diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza della persona è anche inscritto nella Carta canadese dei Diritti e delle Libertà. In virtù di questo lo scorso agosto il governo canadese ha incoraggiato i gay di Russia , affinché chiedessero asilo a Toronto per sfuggire alle "persecuzioni" perpetrate dal Cremlino ai danni degli omosessuali.

Australia. Se il Canada è una sorta di paradiso per gli immigrati, l'Australia è per certo il loro inferno. Secondo i dati forniti dalle Nazioni Unite, nel 2012 l'Australia ha ricevuto circa 15.800 richieste di asilo, segnando un 37% in più rispetto al 2011. Il Dipartimento per l'Immigrazione e la Cittadinanza sancisce in modo netto che, in base al Migration Act del 1958, tutti i non cittadini o tutte le persone che risiedono illegalmente nel Paese devono essere arrestate e deportate.
Anche tutti coloro che hanno un visto scaduto rientrano nella categoria degli "illegali", inclusi i bambini e i figli dei richiedenti asilo. Tutti, nessuno escluso, non possono restare sul suolo australiano e vengono "deportati" in centri di detenzione , come quello di Manus Island in Papua Nuova Guinea.
Qui, in attesa dell'asilo, possono restare per mesi o anche lunghi anni.
Le organizzazioni per i diritti civili e umani hanno denunciato più volte le politiche migratorie australiane, ma l'unica risposta finora ricevuta dal governo è stato lo spostamento di alcuni bambini (non tutti) dai centri di detenzione alle "comunità di detenzione" o in case famiglia.
Ma, a febbraio di quest'anno risultavano ancora 1.060 bambini tra la popolazione del centro di detenzione di Papua Nuova Guinea. Nessun barcone di disperati può approdare in Australia, questo è poco ma sicuro.
E anche i fratellastri neozelandesi non scherzano in quanto a inflessibilità: una volta ottenuto il visto, se non si rispettano certi criteri si può essere deportati.
Lo sa bene lo chef sudafricano sovrappeso che, non corrispondendo alle tabelle della "buona salute" sancite dal ministero della Sanità di Wellington, è stato invitato a lasciare il territorio della Nuova Zelanda quanto prima.

Giappone. Dire che l'impero del Sol Levante ha leggi sull'immigrazione "restrittive" è un eufemismo. Il Giappone da secoli è promotore dell'isolazionismo culturale e, pertanto, ha sempre messo in campo politiche anti-migratorie, per scoraggiare i flussi nella sua direzione.
Al 2010 risultavano migranti sul territorio nipponico l'1.7% della popolazione totale. Ma, esattamente come per il Canada, il Giappone sta assistendo a un lento e inesorabile declino della natalità di casa, con conseguente invecchiamento della popolazione.
Secondo le analisi, nel 2060 il numero di cittadini giapponesi si ridurrà di un terzo rispetto ai 128 milioni di oggi. Un vero dramma per l'economia nipponica e così il governo di Tokyo ha deciso di correre ai ripari, aprendo le porte agli immigrati.
Sostanzialmente, il Giappone ha un sistema a punti per ottenere il visto di residenza e di lavoro sul suo territorio. Il nuovo sistema è entrato in vigore quest'anno: gli immigrati guadagnano punti sulla base del loro curriculum accademico o sulla loro esperienza nel settore degli affari. 
Tutti quelli che hanno delle capacità specialistiche (come docenti, medici e manager d'azienda) possono godere di una corsia preferenziale per ottenere un visto di residenza e lavoro.
Insomma, l'impero del Sol Levante premia con la green card i più meritevoli in vari campi.
Per tutti gli altri le porte restano serrate.

Stati Uniti. Gli Stati Uniti sono l'unico Paese al mondo dove il visto di residenza può essere ottenuto anche grazie a una cospicua dose di fortuna.
Negli Usa esiste la lotteria degli immigrati, che - pagando una quota di partecipazione - sognano che il loro nome venga estratto. Ma solo i cittadini provenienti da un Paese "con un basso tasso di immigrazione verso gli Usa" possono partecipare alla lotteria.
Gli Stati Uniti sono terra di frontiera da sempre.
Eldorado dei migranti di tutto il mondo, possono "vantare" la prima legislazione in merito datata 1790 (Naturalization Act). Negli ultimi due secoli si sono susseguite norme per fermare il flusso di migranti da particolari Paesi del mondo (come il Chinese Exclusion Act) e per fissare delle quote.
Ma è nel 1952 che viene creato un Servizio per la Naturalizzazione e l'Immigrazione.
Gli Usa permettono a più di 1 milione di migranti ogni anno di ottenere la residenza legale e hanno due diversi tipi di visto: uno per tutti coloro che desiderano vivere nel Paese a termine e che non sono da considerare "immigrati", pertanto per loro non vale la logica del numero massimo di visti dato ai diversi Paesi del mondo, e poi ci sono tutti coloro che vogliono lavorare negli Usa e che devono presentare un'offerta di impiego sul territorio americano e, contestualmente, l'azienda che sigla l'offerta deve presentare al dipartimento per l'Immigrazione un certificato che attesta che non c'è nessun altro lavoratore americano che possa ricoprire quel ruolo.
Infine, ci sono i visti per studenti, famiglie e turisti, che appartengono a una categoria separata e sono limitati nel tempo. Le macro-categorie si suddividono poi in una serie di sottocategorie, che vanno a normare casi specifici o particolari.
A luglio 2013 il Senato Usa ha votato la riforma sull'Immigrazione voluta dal presidente Barack Obama, che adesso dovrà andare al vaglio della Camera, dove si preannunciano le barricate dei Repubblicani.
La riforma voluta dal Presidente sin dal suo primo mandato promette un percorso che arriva fino alla cittadinanza per milioni di immigrati illegali che vivono e lavorano sul territorio statunitense, la maggior parte dei quali sono latinos.
In più, vengono stanziati nuovi fondi per rafforzare i controlli di frontiera con il Messico.

E adesso passiamo all'Europa.

La Svezia è il primo Paese dell'indice MIPEX (Migrant Integration Policy Index) ed è nota per l'accoglienza riservata ai profughi musulmani provenienti da aree di guerra (come Somalia, Iraq e Siria).
Ma con la crisi economica, il tasso di disoccupazione tra gli stranieri è balzato al 16% e in concomitanza si sono tenute numerose proteste contro gli immigrati accusati di "rubare" il lavoro agli svedesi.
Il governo sta valutando se ritoccare le politiche migratorie rendendole più rigide, in modo tale da far diminuire il flusso degli immigrati e, allo stesso tempo, cercare di placare la piazza.
Per quanto riguarda il diritto d'asilo, si calcola che nel 2012 il numero dei richiedenti sia salito di circa il 50% rispetto all'anno precedente, sfiorando le 44.000 persone.
Causa delle diverse guerre in Medio oriente e in alcune zone africane, ma è anche vero che - visto che il lavoro in Svezia è diminuito - molti migranti preferiscono scegliere direttamente la strada dell'asilo politico che li mette a carico del governo svedese.  
Spagna. Un boom economico lungo un decennio ha visto aumentare la popolazione di immigrati in terra spagnola dal 2 al 12%.
A fine 2010 il numero degli immigrati in Spagna toccava i 5.6 milioni di individui. Merito non solo dell'economia che andava a gonfie vele, ma anche delle politiche socialiste volute dal governo di José Luis Rodríguez Zapatero che erano particolarmente attente ai temi dell'immigrazione e che in totale apertura garantivano scuole, servizi e sanità a tutte le persone legalmente insediate in Spagna.
Ma tra immigrazione e integrazione ci passa il mare e così con l'inizio della crisi i rappresentanti locali del Partido Popular (che oggi è al governo con Mariano Rajoy) hanno cominciato a chiedere la "riduzione" degli ingressi e, al tempo stesso, la diminuzione dei servizi erogati agli immigrati.
Cosa che il premier Zapatero si è rifiutato di accettare. La Spagna è tra i Paesi europei più aperti nei confronti degli immigrati, ma negli ultimi due anni il flusso invece che in entrata è stato in uscita.
Chi vorrebbe più vivere in un paese in crisi profonda dove trovare lavoro è un miracolo?
Così, il governo conservatore di Rajoy ha lanciato la "residenza per arabi e russi", come è stata soprannominata.
Sostanzialmente, è possibile ottenere un visto per residenti in Spagna contestualmente all'acquisto di un immobile dai 500.000 euro in su.
La nuova norma entrerà in vigore il 1 gennaio del 2014 e molti ricchi europei (come i vicini francesi) già stanno pensando di comprare casa in Spagna per godere della residenza e quindi di un regime fiscale più basso.

Francia. Eurostat stima che in Francia ci siano 7.2 milioni di immigrati nati all'estero, che corrispondono a poco più dell'11% della popolazione totale.
Recentemente (a gennaio 2013) il pacchetto di norme volute dal governo dell'ex presidente Nicolas Sarkozy, che punivano con la detenzione dalle 24 alle 48 ore gli immigrati illegali, è stato superato dal voto dell'Assemblea generale che ha cancellato anche il cosiddetto "reato di solidarietà", che colpiva tutti coloro che aiutavano un immigrato illegale con il carcere fino a 5 anni e una multa pecuniaria non superiore ai 30.000 euro.
Le nuove misure per l'immigrazione allineano la Francia con gli altri Paesi europei, portando le ore di custodia per un immigrato illegale arrestato a 16 e depenalizzando l'aiuto dato agli illegali, qualora "motivato da ragioni umanitarie" e dove non si ravveda sfruttamento del lavoro.
Il ministro degli Interni Manuel Valls, in seguito al voto di gennaio 2013, ha nettamente preso le distanze dalle politiche del governo Sarkozy, annunciando tre nuove misure: un processo più rapido per le deportazioni (solo un terzo degli immigrati illegali arrestati durante la presidenza di Sarkozy è stato deportato), un monitoraggio più stringente sul lavoro dei giudici per l'immigrazione, andando a bacchettare le sentenze "fallimentari", ossia quelle che sfociano in appello e, infine, il cambio del sistema di raccolta dati.
Ad esempio, i "ritorni volontari" degli immigrati ai loro Paesi d'origine fino a qualche mese fa venivano ancora classificati come deportazioni.
Diritto di asilo politico. Il governo socialista del presidente François Hollande ha anche promesso una riforma delle leggi sull'immigrazione che renda più ampie le possibilità per i richiedenti asilo politico e i residenti di lungo corso. La riforma doveva approdare in Parlamento a settembre di quest'anno, ma se ne riparlerà nel 2014.
Troppo forti le pressioni del Front National capeggiato da Marine Le Pen, che chiedono di ridurre il numero degli immigrati e non di dare loro più diritti.
La Francia è il secondo Paese in Europa per richieste di asilo politico, con un totale di 61.000 domande a fine 2012.

Germania. Berlino è l'Eldorado europeo di centinaia di migliaia di migranti ogni anno. L'economia va bene, il lavoro c'è, e in tanti sognano di trasferirsi in Germania, terra abituata da sempre a notevoli flussi migratori, basti pensare a quelli "interni" tra Est e Ovest dopo la caduta del Muro.
Ma, nonostante questo, non esiste alcun meccanismo formale per regolarizzare la posizione della maggior parte di questi immigrati. Tra il 1955 e il 1973 la Germania (occidentale) ha reclutato circa 14 milioni di immigrati come "lavoratori ospiti" (Gastarbeiter). Alla fine del programma molti datori di lavoro non hanno voluto cercare nuovi dipendenti provenienti da fuori e hanno preferito sostenere quelli già sul territorio tedesco e che avevano acquisito un'esperienza.
Ma il loro status non è stato formalmente sancito, e oggi la Germania si trova in una situazione in cui gli immigrati di terza generazione (nati sul territorio tedesco) vengono ancora classificati come "figli di lavoratori ospiti", e una volta diventati adulti devono aspettare a lungo, anche anni, prima di poter avere la cittadinanza.
La Commissione insediata ad hoc per definire le leggi sull'immigrazione nel 2001 ha suggerito un approccio più flessibile nei confronti dei non-cittadini. Sulla scia di ciò due atti, nel 2005 e nel 2007, sono stati fortemente criticati per non facilitare la naturalizzazione degli individui senza documenti, soprattutto quelli impiegati con bassi redditi.
Secondo la legislazione del 2007, per diventare cittadino tedesco un lavoratore al di fuori dell'Unione europea deve dimostrare di avere un reddito annuo di almeno 85.000 euro e deve essere in possesso di un passaporto (cosa praticamente impossibile per i richiedenti asilo politico).
Insomma, se paragonato a Francia, Italia e Spagna, il sistema tedesco punta a essere molto più restrittivo sulle regolarizzazioni generali e molto più flessibile riguardo alla naturalizzazione/regolarizzazione di piccoli gruppi di "immigrati privilegiati".

Danimarca. Il caso danese è considerato molto controverso ed è oggetto di feroci critiche da parte delle organizzazioni per i diritti umani.
Il governo offre incentivi per lasciare il Paese agli immigrati che non riescono a integrarsi con la cultura della Danimarca. Gli incentivi sono una "conquista" del partito xenofobo Danish People's Party, che sul suo sito recita: 
La Danimarca non è un paese per immigrati e non lo è mai stato. Per questo noi non accetteremo la trasformazione in una società multietnica".
Centrale nelle politiche anti-immigrazione danesi è la cosiddetta "legge dei 24 anni", secondo la quale uno sposo/sposa straniera di un cittadino danese può richiedere la cittadinanza solo se entrambi hanno compiuto il ventiquattresimo anno d'età.
Nel caso in cui lo sposo/sposa sia un rifugiato o abbia figli nati in Danimarca o sia gravemente malato o soffra di handicap, la norma decade.

Gran Bretagna. Il Regno Unito ha visto drammaticamente aumentare il sumero degli immigrati negli ultimi 10 anni. Sono passati dai circa 4.5 milioni del 2001 a 7.5 milioni a fine 2011 e le politiche sull'immigrazione sono entrate di diritto nel dibattito politico, proprio nella cosiddetta "patria del multiculturalismo". A breve il Parlamento britannico discuterà un disegno di legge contenente le ultime norme sull'immigrazione, ben più restrittive di quelle attualmente in vigore.
E' previsto il rimpatrio immediato per tutti coloro che arrivano in Gran Bretagna con precedenti penali o per coloro che commettono reati sul suolo britannico.
Vengono poi ridotte da 17 a 4 le motivazioni di richiesta d'asilo politico.

Panorama.it
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È finita la notte
Spegni la lampada fumante nell’angolo della stanza. 
Sul cielo d’oriente è fiorita la luce dell’universo:
è un giorno lieto.
Sono destinati a conoscersi,
tutti coloro che cammineranno per strade simili.

Rabindranath Tagore