mercoledì 3 luglio 2013
La pianta non carnivora che mangia le pecore
Semina terrore nelle greggi, ma non ha zanne né zampe: la Puya chilensis, una pianta di origine sudamericana alta fino a 3 metri, sta per fiorire per la prima volta in una serra britannica. Si nutre (per ora) di fertilizzante, ma se potesse scegliere non avrebbe dubbi e opterebbe sicuramente per un'innocua pecorella inglese.
L'assassina non è una pianta carnivora ma appartiene alla famiglia delle Bromeliacee, vegetali dalle foglie dure e spinose di cui fa parte anche l'ananas.
Mentre molte piante spinose, come i cactus, utilizzano le proprie punte a scopo difensivo, la Puya chilensis le usa per attaccare animali lanosi da pascolo, come le pecore.
Ferite dalle propaggini aguzze di questa pianta, le poverette rimangono nei paraggi e finiscono per morire di fame. È allora che il terreno, lentamente, inizia ad arricchirsi dei prodotti della decomposizione dell'animale, facendo incetta di nutrienti. Per la pianta, una vera manna.
Nelle Ande cilene, dove sono diffusi, questi vegetali si nutrono così.
La Royal Horticultural Society l'ha piantata nel suo orto botanico e l'ha alimentata, ovviamente non con gli animali vivi bensì innaffiandola con appositi fertilizzanti liquidi.
Dopo un'attesa durata ben quindici anni, in questi giorni finalmente la puya sta mettendo i suoi primi fiori gialli e verdi.
L'esemplare si può visitare nella sezione piante grasse dei giardini di Winsley, ma i responsabili della Royal Horticultural Society assicurano che non ci sono rischi per gli esseri umani, bambini compresi: "E' chiusa dietro un vetro, nelle nostre serre, nessun visitatore può avvicinarsi".
I telescopi i nostri occhi nel cielo
Le incredibili spirali di Tungsteno ritrovate nel sottosuolo degli Urali !
Nel 1991 un gruppo di geologi russi del istituto 2NI6RI stava compiendo una serie di ispezioni nel bacino dei fiumi Narada,Kozim e Balbanyu,sul versante orientale degli Urali,alla ricerca di filoni auriferi.
Nelle sabbie dei depositi del Pleistocene (2.58 milioni di anni fa-11.500 anni fa) sono stati ritrovati strani stupefacentementi piccole spirali,oggetti e sottili filamenti metallici.
Questi erano senza dubbio frutto di un’avanzata tecnologia metallurgica,sia per i materiali che per le loro dimensioni,variabili da un massimo di 3 cm e fino a 3 millesimi di millimetro.
Gli oggetti estratti da 30-12 metri di profondità e sono composti essenzialmente da materiali diversi:i più grandi di rame, i più piccoli di tungsteno e mobildeno.
Il tungsteno fonde a 3410 C° mentre il mobildeno a fonde a circa 2610 °C, bolle a 5560 °C,e ha densità relativa 10,2 e peso atomico 95,94.
Trova applicazione soprattutto come costituente di leghe speciali molto resistenti, in grado di resistere a temperature e pressioni elevate; si tratta di ottimi materiali strutturali, utilizzati nella costruzione di parti di aerei e automobili.
I fili di molibdeno si usano nei tubi per la produzione di fasci elettronici, mentre il solfuro trova impiego come lubrificante solido. IL tungsteno invece viene usato per i filamenti delle lampadine oppure come indurente nelle leghe d’acciaio.
Chi ha costruito questa che appare come una perfetta spirale in tungsteno ritrovata nel sottosuolo,
E' uno dei grandi misteri dell'archeologia contemporanea.
Insomma, se è vero quello che sostengono autorevolissimi archeologi russi,sembrerebbe proprio che in strati di roccia profondissimi siano presenti in buon numero queste misteriose 'nano-formazioni' che risalgono a qualcosa come 100.000 anni fa. C'è da dire subito che le nanotecnologie sono appunto tecnologie che permettono di manipolare oggetti piccolissimi, come è appunto il caso di queste spirali, La storia del ritrovamento di queste spirali ha veramente dello straordinario, ed io ogni volta mi meraviglio che ad esse sia attribuita così poca rilevanza nei media tradizionali, perchè se fosse confermato - e dalle risultanze attuali lo è (nessuna spiegazione naturale potrebbe e può giustificare la perfezione della levigatezza di queste strutture osservate al microscopio ) - che esse risalgono all'epoca del Pleistocene, sarebbe una prova davvero inconfutabile della esistenza di civiltà straordinariamente evolute, delle quali noi oggi non sappiamo nulla.
Le analisi compiute dalle accademie delle scienze di Mosca, Syktyvka di San Pietroburgo, e da un istituto scientifico finlandese, ha unanimemente confermato che questi manufatti sono artificiali, databili ad un'epoca compresa tra 20000 e 320.000 anni fa.
Una nuova spedizione fu condotta nel 1995 dal giornalista Valerij Ouvarov e dalla geologa Elena Matveyeva e ha portato agli stessi risultati, portando alla scoperta di nuovi esemplari di spirali al tungsteno, anche queste risultanti, all'esame al microscopio, perfettamente levigate, come se si trattasse appunto di moderne costruzioni di induttori usati attualmente nelle industrie specializzate in nanotecnologie.
Un bel rompicapo, davvero, visto che nessuno finora ha dato una spiegazione plausibile di come sia stato possibile ritrovare manufatti simili all'interno di rocce così antiche.
Manhattanhenge
Il termine è formato dall'unione delle parole “Manhattan” e “Stonehenge”.
Come è risaputo, Stonehenge possiede diversi allineamenti con il sole e la luna. In particolare chi si trova al centro del cerchio di pietre il giorno del solstizio d'estate, il 21 giugno, può vedere il sole sorgere al centro di un trilite, in linea con una roccia denominata Heelstone (pietra calcagno o pietra tallone). Lungo la stessa linea, ma in direzione opposta, si può vedere il tramonto del sole nel solstizio d'inverno.
Ma anche gli abitanti di una grande metropoli come New York possono assistere a uno spettacolo analogo, senza sobbarcarsi un lungo viaggio nella nebbiosa Inghilterra.
Due volte all'anno, attorno al 30 maggio e al 12 luglio (la data varia leggermente di anno in anno) il sole si trova allineato con la griglia di strade che forma l'East Side, e si può così vedere il sole sorgere in mezzo al profondo canyon formato dai grattacieli. A volte questo fenomeno viene anche chiamato “Manhattan Solstice”, così come l'ha chiamato il New York Times diversi anni fa, anche se non si tratta di un vero e proprio “solstizio”.
L'atlatl
Atlatl è il nome atzeco del propulsore, ovvero uno strumento atto a scagliare lance e frecce senza l'uso dell'arco.
È formato da un bastone o da un'assicella in legno o in corno, dotata di un uncino a un'estremità, in cui s'incocca il dardo. In tal modo si prolunga la lunghezza del braccio e si sfruttano anche i muscoli del polso, aumentando la potenza e la gittata dei lanci.
Secondo alcune fonti l'atlatl sarebbe stato inventato in Europa circa 30000 anni fa (non con questo nome, naturalmente), successivamente il suo uso si estese un po' ovunque, divenendo di uso comune attorno ai 10000 anni fa.
L'atlatl è usato ancora oggi dagli aborigeni australiani, che lo conoscono con il nome di “woomera”, dagli abitanti della Papua Nuova Guinea, da varie tribù di nativi del Sud America e del Messico.
Inoltre viene usato dalle popolazioni dell'Artico, per lanciare dardi e arpioni: in Alaska ad esempio il propulsore è conosciuto con il nome di nauliġaun (in lingua Qawiaraq Iñupiaq) e di iksisuun (in lingua Lingít).
Grazie al propulsore si aumenta la potenza del lancio anche di 4 volte rispetto al solo braccio, scagliando i dardi fino a 90-100 metri di distanza.
Il propulsore è stato soppiantato dall'arco in buona parte del mondo attorno all'anno 1000 d.C., a causa della sua maggiore potenza e semplicità d'uso. Nonostante questo l'atlatl presenta innegabili vantaggi: si usa con una mano sola, quindi con l'altra mano si può usare un'altra arma, o una pagaia, nel caso dei cacciatori in canoa; si possono scagliare dardi più pesanti e lo strumento non è sensibile all'umidità atmosferica.