sabato 19 gennaio 2013
Perché le mani in acqua raggrinziscono ?
Tutti notiamo che quando stiamo troppo al mare o in piscina, la pelle delle mani e dei piedi si ammorbidisce e si riempie di pieghette. Nessuno di noi forse si domanda il perchè, ma lo fanno invece decine di scienziati da molto tempo. Ora la Newcastle University ha deciso di indagare a fondo una volta per tutte e ha scoperto che il fenomeno non è altro che un modo del corpo di adattarsi al nuovo ambiente (liquido) e di consentirci di avere una migliore presa o appoggio.
Un esperimento avrebbe provato questa tesi. Alcuni volontari sono stati messi in condizione di afferrare oggetti (una bottiglia, una palla…) sott’acqua. Un gruppo era rimasto immerso fino a farsi raggrinzire le dita, l’altro invece era immerso da poco e dunque aveva ancora le mani lisce. Il primo gruppo riusciva ad afferrare e a trattenere gli oggetti meglio del secondo, da cui la deduzione: il corpo si adatta all’ambiente restringendo i vasi sanguigni e creando così le rughe sulla pelle per consentirci di essere “a nostro agio” anche nel blu profondo.
A tavola con... la forchetta
Le prime attestazioni iconografiche della forchetta sono reperibili in una miniatura del Codice delle leggi longobarde (inizio XI secolo) che mostra il rude re Rotari che brandisce una forchetta mentre mangia con i suoi Dignitari. Invece nell'Ultima Cenaleonardesca (1495-1498) dove ci aspetteremmo di trovarla, non la vediamo rappresentata.
Eppure in epoca altomedievale l'uso della forchetta creava a volte uno scandaloso scalpore. Il banchetto per le nozze tra la principessa, figlia diciassettenne dell’imperatore bizantino Cristiano IX, Maria Argyropoula, detta Argira e il figlio del doge di Venezia, Giovanni Orseolo II, celebrate nel 955, è forse la prima occasione in cui su una tavola dell’Europa occidentale comparve tale posata. Mentre tutti mangiavano con le mani la raffinata principessa usava infatti una forchetta. Questo fatto suscitò un tale clamore scandalizzato che di lì a poco si trasformò in aperta condanna da parte della Chiesa per la “bizzarra e decadente” principessa bizantina. Cosicché quando nel 1005 la sfortunata giovane si ammalò di peste e ne morì, nobili e popolani veneziani s'inventarono che ciò era la punizione divina per tanta aberrante e oltraggiosa perversione conviviale, frutto certo di peccaminose propensioni derivatele dalle male usanze della corte Bizantina. Gli uomini di Chiesa ritennero la forchetta strumento di mollezza e perversione diabolica. San Pier Damiani (1007-1072) non ebbe alcuna pietà per la povera principessa: «Non toccava le pietanze con le mani ma si faceva tagliare il cibo in piccolissimi pezzi dagli eunuchi. Poi li assaggiava appena portandoli alla bocca con forchette d'oro a due rebbi»; la terribile morte della giovane donna, le cui carni andarono lentamente in cancrena («corpus eius computruit») fu vista come una giusta punizione divina per un così grande peccato!
Anche un’altra principessa bizantina, Teodora Ducas, sorella dell’imperatore Michele VII, moglie del Doge Domenico Silvio, che la sposò nel 1071, si serviva a tavola di "fuscinulis aureis bidentibus", una forchettina d'oro a due rebbi con la quale portava alla bocca il cibo che alcuni servi personali, eunuchi, sporzionavano in piccole parti,
Anche un’altra principessa bizantina, Teodora Ducas, sorella dell’imperatore Michele VII, moglie del Doge Domenico Silvio, che la sposò nel 1071, si serviva a tavola di "fuscinulis aureis bidentibus", una forchettina d'oro a due rebbi con la quale portava alla bocca il cibo che alcuni servi personali, eunuchi, sporzionavano in piccole parti,
Il papa Innocenzo III, quando era ancora Lotario dei Conti di Segni (1160-1216), nel suo “De miseria humanae condicionis” fece calare l'ombra cupa della morte su un lungo catalogo di delizie che comprende anche l’uso della forchetta: Cosa c'è di più vano che ornare la mensa con tovaglie decorate, con coltelli dal manico d'avorio, con vasi d'oro, con ciotole d'argento, con coppe e bicchieri, crateri e catini, con scodelle e cucchiai, con forchette e saliere, con bacili e orci, con scatole e ventagli? [...] Sta scritto infatti: «Quando l'uomo morirà non porterà con sé nulla di tutto ciò, e la sua gloria non scenderà con lui»….
Forse perché associate al mondo bizantino, nella situazione di tensione creatasi con lo scisma tra la Chiesa ortodossa e la Chiesa di Roma (1054) le forchette verranno presentate dal clero cattolico come simbolo del demonio e il loro uso sarà bollato come peccato, tanto che sino al ‘700, non sarà ammesso nei conventi e nei monasteri.
Tale stigma peserà per secoli: ancora nel ‘600, quando in Italia il loro uso è ormai frequente, Monteverdi (1567-1643) ogni volta che, per buona educazione, è costretto a impiegarle, fa dire tre messe per espiare il peccato commesso.
C’è poco da meravigliarsi: fino al 1897, ai marinai della Royal Navy di Sua Maestà britannica era proibito l’uso di coltelli e di forchette, in quanto si riteneva fossero «pregiudizievoli alla disciplina e al comportamento virile».
Dischi volanti
Tutto si basava su esperimenti scientifici, i quali hanno dato luogo al fenomeno noto come UFO.
La questione dei dischi volanti cosiddetti Hainebu di oltre 50 metri capaci di lasciare l'atmosfera. Poi ci sono i piani e schizzi sui tavoli da disegno della fabbrica Skoda di Praga alla fine della guerra, i dispositivi che non hanno mai raggiunto la fase finale della parte superiore volante Schiever e Habermohl. Poi ci sono i progetti portati a termine, come di Arthur Sack AS6, un vero e proprio disco volante a forma di mezzaluna, motore, elica sovvenzionato dal Lutwaffe. La cosa interessante è che tutte queste opere sono state ispirate dalle idee rivoluzionarie del ingegnere spagnolo Juan de la Cierva.
La US Air Force ha mostrato l'immagine di tale oggetto, che hanno chiamato "Avro". Secondo la CIA che l'oggetto è il risultato dello sviluppo del lavoro scientifico di un tedesco nazista chiamato Miethe risalente alla 2 ° Guerra Mondiale.
Questi dischi volanti erano in grado di andare oltre 1200 chilometri l'ora, con il decollo verticale come un elicottero, col tempo raggiungere più di 2400 miglia all'ora. Società occultista nazista "Vril", nel 1934 potrebbe aver sviluppato il primo UFO era conosciuto come Vril 1, poi si è evoluto nel RFC 2 con un sistema di propulsione magnetica generare questi strano colore luminescenza in modo associato con gli UFO. Nel 1939 la produzione di RFC SS-5 chiamato sopra Haenebu 1, quindi nel 1940 il Haenebu 2, che dice che è stato fotografato in Antartide.
La conclusione è che molti dei progressi tecnologici di origine sono molto sconcertanti e misteriosi
e qualcuno asserisce non essere solo basati su tecnologia umana
Questi dischi volanti erano in grado di andare oltre 1200 chilometri l'ora, con il decollo verticale come un elicottero, col tempo raggiungere più di 2400 miglia all'ora. Società occultista nazista "Vril", nel 1934 potrebbe aver sviluppato il primo UFO era conosciuto come Vril 1, poi si è evoluto nel RFC 2 con un sistema di propulsione magnetica generare questi strano colore luminescenza in modo associato con gli UFO. Nel 1939 la produzione di RFC SS-5 chiamato sopra Haenebu 1, quindi nel 1940 il Haenebu 2, che dice che è stato fotografato in Antartide.
La conclusione è che molti dei progressi tecnologici di origine sono molto sconcertanti e misteriosi
e qualcuno asserisce non essere solo basati su tecnologia umana
L’ultimo volo di Amelia Earhart
2 luglio 1937
Isole Howland , Sud Est di Honolulu.
Un aereo è in viaggio per raggiungere la guardia costiera Itasca; a bordo ci sono due persone, Amelia Earhart e Fred Noonan.
Sono le 19.30 e la voce di Amelia risuona, per l’ultima volta via radio: “Khakk chiama Itasca. Dovremmo essere sopra di voi, ma non riusciamo a vedervi. Il carburante sta finendo…” Da quel momento le comunicazioni si interrompono, e di Amelia e Nolan nessuno avrà mai più notizie.
Amelia Earhart era una celebrità; era stata la prima donna ad attraversare in aereo l’Atlantico, nel 1928, a bordo di un Fokker che in sole 21 ore era decollato dall’America per planare in Galles. Un’impresa che le era valsa fama internazionale ed encomi solenni da parte dell’amministrazione Coolidge; non è sola, ha un equipaggio che lavora per lei, così nel 1932 decide di rifare la traversata in solitaria. Ci riesce, e batte numerosi record:diventa la prima donna nella storia dell’aviazione ad attraversare l’Atlantico, la prima a non effettuare scali, impiega il tempo più basso nel coprire il percorso.
Ha 35 anni, Amelia; è una donna non bella, ma che sprigiona un fascino incredibile.
Ha carattere da vendere, è coraggiosa e soprattutto non deve nulla a nessuno in quello che è riuscita a fare nel corso della sua vita.
Ha solo 23 anni quando inizia a volare, e sceglie di lavorare per pagarsi le spese di volo, con il sogno di possedere, un giorno, un aereo tutto suo. Sogno che si avvera di li ad un anno, quando, grazie anche all’aiuto della madre, ha i soldi necessari per acquistare un biplano usato, un Kinner Airster dall’improbabile color giallo.
Nel 1926, dimostrando capacità imprenditoriali, crea un piccolo aeroporto con aerei in nolo, ad uso esclusivo femminile;un’iniziativa di grande successo, che le permise di accumulare ore su ore di pratica e di risparmiare soldi che sarebbero serviti per le sue imprese successive.
Nel 1937 Amelia decide di esser pronta per la sua impresa più grande, l’unica che manca al suo eccezionale curriculum; la traversata del mondo.
Così, il 1 giugno del 1937, parte con l’amico Nolan da Miami, con l’intento di coprire le quasi 30.000 miglia del globo terrestre. L’aereo con i due a bordo compie una traversata di oltre 22.000 miglia, e il 2 luglio, ripartiti dalla Nuova Guinea, devono fare soltanto le ultime 7.000 miglia prima di compiere l’impresa. Ma, come abbiamo visto, al largo delle isole Howland l’aereo con Amelia e Ted interrompe le trasmissioni.
Il presidente Roosvelt, amico personale di Amelia, diede ordine di organizzare una gigantesca ricerca del mezzo scomparso, a cui parteciparono 9 navi e una settantina di aerei. Tutto inutile; dell’aereo di Amelia non venne ritrovata alcuna traccia e il 20 luglio le ricerche terminarono.
La scomparsa di Amelia suscitò grande emozione, non soltanto in America; era diventata un simbolo, quello della donna emancipata, libera, capace di riuscire in imprese ritenute fuori dalla portata del mondo femminile.
Da quel momento iniziarono a circolare le più svariate voci sulla misteriosa scomparsa; di ipotesi ne vennero fatte moltissime, ma tutte in difetto di riscontri oggettivi.
La prima, quella più diffusa e ancor oggi l’unica ufficiale, riguarda un errore di rotta di Ted Nolan, che viaggiava con mappe alle volte lacunose. Un errore che lasciò l’aereo senza carburante, con il risultato drammatico di farlo ammarare al largo della costa.
Ci sono poi teorie della cospirazione, ovvero legate ad un presunto ruolo di spia di Amelia. Nel 1937 c’era già molta tensione tra il governo Usa e quello nipponico,e gli Stati uniti cercavano di documentarsi sulla reale consistenza militare delle forze giapponesi. C’è chi sostiene che la missione di Amelia, in realtà, fosse solo una copertura,e che l’aviatrice fosse stata incaricata di svolgere un vero e proprio lavoro di spionaggio.
Cosa naturalmente assolutamente vietata, all’epoca; lo spionaggio era considerato come un atto di guerra, e qualora questa ipotesi sia vera, è comprensibile come il governo americano abbia tenuto il silenzio più assoluto sulla vicenda.
Secondo queste ipotesi, la Earhart simulò tutto, facendo credere di essere rimasta senza carburante, per eludere le intercettazioni dei giapponesi, che disponevano di un sofisticato sistema di controllo delle comunicazioni. Amelia sarebbe finita quindi volontariamente fuori rotta, ma intercettata dai giapponesi, sarebbe stata fatta prigioniera, e trasferita nella prigione di Garapan sull’isola di Saipan. Qui venne sottoposta a processo con Ted, giudicata colpevole di spionaggio e condannata alla decapitazione.
Nella prigione di Garapan, sono state ritrovate tracce di graffiti che potrebbero essere riconducibili a qualche prigioniero americano, ma da questo a stabilire che siano stati incisi dalla Earhart ce ne corre;va detto che ci sono due testimonianze di donne che coincidono tra loro.
Sono quelle di due giapponesi, una delle quali ha raccontato di aver scambiato anche qualche parola con Amelia, l’altra che sostiene di aver assistito al’esecuzione della stessa.
C’è poi la testimonianza di un soldato americano che raccontò di aver trovato, a Saipan, una cassaforte giapponese sopravissuta ai bombardamenti;quando il militare la fece saltare, convinto che all’interno ci fossero oro o gioielli, restò di stucco nel constatare che all’interno c’erano solo mappe e un passaporto. Intestato ad Amelia Earhart.
Versione non suffragata dai fatti, in quanto, secondo il soldato, un superiore fece sparire i documenti.
C’è un’altra versione dei fatti che ha trovato un certo credito almeno tra la stampa e gli appassionati di mistero.
Nel 1970 due giornalisti, Gervais e Klaas avanzarono l’ipotesi che la Earhart, compiuta la missione, sia tornata negli Usa sotto copertura, utilizzando l’identità della signora Irene Craigmile Bolam; per avvalorare questa tesi, fornirono due fotografie delle due donne. In effetti la somiglianza tra Irene ed Amelia era davvero notevole, ed un professionista, Tod Swindell, disse che le due fotografie coincidevano totalmente, fino alla curvatura dei dotti lacrimali. A sua volta Kevin Richlin, criminologo, fece la stessa comparazione, rilevando alcune differenze sostanziali in un neo assente in Irene e nelle efelidi che costellavano il volto di Amelia, assenti in quello di Irene.
La sorella di Amelia, Muriel Morrissey, dichiarò che Irene non era, senza alcun dubbio, sua sorella. Qualche anno dopo la signora Irene, che in vita aveva sempre rifiutato qualsiasi legame con la Earhart morì, e venne cremata. Divenne quindi impossibile qualsiasi incrocio tra il Dna di Amelia e il suo.
Nel 1991 una squadra di ricerca, la Tighar, che indagava sul mistero della scomparsa di Lady Lindy, come era ormai soprannominata da tempo Amelia, in omaggio al primo trasvolatore dell’oceano, Lindhergh, scoprì a Gardner dei resti umani, compatibili con uno scheletro femminile. Accanto ai poveri resti c’erano una suola di scarpe, una bottiglia di liquore sicuramente americano e una scatola che probabilmente serviva a contenere un sestante.
Rimaneva comunque il mistero del ritrovamento di un solo scheletro, visto che di quello di Ted non c’era alcuna traccia. Il mistero, comunque, non venne risolto in alcun modo. E la storia di Amelia, l’eroina tanto amata dagli americani, rimane un mistero impenetrabile.
Nonostante tutto, ancora oggi c’è chi è disposto a perlustrare le zone del probabile ammaraggio alla ricerca di un indizio che possa svelare dove Lady Lindy terminò i suoi giorni
Un aereo è in viaggio per raggiungere la guardia costiera Itasca; a bordo ci sono due persone, Amelia Earhart e Fred Noonan.
Sono le 19.30 e la voce di Amelia risuona, per l’ultima volta via radio: “Khakk chiama Itasca. Dovremmo essere sopra di voi, ma non riusciamo a vedervi. Il carburante sta finendo…” Da quel momento le comunicazioni si interrompono, e di Amelia e Nolan nessuno avrà mai più notizie.
Amelia Earhart era una celebrità; era stata la prima donna ad attraversare in aereo l’Atlantico, nel 1928, a bordo di un Fokker che in sole 21 ore era decollato dall’America per planare in Galles. Un’impresa che le era valsa fama internazionale ed encomi solenni da parte dell’amministrazione Coolidge; non è sola, ha un equipaggio che lavora per lei, così nel 1932 decide di rifare la traversata in solitaria. Ci riesce, e batte numerosi record:diventa la prima donna nella storia dell’aviazione ad attraversare l’Atlantico, la prima a non effettuare scali, impiega il tempo più basso nel coprire il percorso.
Ha 35 anni, Amelia; è una donna non bella, ma che sprigiona un fascino incredibile.
Ha carattere da vendere, è coraggiosa e soprattutto non deve nulla a nessuno in quello che è riuscita a fare nel corso della sua vita.
Ha solo 23 anni quando inizia a volare, e sceglie di lavorare per pagarsi le spese di volo, con il sogno di possedere, un giorno, un aereo tutto suo. Sogno che si avvera di li ad un anno, quando, grazie anche all’aiuto della madre, ha i soldi necessari per acquistare un biplano usato, un Kinner Airster dall’improbabile color giallo.
Nel 1926, dimostrando capacità imprenditoriali, crea un piccolo aeroporto con aerei in nolo, ad uso esclusivo femminile;un’iniziativa di grande successo, che le permise di accumulare ore su ore di pratica e di risparmiare soldi che sarebbero serviti per le sue imprese successive.
Nel 1937 Amelia decide di esser pronta per la sua impresa più grande, l’unica che manca al suo eccezionale curriculum; la traversata del mondo.
Così, il 1 giugno del 1937, parte con l’amico Nolan da Miami, con l’intento di coprire le quasi 30.000 miglia del globo terrestre. L’aereo con i due a bordo compie una traversata di oltre 22.000 miglia, e il 2 luglio, ripartiti dalla Nuova Guinea, devono fare soltanto le ultime 7.000 miglia prima di compiere l’impresa. Ma, come abbiamo visto, al largo delle isole Howland l’aereo con Amelia e Ted interrompe le trasmissioni.
Il presidente Roosvelt, amico personale di Amelia, diede ordine di organizzare una gigantesca ricerca del mezzo scomparso, a cui parteciparono 9 navi e una settantina di aerei. Tutto inutile; dell’aereo di Amelia non venne ritrovata alcuna traccia e il 20 luglio le ricerche terminarono.
La scomparsa di Amelia suscitò grande emozione, non soltanto in America; era diventata un simbolo, quello della donna emancipata, libera, capace di riuscire in imprese ritenute fuori dalla portata del mondo femminile.
Da quel momento iniziarono a circolare le più svariate voci sulla misteriosa scomparsa; di ipotesi ne vennero fatte moltissime, ma tutte in difetto di riscontri oggettivi.
La prima, quella più diffusa e ancor oggi l’unica ufficiale, riguarda un errore di rotta di Ted Nolan, che viaggiava con mappe alle volte lacunose. Un errore che lasciò l’aereo senza carburante, con il risultato drammatico di farlo ammarare al largo della costa.
Ci sono poi teorie della cospirazione, ovvero legate ad un presunto ruolo di spia di Amelia. Nel 1937 c’era già molta tensione tra il governo Usa e quello nipponico,e gli Stati uniti cercavano di documentarsi sulla reale consistenza militare delle forze giapponesi. C’è chi sostiene che la missione di Amelia, in realtà, fosse solo una copertura,e che l’aviatrice fosse stata incaricata di svolgere un vero e proprio lavoro di spionaggio.
Cosa naturalmente assolutamente vietata, all’epoca; lo spionaggio era considerato come un atto di guerra, e qualora questa ipotesi sia vera, è comprensibile come il governo americano abbia tenuto il silenzio più assoluto sulla vicenda.
Secondo queste ipotesi, la Earhart simulò tutto, facendo credere di essere rimasta senza carburante, per eludere le intercettazioni dei giapponesi, che disponevano di un sofisticato sistema di controllo delle comunicazioni. Amelia sarebbe finita quindi volontariamente fuori rotta, ma intercettata dai giapponesi, sarebbe stata fatta prigioniera, e trasferita nella prigione di Garapan sull’isola di Saipan. Qui venne sottoposta a processo con Ted, giudicata colpevole di spionaggio e condannata alla decapitazione.
Nella prigione di Garapan, sono state ritrovate tracce di graffiti che potrebbero essere riconducibili a qualche prigioniero americano, ma da questo a stabilire che siano stati incisi dalla Earhart ce ne corre;va detto che ci sono due testimonianze di donne che coincidono tra loro.
Sono quelle di due giapponesi, una delle quali ha raccontato di aver scambiato anche qualche parola con Amelia, l’altra che sostiene di aver assistito al’esecuzione della stessa.
C’è poi la testimonianza di un soldato americano che raccontò di aver trovato, a Saipan, una cassaforte giapponese sopravissuta ai bombardamenti;quando il militare la fece saltare, convinto che all’interno ci fossero oro o gioielli, restò di stucco nel constatare che all’interno c’erano solo mappe e un passaporto. Intestato ad Amelia Earhart.
Versione non suffragata dai fatti, in quanto, secondo il soldato, un superiore fece sparire i documenti.
C’è un’altra versione dei fatti che ha trovato un certo credito almeno tra la stampa e gli appassionati di mistero.
Nel 1970 due giornalisti, Gervais e Klaas avanzarono l’ipotesi che la Earhart, compiuta la missione, sia tornata negli Usa sotto copertura, utilizzando l’identità della signora Irene Craigmile Bolam; per avvalorare questa tesi, fornirono due fotografie delle due donne. In effetti la somiglianza tra Irene ed Amelia era davvero notevole, ed un professionista, Tod Swindell, disse che le due fotografie coincidevano totalmente, fino alla curvatura dei dotti lacrimali. A sua volta Kevin Richlin, criminologo, fece la stessa comparazione, rilevando alcune differenze sostanziali in un neo assente in Irene e nelle efelidi che costellavano il volto di Amelia, assenti in quello di Irene.
La sorella di Amelia, Muriel Morrissey, dichiarò che Irene non era, senza alcun dubbio, sua sorella. Qualche anno dopo la signora Irene, che in vita aveva sempre rifiutato qualsiasi legame con la Earhart morì, e venne cremata. Divenne quindi impossibile qualsiasi incrocio tra il Dna di Amelia e il suo.
Nel 1991 una squadra di ricerca, la Tighar, che indagava sul mistero della scomparsa di Lady Lindy, come era ormai soprannominata da tempo Amelia, in omaggio al primo trasvolatore dell’oceano, Lindhergh, scoprì a Gardner dei resti umani, compatibili con uno scheletro femminile. Accanto ai poveri resti c’erano una suola di scarpe, una bottiglia di liquore sicuramente americano e una scatola che probabilmente serviva a contenere un sestante.
Rimaneva comunque il mistero del ritrovamento di un solo scheletro, visto che di quello di Ted non c’era alcuna traccia. Il mistero, comunque, non venne risolto in alcun modo. E la storia di Amelia, l’eroina tanto amata dagli americani, rimane un mistero impenetrabile.
Nonostante tutto, ancora oggi c’è chi è disposto a perlustrare le zone del probabile ammaraggio alla ricerca di un indizio che possa svelare dove Lady Lindy terminò i suoi giorni
Lancillotto e Ginevra
Siamo nel VI secolo
Lancillotto è il figlio di re Ban di Benoic (Francia centrale) e della regina Elaine.
In seguito a una rivolta i tre devono fuggire. Il padre è gravemente ferito e mentre la madre lo soccorre il piccolo Lancillotto viene rapito dalla misteriosa Dama del Lago che lo porta nel suo regno magico, forse proprio in fondo a un lago, dove lo alleva.
Da questo momento il giovane si chiamerà Lancillotto del Lago.
A sedici anni Lancillotto chiede e ottiene dalla Dama il permesso di partire. Desidera raggiungere re Artù a Camelot (forse nel Galles) e diventare un suo cavaliere.
Ginevra discende da una nobile famiglia romana ed è la più bella donna dell'isola britannica. Giovanissima, viene fidanzata a re Artù.
Quando avvengono le nozze, lei porta in dote una grande tavola rotonda che appartiene a suo padre
Intorno a questa Tavola Rotonda si riuniranno i Cavalieri.
Lancillotto, subito al suo arrivo a corte, si innamora della regina e una delle sue prime avventure è proprio quella di liberarla.
Ginevra infatti è stata rapita da un nemico del re, il perfido Meleagant. Allo scopo di salvare la regina Lancillotto deve sottostare a un grave disonore ed essere dileggiato da tutti. Infatti subisce un ricatto: gli diranno dove Ginevra è tenuta prigioniera solo se salirà sulla 'carretta' adibita al trasporto dei malfattori al patibolo.
L'amore gli fa vincere questa e altre prove e alla fine libererà la donna e ucciderà Meleagant.
Ginevra ritorna a Camelot da Artù, ma si è innamorata del suo salvatore.
E' con la complicità di Galehault, il signore delle Terre Lontane grande amico di Lancillotto, che i due amanti si scambiano il primo bacio e in seguito si incontrano segretamente.
La relazione viene rivelata ad Artù, che li sorprende insieme. Lancillotto riesce a fuggire, Ginevra viene condannata al rogo.
Certo che Lancillotto cercherà di salvare la donna, Artù manda i suoi cavalieri a difendere la pira, ma Lancillotto arriva in tempo e molti di loro muoiono in questo combattimento.
Ci sono poi congiure e tradimenti, ormai non esiste più la pace nel regno.
Quando re Artù muore , sulla sua tomba i due amanti si scambiano l'ultimo bacio. Il loro amore è stato la causa di dolore e della distruzione e fine della Tavola Rotonda. E fanno voto di non rivedersi più per tutta la vita. Ginevra si ritira in un convento e Lancillotto diventa eremita.
Una notte, Lancillotto sogna che Ginevra sta morendo. Decide di raggiungere il convento dove lei è badessa. Ginevra prega di morire prima del suo arrivo, e così avviene. Per pochi minuti non si rivedono in vita, come avevano giurato.
Lancillotto è il figlio di re Ban di Benoic (Francia centrale) e della regina Elaine.
In seguito a una rivolta i tre devono fuggire. Il padre è gravemente ferito e mentre la madre lo soccorre il piccolo Lancillotto viene rapito dalla misteriosa Dama del Lago che lo porta nel suo regno magico, forse proprio in fondo a un lago, dove lo alleva.
Da questo momento il giovane si chiamerà Lancillotto del Lago.
A sedici anni Lancillotto chiede e ottiene dalla Dama il permesso di partire. Desidera raggiungere re Artù a Camelot (forse nel Galles) e diventare un suo cavaliere.
Ginevra discende da una nobile famiglia romana ed è la più bella donna dell'isola britannica. Giovanissima, viene fidanzata a re Artù.
Quando avvengono le nozze, lei porta in dote una grande tavola rotonda che appartiene a suo padre
Intorno a questa Tavola Rotonda si riuniranno i Cavalieri.
Lancillotto, subito al suo arrivo a corte, si innamora della regina e una delle sue prime avventure è proprio quella di liberarla.
Ginevra infatti è stata rapita da un nemico del re, il perfido Meleagant. Allo scopo di salvare la regina Lancillotto deve sottostare a un grave disonore ed essere dileggiato da tutti. Infatti subisce un ricatto: gli diranno dove Ginevra è tenuta prigioniera solo se salirà sulla 'carretta' adibita al trasporto dei malfattori al patibolo.
L'amore gli fa vincere questa e altre prove e alla fine libererà la donna e ucciderà Meleagant.
Ginevra ritorna a Camelot da Artù, ma si è innamorata del suo salvatore.
E' con la complicità di Galehault, il signore delle Terre Lontane grande amico di Lancillotto, che i due amanti si scambiano il primo bacio e in seguito si incontrano segretamente.
La relazione viene rivelata ad Artù, che li sorprende insieme. Lancillotto riesce a fuggire, Ginevra viene condannata al rogo.
Certo che Lancillotto cercherà di salvare la donna, Artù manda i suoi cavalieri a difendere la pira, ma Lancillotto arriva in tempo e molti di loro muoiono in questo combattimento.
Ci sono poi congiure e tradimenti, ormai non esiste più la pace nel regno.
Quando re Artù muore , sulla sua tomba i due amanti si scambiano l'ultimo bacio. Il loro amore è stato la causa di dolore e della distruzione e fine della Tavola Rotonda. E fanno voto di non rivedersi più per tutta la vita. Ginevra si ritira in un convento e Lancillotto diventa eremita.
Una notte, Lancillotto sogna che Ginevra sta morendo. Decide di raggiungere il convento dove lei è badessa. Ginevra prega di morire prima del suo arrivo, e così avviene. Per pochi minuti non si rivedono in vita, come avevano giurato.
Nel Valhalla degli eroi oggi si festeggia un grande "Paolo Borsellino"
NAMASTE' a un uomo che aveva fatto dell'onore un suo vessillo e una ragione di vita
Ucciso da uomini che del disonore hanno fatto una costante di vita
e che nascosti dietro prezzolati ignobili (amici) continuano impuniti a mostrasi pubblicamente
UN EROE DA NON DIMENTICARE ...MAI!!!
Paolo Borsellino (Palermo, 19 gennaio 1940 – Palermo, 19 luglio 1992) è stato un magistrato italiano.
Assieme all'amico e collega Giovanni Falcone è considerato fra gli eroi simbolo della lotta alla mafia.
Fu assassinato con alcuni uomini della scorta nella strage mafiosa di via d'Amelio. i cinque agenti di scorta Emanuela Loi (prima donna della Polizia di Stato caduta in servizio), Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.
L'unico sopravvissuto fu Antonino Vullo, scampato perché al momento della deflagrazione stava parcheggiando uno dei veicoli della scorta
FRASE DI Paolo Borsellino che dovrebbe far pensare « L'equivoco su cui spesso si gioca è questo: si dice quel politico era vicino ad un mafioso, quel politico è stato accusato di avere interessi convergenti con le organizzazioni mafiose, però la magistratura non lo ha condannato, quindi quel politico è un uomo onesto. E NO! questo discorso non va, perché la magistratura può fare soltanto un accertamento di carattere giudiziale, può dire: beh!
Ci sono sospetti, ci sono sospetti anche gravi, ma io non ho la certezza giuridica, giudiziaria che mi consente di dire quest'uomo è mafioso.
Però, siccome dalle indagini sono emersi tanti fatti del genere, altri organi, altri poteri, cioè i politici, le organizzazioni disciplinari delle varie amministrazioni, i consigli comunali o quello che sia, dovevano trarre le dovute conseguenze da certe vicinanze tra politici e mafiosi che non costituivano reato ma rendevano comunque il politico inaffidabile nella gestione della cosa pubblica.
Questi giudizi non sono stati tratti perché ci si è nascosti dietro lo schermo della sentenza: questo tizio non è mai stato condannato, quindi è un uomo onesto.
Ma dimmi un poco, ma tu non ne conosci di gente che è disonesta, che non è stata mai condannata perché non ci sono le prove per condannarla, però c'è il grosso sospetto che dovrebbe, quantomeno, indurre soprattutto i partiti politici a fare grossa pulizia, non soltanto essere onesti, ma apparire onesti, facendo pulizia al loro interno di tutti coloro che sono raggiunti comunque da episodi o da fatti inquietanti, anche se non costituenti reati. »
Alcuni avvenimenti precedenti Antonino Caponnetto, che subito dopo la strage aveva detto, sconfortato, "Non c'è più speranza...", intervistato anni dopo da Gianni Minà ricordò che "Paolo aveva chiesto alla questura – già venti giorni prima dell'attentato – di disporre la rimozione dei veicoli nella zona antistante l'abitazione della madre.
Ma la domanda era rimasta inevasa. Ancora oggi aspetto di sapere chi fosse il funzionario responsabile della sicurezza di Paolo, se si sia proceduto disciplinarmente nei suoi confronti e con quali conseguenze.
Riferendosi al CSM, Paolo Borsellino dichiarò tra l'altro espressamente: "si doveva nominare Falcone per garantire la continuità all'Ufficio", "hanno disfatto il pool antimafia", "hanno tolto a Falcone le grandi inchieste", "la squadra mobile non esiste più", "stiamo tornando indietro, come 10 o 20 anni fa".
Per queste dichiarazioni rischiò un provvedimento disciplinare (fu messo sotto inchiesta).
A seguito di un intervento del Presidente della Repubblica Francesco Cossiga, si decise almeno di indagare su ciò che succedeva nel palazzo di Giustizia.
Una settimana dopo la strage, la giovanissima testimone di giustizia Rita Atria, che proprio per la fiducia che riponeva nel giudice Borsellino si era decisa a collaborare con gli inquirenti pur al prezzo di recidere i rapporti con la madre, si uccise (forse) Il Gip di Caltanissetta, Alessandra Bonaventura Giunta, ritiene che la trattativa stato mafia ci sia stata e che Paolo Borsellino fu ucciso perché secondo il boss Totò Riina, ostacolava questa trattativa,: « "deve ritenersi un dato acquisito quello secondo cui a partire dai primi giorni del mese di giugno del 1992 fu avviata la cosiddetta 'trattativa' tra appartenenti alle istituzioni e l'organizzazione criminale Cosa nostra". »
UN EROE DA NON DIMENTICARE ...MAI!!!
Paolo Borsellino (Palermo, 19 gennaio 1940 – Palermo, 19 luglio 1992) è stato un magistrato italiano.
Assieme all'amico e collega Giovanni Falcone è considerato fra gli eroi simbolo della lotta alla mafia.
Fu assassinato con alcuni uomini della scorta nella strage mafiosa di via d'Amelio. i cinque agenti di scorta Emanuela Loi (prima donna della Polizia di Stato caduta in servizio), Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.
L'unico sopravvissuto fu Antonino Vullo, scampato perché al momento della deflagrazione stava parcheggiando uno dei veicoli della scorta
FRASE DI Paolo Borsellino che dovrebbe far pensare « L'equivoco su cui spesso si gioca è questo: si dice quel politico era vicino ad un mafioso, quel politico è stato accusato di avere interessi convergenti con le organizzazioni mafiose, però la magistratura non lo ha condannato, quindi quel politico è un uomo onesto. E NO! questo discorso non va, perché la magistratura può fare soltanto un accertamento di carattere giudiziale, può dire: beh!
Ci sono sospetti, ci sono sospetti anche gravi, ma io non ho la certezza giuridica, giudiziaria che mi consente di dire quest'uomo è mafioso.
Però, siccome dalle indagini sono emersi tanti fatti del genere, altri organi, altri poteri, cioè i politici, le organizzazioni disciplinari delle varie amministrazioni, i consigli comunali o quello che sia, dovevano trarre le dovute conseguenze da certe vicinanze tra politici e mafiosi che non costituivano reato ma rendevano comunque il politico inaffidabile nella gestione della cosa pubblica.
Questi giudizi non sono stati tratti perché ci si è nascosti dietro lo schermo della sentenza: questo tizio non è mai stato condannato, quindi è un uomo onesto.
Ma dimmi un poco, ma tu non ne conosci di gente che è disonesta, che non è stata mai condannata perché non ci sono le prove per condannarla, però c'è il grosso sospetto che dovrebbe, quantomeno, indurre soprattutto i partiti politici a fare grossa pulizia, non soltanto essere onesti, ma apparire onesti, facendo pulizia al loro interno di tutti coloro che sono raggiunti comunque da episodi o da fatti inquietanti, anche se non costituenti reati. »
Alcuni avvenimenti precedenti Antonino Caponnetto, che subito dopo la strage aveva detto, sconfortato, "Non c'è più speranza...", intervistato anni dopo da Gianni Minà ricordò che "Paolo aveva chiesto alla questura – già venti giorni prima dell'attentato – di disporre la rimozione dei veicoli nella zona antistante l'abitazione della madre.
Ma la domanda era rimasta inevasa. Ancora oggi aspetto di sapere chi fosse il funzionario responsabile della sicurezza di Paolo, se si sia proceduto disciplinarmente nei suoi confronti e con quali conseguenze.
Riferendosi al CSM, Paolo Borsellino dichiarò tra l'altro espressamente: "si doveva nominare Falcone per garantire la continuità all'Ufficio", "hanno disfatto il pool antimafia", "hanno tolto a Falcone le grandi inchieste", "la squadra mobile non esiste più", "stiamo tornando indietro, come 10 o 20 anni fa".
Per queste dichiarazioni rischiò un provvedimento disciplinare (fu messo sotto inchiesta).
A seguito di un intervento del Presidente della Repubblica Francesco Cossiga, si decise almeno di indagare su ciò che succedeva nel palazzo di Giustizia.
Una settimana dopo la strage, la giovanissima testimone di giustizia Rita Atria, che proprio per la fiducia che riponeva nel giudice Borsellino si era decisa a collaborare con gli inquirenti pur al prezzo di recidere i rapporti con la madre, si uccise (forse) Il Gip di Caltanissetta, Alessandra Bonaventura Giunta, ritiene che la trattativa stato mafia ci sia stata e che Paolo Borsellino fu ucciso perché secondo il boss Totò Riina, ostacolava questa trattativa,: « "deve ritenersi un dato acquisito quello secondo cui a partire dai primi giorni del mese di giugno del 1992 fu avviata la cosiddetta 'trattativa' tra appartenenti alle istituzioni e l'organizzazione criminale Cosa nostra". »
I colossi di Memnone
L’antica Tebe ha oggi un nome moderno,Luxor.
E qui ci sono due statue,chiamate impropriamente colossi di Memnone,che per secoli hanno affascinato i visitatori.
A loro è legata una storia dal sapore leggendario,ma che viceversa è ben documentata storicamente.
Amenofis III,nel XV secolo AC,costruì un tempio,oggi praticamente scomparso,e all’ingresso pose le due statue,con ai piedi due statue più piccole,raffiguranti la moglie Ty e la madre.
Le due statue più grandi,raffiguranti lo stesso faraone,avevano lo sguardo rivolto verso il sole nascente,ed erano composte di quarzite,minerale proveniente dalla piana di Giza.
Il tempio attirava folle di fedeli,e con il passare dei secoli,e il successivo deterioramento delle stesse,avvenne un fenomeno singolare.
La mattina,al sorgere del sole,dalle statue si diffondeva un suono armonico,melodioso.
Fu così che i primi visitatori greci ribattezzarono le statue con il nome di Memnone,mitologico figlio di Titone e della dea Eos,la dea dell’alba.
Quando Memnone morì,nell’assedio di Troia,Eos,inconsolabile,pianse suo figlio ogni mattina,al sorgere del sole.
Così,i visitatori greci,ribattezzarono in suo nome le due statue colossali,ritenendo che il suono venisse provocato da Eos che piangeva suo figlio.
La fama del fenomeno crebbe a dismisura,e furono tantissimi i visitatori che poterono apprezzarlo.
Tra loro ci fu l’imperatore romano Settimio Severo,che,stupefatto,cercò di capire l’origine del fenomeno.
Diede ordine che le statue venissero riparate,con conseguenze disastrose:del fenomeno non rimase più traccia.
Oggi sappiamo che la quarzite,con la rugiada del mattino,riscaldata,vibra ed emette suoni.
Ma mi piace pensare che una mamma,anticamente,abbia pianto per suo figlio,levando il suo lamento ogni giorno,al sorgere del sole.