mercoledì 4 dicembre 2013

Pegaso


Pegaso è una creatura leggendaria della mitologia greca, forte e 
potente nella corsa, ha grandi ali che gli permettono di spiccare il volo. 
Animale selvaggio e libero, è il più famoso dei cavalli alati. Sua madre era Medusa, la Gorgone famosa in gioventù per la sua bellezza, in particolare per le sue chiome fluenti. Fu avvicinata da molti pretendenti, ma quello che la fece sua fu Poseidone, che era sia Dio del mare che dei cavalli. Sfortunatamente però, la seduzione ebbe luogo nel tempio di Atena. 
Furibonda per l’oltraggio subìto nel suo tempio, la dea Atena trasformò Medusa in un mostro con la testa ricoperta di serpenti, il cui sguardo poteva mutare gli uomini in pietra. 
La leggenda narra che Perseo, figlio di Zeus e Danae, con l’aiuto di Hermes ed Atena, provvisto di un elmo che rendeva invisibili, di una magica sacca e d’un paio di calzari alati, riuscì a recidere la testa della Gorgone Medusa, dal cui tronco sorse Pegaso.
 L’unione di un corpo terrestre, esteticamente puro, come quello di un cavallo, e di ali, attributi celesti legati nell’immaginario agli Angeli, hanno dato vita ad un’indimenticabile ed eterna figura. 

Secondo il mito, Pegaso nacque dal terreno bagnato dal sangue versato, quando Perseo decapitò Medusa. Secondo un’altra versione, Pegaso sarebbe balzato direttamente fuori dal collo tagliato della Medusa, insieme a Crisaore. Il nome Pegaso viene dalla parola greca pegai, che significa “sorgenti” o “acque”. Il nome Crisaore significa “spada dorata”, a descrizione dell’arma che aveva in mano al momento della nascita.


Non casualmente Pegaso nasce dalla Gorgone, che altro non è se non l’immagine data dagli Elleni alla dea libica Neith, alla Grande Madre. Quanto al cavallo, originariamente era un animale ctonio associato alla Grande Madre, che sorgeva dalle viscere della terra o dagli abissi del mare. Figlio della notte, era come la Grande Dea, portatore di vita e morte, legato all’acqua di cui conosceva i cammini sotterranei, e per questa ragione aveva tradizionalmente il dono di far scaturire sorgenti con un colpo del suo zoccolo. Successivamente, con l’avvento della religione patriarcale indoeuropea, venne associato a Poseidone. 
Si nota come la leggenda della nascita di Pegaso da Medusa, fecondata da Poseidone, ricorda pur con molte differenze, quella dello stesso dio che genera Arione in Demetra, trasformatasi non casualmente in una giumenta.
 Ambedue i miti descrivono come gli Elleni devoti a Poseidone sposassero a forza le sacerdotesse della Luna, senza lasciarsi impaurire dalle loro maschere di Medusa, ed assumessero il controllo dei riti propiziatori di pioggia e del culto del cavallo sacro. Per questo motivo si narrava che il primo cavallo fosse stato creato da Poseidone quando, in gara con Atena per il possesso dell’Attica, lo aveva fatto scaturire dalla terra. E non a caso si favoleggiava che Pegaso balzato dal collo di Medusa, si era abbeverato alla fonte Pirene, sulla strada che conduceva al santuario di Poseidone.


Appena generato, Pegaso volò sul monte Elicona: nella famosa gara di canto tra le Muse e le Pieridi, Pegaso colpì con uno zoccolo il monte, che si era ingigantito fino a minacciare il cielo, dopo aver udito il celestiale canto delle Dee. 
Dal punto colpito dallo zoccolo di Pegaso nacque una sorgente, chiamata Ippocrene, o “sorgente del cavallo”, alla quale le Muse si dissetavano nutrendo la loro ispirazione, per poi volare alla volta dell’Olimpo cantando con voce sublime. Sicché, Pegaso, che aveva fatto sgorgare la sorgente delle Muse, diventò l’emblema dell’immaginazione creatrice, del furore poetico. Allo stesso modo, Pegaso fece scaturire una sorgente a Trezene. 

Connessa a Pegaso, è anche la leggenda di Bellerofonte, nipote di Sisifo occhio-di-lince, che aveva un unico sogno nella vita: galoppare su Pegaso, il cavallo alato.
 Un giorno Bellerofonte, trovò Pegaso che si stava abbeverando, e lo ammansì con briglie dorate avute in dono da Atena per compiere un’impresa disperata, uccidere la Chimera. 
La leggenda narra che Bellerofonte si sarebbe attirato l’odio di Zeus per aver osato, cavalcando il suo Pegaso, dare la scalata al cielo, credendosi, forte dei suoi numerosi successi, immortale. 
Zeus mandò allora un insetto che punse e fece infuriare Pegaso, che disarcionò e determinò la caduta dell’eroe in un roveto. E mentre Bellerofonte, ferito e solitario vagava tristemente per la terra, punito per la sua ambizione, Pegaso ritornò tra gli Dèi, venne da Zeus alloggiato nelle antiche stalle del monte Olimpo e fu da allora utilizzato per trasportare le folgori forgiate dai Ciclopi. Infine, per ricordarne la funzione, Zeus volle donargli l’immortalità ponendolo, per l’eternità, nel firmamento. 
Terminate le sue imprese, Pegaso prende dunque il volo verso la parte più alta del cielo e si trasforma in una nube di stelle scintillanti, che hanno in seguito formato una costellazione.


Con il nome di Pegaso sono definite anche numerose figure mitologiche minori, e che sono in realtà, tutte deformazioni del Pegaso greco.
 In generale, ogni figura, mitologica o araldica, corrispondente ad un cavallo alato viene chiamata Pegaso. 
Nella letteratura latina Plinio descrive, come Pegasi, degli uccelli dell’Etiopia con teste di cavallo. Sempre Plinio, descrive sotto lo stesso nome un cavallo dotato di ali e corna. 
Per Giulio Solino e Pomponio Mela, sarebbe invece un uccello con orecchie di cavallo.

 SIMBOLOGIA

 Le antiche tradizioni dei popoli dell’Europa continentale hanno conservato, nella letteratura e nel senso magico della natura, l’immagine del cavallo come animale dai poteri misteriosi, poteri che suppliscono a quelli dell’uomo, quand’essi si arrestano al momento della morte. In tal senso, si ritrova il cavallo che svolge molteplici funzioni peculiari degli sciamani, soprattutto grazie alla credenza che l’animale fosse un profondo conoscitore dell’Oltretomba. 
In non poche leggende, inoltre, il cavallo assunse la valenza della manifestazione della morte, parimenti alla figura di una tetra donna scheletrica che impugna la falce, tipica espressione nel folklore europeo.

 Il cavallo, particolarmente nelle antiche tradizioni dei popoli mediterranei, ascese, nelle valenze sia fisiche che spirituali, anche a simbolo di giovinezza e di forza generatrice.
 La sua raffigurazione assunse il valore sia ctonio che uranico, tellurico e celeste insieme. In tale senso l’animale divenne simbolo di potenza sessuale.
 Anche ora certi termini come “puledro” o “giumenta” possono assumere un significato erotico, che ha la stessa ambiguità linguistica del verbo “cavalcare”. Peraltro, come il cavallo maschio ha rappresentato la forza sessuale fecondante, l’istinto e lo spirito, la giumenta ha incarnato il ruolo della terra-madre nella ierogamia fondamentale cielo-terra, che costantemente ha presieduto alle tradizioni magico-religiose degli antichi popoli del Mediterraneo dediti all’agricoltura. 

Le antiche popolazioni celtiche ravvisarono nel cavallo i pregi della forza fisica e della velocità.
 Il cavallo fu la cavalcatura del dio del vento Baerh, divinità molto citata nelle saghe islandesi dei primi secoli: i suoi otto cavalli corrisposero agli otto venti principali che devastavano o che accarezzavano le coste islandesi.
 In un capitello presente nel duomo della città di Tavant, è raffigurato un uomo sopra un destriero alato che insegue una figura femminile in groppa ad un serpente. 
Nell’Irlanda primitiva sembra anche che il cavallo sia stato il simbolo della longevità, della protezione e della vecchiaia vissuta con saggezza. 
Nella religione islamica il cavallo fu considerato il simbolo del vento, del tempo e degli impetuosi desideri umani. 
Il suo simbolismo si collega per certi versi al mito greco del vento Borea, il quale generò dei cavalli aeriformi e velocissimi, unendosi ad una delle Erinni, ad una delle Arpie e con le giumente d’Erittonio. Un altro aspetto solare e positivo del simbolismo equino fu in relazione al tema della bellezza e del potere, ottenuti dall’uomo attraverso il dominio dello spirito sui sensi. 
Così visto, il cavallo diventò emblema della regalità. 

Dal punto di vista psicanalitico, secondo la metodica junghiana, è un’espressione dell’inconscio. Altre scuole psicanalitiche hanno individuato nell’animale il significato della psiche che trascende l’umanità, altre ancora l’hanno collegato ad una manifestazione dell’impetuosità dei desideri e delle passioni. In particolare, il cavallo di colore bianco rappresenterebbe l’istinto umano controllato (teoria psicanalitica del “cavallo celeste”), già in precedenza controllato e sublimato, foriero delle più nobili conquiste spirituali e morali dell’uomo. Si pensa che il cavallo abbia costituito uno degli archetipi fondamentali della mente e della memoria dell’uomo. 
Il suo simbolismo si estende in due poli distinti, sia verso l’alto che verso il basso, e passa con la stessa prontezza dalle tenebre alla luce, dalla morte alla vita, dagli istinti all’azione. Sintetizza pertanto gli opposti in una manifestazione continua, facendo dell’animale un’idea concretizzata totalmente universale.


Secondo l’ottica archetipica, il cavallo è associato alle tenebre del mondo ctonio, sia che l’animale emerga dalle viscere della terra, sia che scaturisca dagli abissi oceanici, ed è considerato figlio della notte e del mistero, significatore di morte e di vita insieme.
 È connesso sia al fuoco, come spesso è indicato in gran parte della mitologia nordica ed europea continentale, che all’acqua, come nei miti classici greco-levantini, l’animale si eleva in alto verso la dimora degli Dèi, in piena luce. 
Diviene luminoso, solare o uranico.
 È il veicolo principale del trasporto delle anime degli eroi nel paradiso nordico del Wahallah, cavalcatura preferita dalle Valchirie solari. 
In un secondo significato, invece, il cavallo diviene animale tenebroso e lunare. È il mezzo di trasporto delle anime dei morti nell’Ade greco, negli Inferi, nella profondità delle viscere della terra. È alleato primario delle divinità del sonno eterno e, sotto tale aspetto, fa testo la tradizione della cosiddetta “caccia selvaggia”, protrattasi nell’Europa occidentale per tutto il corso del Medioevo, che vuole i Demoni (anche la dea Diana o il dio nordico Odino) cavalcare di notte feroci e demoniaci destrieri, a caccia di anime da rapire per poi scagliarle nel più profondo inferno. 
Nondimeno il cavallo, nelle antiche tradizioni, non fu considerato un animale come gli altri e la sua vita, o il suo destino, fu percepita come inseparabile da quella dell’uomo. 
Nella mitologia greca i cavalli sono simboli ricorrenti di lealtà e coraggio. Il cavallo diviene l’attributo principale del dio Apollo, nella sua qualità d’auriga della biga solare. I cavalli trainano il carro del sole, e all’astro sono consacrati.
 La vitalità e la forza del cavallo, unite alla capacità di volare e quindi di svincolarsi dal peso della gravità, fanno di Pegaso un simbolo della vita spirituale dell’artista e della sua ispirazione che si eleva indomabile, incurante di qualsiasi ostacolo terreno.


Pegaso rappresenta non tanto la fusione del mondo celeste e di quello sotterraneo, quanto la sublimazione dall’uno all’altro, infatti Pegaso fu eternato come cavallo celeste (regge i fulmini di Zeus), ma fu anche rappresentato con un’origine ctonia, essendo nato dagli amori di Poseidone con una Gorgone. 
In tal senso si potrebbe affermare che il cavallo simboleggiò la sublimazione dell’istinto umano, e l’uomo in questo caso non fu considerato un veggente, uno sciamano posseduto dalla divinità, bensì un iniziato alla saggezza divina la quale, attraverso lui, a noi si manifesta. 
È un simbolo d’innalzamento verso Dio e, sostanzialmente, un elemento d’elevazione spirituale. 
Infine, il messaggio che ci trasmette il mito di Perseo è che, per non soccombere all’energia pietrificante che coagula (che è quella sessuale) e alle paure inconsce, non bisogna lottare direttamente (Perseo non deve incrociare lo sguardo di Medusa), ma occorre la riflessione (il riflesso dello specchio), la conoscenza della natura superiore ed inferiore (Jung direbbe l’ombra), e così possono essere superate le prove, al fine di liberare infine se stesso, come il Pegaso alato. 
Pegaso è indubbiamente un simbolo di positività, di bellezza, di energia, di potenza… simboleggia l’acqua celeste, le grosse nubi che salgono rapidamente dal mare al cielo spazzando via il cattivo tempo; la Chimera, invece, rappresenta le furie temporalesche prodotte dalle perturbazioni atmosferiche.
 Pegaso è dunque il bene che sconfigge il male.

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