venerdì 20 dicembre 2013

Il mistero dei tubi di Baigong


L’antica Cina aveva un apparato tecnico e tecnologico all’avanguardia per le civiltà del tempo, tuttavia una scoperta del 2002 appare tanto improbabile da far sì che la scienza ufficiale non abbia ancora spiegazioni plausibili al riguardo. 
 Nei pressi del Monte Baigong, infatti, a circa 40 km a sud-est della città di Deligha, nella provincia di Qinghai, è stata ritrovata una serie di condotti anomali che suggeriscono un livello di tecnologia inconcepibile per la loro datazione, tanto da far classificare questo reperto come un Oopart.
 La popolazione locale conosce da secoli la presenza di "quegli strani tubi dentro alle grotte", facenti parte di un insieme di leggende legate al Monte Baigong e all’intervento di "esseri di fuori" (ovvero extraterrestri) che si sarebbero stabiliti per qualche tempo in quella regione, realizzando varie costruzioni, prima dell’insediamento da parte dell’uomo. 
 Effettivamente i tubi non sono l’unico reperto singolare, ma si collocano in una regione ricca di altre "stranezze".
 La leggenda della cosiddetta "piramide metallica" di Baigong è stata portata all’attenzione del largo pubblico nel giugno del 2006 dall’agenzia di stampa cinese Xinhua, che avrebbe riportato la notizia di un gruppo di scienziati che stava studiando le rovine di una sorta di piramide metallica, alta una sessantina di metri, sulla sponda meridionale di un lago salato, ai piedi del Monte Baigong Shan (2200 m s.l.m.). 
Questo e altri relitti la gente li indica come lasciati da extraterrestri. Il sito è stato rilevato ben prima, nel 1998, da un gruppo di scienziati statunitensi alla ricerca in realtà di tracce di fossili di dinosauri. 
Essi ne diedero tempestiva informazione al governo locale di Delingha, il quale, tuttavia, più che campagne di ricerca, promosse il sito ad attrazione turistica.


Nel 2002 fu pianificata una spedizione ufficiale promossa dal governo locale per indagare più a fondo i misteri della località. Purtroppo gli esiti non sono raccolti sotto forma di fonti dettagliate e scientifiche, bensì esiste una breve nota alquanto generica, tradotta in tutte le lingue e riportata originariamente sulla rivista Nexus, talvolta corredata da qualche foto e dalla localizzazione del sito, nel cuore della regione tibetana. 
Nell’unica immagine d’insieme disponibile, è evidente la presunta "piramide", benché troppo simile a una montagna d’origine naturale contraddistinta da strati geologici piuttosto piegati e contorti, e non a un manufatto. Tuttavia, non essendo disponibili altre fonti di paragone "indipendenti", non è possibile fugare ogni dubbio se questa costruzione e il reticolato di tubi siano ammissibili come effetto di un evento naturale dovuto all’erosione e agli eventi climatici, oppure si nasconda qualcosa di ben più misterioso.
 Questi strani tubi, poi, si trovano sia presso i versanti del monte che sparsi un po’ in tutta la regione. 
I principali sono vicino alle pendici del Monte Baigong, ove si aprono tre grotte, la più grande e la più accessibile (le altre sono del tutto crollate) alta circa otto metri e profonda sei. Al suo interno, corre un tubo di quaranta centimetri di diametro, di colore marrone-rossiccio. Un altro, all’incirca delle stesse dimensioni, si sviluppa nel terreno sotto il pavimento, sporgendo nella sua parte superiore. Sono stati individuati dozzine di tubi rettilinei, con diametri varianti tra i 10 e i 40 cm che fuoriescono dal monte, al di sopra della caverna più grande.


Non distante dalle pendici, è situato il lago Toson, sulla cui spiaggia sono presenti altri tubi di metallo dalle forme improbabili e con una grande varietà di diametri, tra i 2 e i 4,5 cm, tutti orientati lungo il medesimo asse est-ovest. Un altro gruppo si sviluppa in verticale, sia sporgendo che immergendosi al di sotto e al di sopra della superficie del lago. Altri tubi si trovano nel lago stesso: alcuni protesi oltre il pelo dell’acqua, altri sepolti sotto il letto roccioso.
 Le analisi svolte nella fonderia locale da Liu Shaolin, uno degli studiosi che ebbe il permesso di occuparsi dei reperti, hanno rilevato che in tali tubi vi è la presenza di un 30% di ossido di ferro, una gran quantità di diossido di silicio e di ossido di calcio, mentre il restante 8% è di un composto che non stato possibile identificare. Secondo Liu Shaolin questa rappresenterebbe la prova che tali tubi sarebbero antichissimi e probabilmente risalenti a una cultura aliena. La teoria della testimonianza aliena parve essere avvalorata dalla datazione a luminescenza di queste tubature metalliche, che le facevano risalire a circa 140-150 mila anni fa, sebbene la regione fu abitata a partire soltanto da 30 mila anni fa.
 Gli scettici, però, ritennero che per confermare una simile ipotesi servissero prove ben più convincenti e provarono a elaborare altre teorie maggiormente plausibili.
 Fu scartata l’eventualità che queste opere fossero costruite dalla manodopera di nomadi locali, che dunque avrebbero inventato un qualche dimenticato sistema di perforazione alquanto avveniristico.


In seguito si considerarono supposizioni legate a fenomeni naturali e climatici. 
Si congetturò che fratture causate dal sollevamento dell'altopiano Qinghai-Tibet avrebbero potuto lasciare il terreno crivellato da fessure tali da incanalare a forza il magma altamente pressurizzato. Tale magma, in combinazione con gli effetti chimici dei successivi processi geologici, molto probabilmente avrebbe potuto solidificarsi in tali strutture di ferro incastonate nella roccia. 
Questa teoria non è supportata da prove, se non che il giacimento petrolifero Qaidam non potrebbe esistere se la zona non fosse stata vulcanicamente attiva circa 150.000 anni fa (periodo che corrisponderebbe alla datazione dei tubi).
 Similmente, si potrebbe anche supporre che le fessure si siano riempite nel tempo durante le inondazioni grazie ai sedimenti ricchi di ferro: l'acqua e la presenza di gas idrogeno solforato si sarebbero induriti dando forma alle strutture metalliche tubolari odierne. 

Parallelamente, due ricercatori americani pubblicarono un articolo dichiarando di aver trovato strutture cilindriche nel suolo, che la termoluminescenza aveva datato 75-95 mila anni fa e la cui composizione chimica variava a seconda di dove e quando si fossero formati e in quale tipo di terreno.
 Tali tubature hanno un diametro di circa 70 cm e si trovano a un metro di profondità e, dopo studi dettagliati, si è riconosciuto che si siano create in seguito a una aggregazione di minerali di ferro attorno a radici di pino, ovvero non erano altro che calchi di radici fossilizzate a seguito di un particolare processo, il cui risultato, dopo secoli, dava l’immagine di una rete di tubi metallici incastrati in vario modo nel terreno, proprio come i tubi di Baigong.
 Gli scienziati cinesi vollero allora verificare se anche per le concrezioni di Baigon poteva essere valida la stessa teoria.
 Essi con una spettroscopia atomica condussero una dettagliata analisi chimica dei frammenti dei tubi e trovarono una componente di materia organica vegetale, cosa che poteva far supporre anche i tubi di Baigong fossero alberi fossilizzati, benché non fosse ancora loro chiaro come fossero arrivati lì (forse a seguito delle vicende del bacino Quidam, una volta un vasto lago e oggi scomparso e, nel corso dei millenni, riempito da vari tipi di detriti a cause delle alluvioni).
 Questa parrebbe, pertanto, la spiegazione più plausibile scientificamente del mistero dei tubi di Baigong benché, non essendoci una vasta gamma di prove ufficiali o possibilità di accedere liberamente al sito da parte degli scienziati, alcuni dubbi permangano ancora, pensando anche che quell’8% di componente chimico non è stato ancora spiegato. 

Tratto da : http://www.latelanera.com

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