lunedì 4 novembre 2013

Perché le piante vivono più a lungo degli animali



Abete rosso le cui radici hanno 9.550 anni, trovato in Svezia

Con circa 200 anni di vita media, la balena artica è forse l’animale più longevo al mondo, eppure la durata della sua esistenza impallidisce di fronte a quella di molte piante, che sopravvivono tranquillamente per secoli, se non millenni.
Come mai?
Il merito è di una popolazione di cellule staminali presenti nelle radici, meno sensibili ai danni che si accumulano nel Dna durante la divisione cellulare, che fornirebbero alle piante una maggiore resistenza all’invecchiamento.
Stando a uno nuovo studio dell’Università di Ghent, pubblicato sulle pagine della rivista Science Express, a regolare il funzionamento di queste cellule sarebbe una proteina, il fattore di trascrizione Erf115.
La crescita e lo sviluppo degli organismi (piante o animali che siano) dipende dalla continua produzione di nuove cellule, che vanno a sostituire quelle danneggiate.
È di questo si occupano le cellule staminali (chiamatemeristematiche nelle piante), strutture “indifferenziate” che mantengono la capacità di trasformarsi in altri tipi di cellule “specializzate” in caso di bisogno.
In tutte le cellule però, anche nelle staminali quindi, ogni nuovo ciclo di divisione cellulare porta all’accumulo di piccoli errori di copiatura nel materiale genetico, che a lungo andare ne compromettono il funzionamento.
Col tempo dunque le staminali perdono la loro capacità di sostituire le cellule malfunzionanti dell’organismo, causandone l’invecchiamento.
Accanto alle cellule meristematiche normali, nelle radici delle piante sono presenti anche dei nuclei di cellule staminali che si dividono più raramente (circa 3-10 volte meno delle altre), definite quindi quiescenti.
Subendo meno cicli di divisionecellulare, queste cellule risultano meno sensibili all’accumulo di danni all’interno del loro Dna.
“Le cellule staminali quiescenti mantengono una copia intatta del Dna, che può essere utilizzata per rimpiazzare le cellule danneggiate in caso di bisogno”, spiegaLieven De Veylder, ricercatore dell’università olandese che ha coordinato il nuovo studio.
“Anche negli animali è presente un meccanismo simile, ma quello delle piante è più ottimizzato.
È per questo che molte specie vegetali possono vivere per centinaia di anni, mentre per gli animali è molto raro”. La scoperta del team di Veylder è dunque che la transizione tra cellule staminalinormali e quiescenti è regolata da questo fattore di trascrizione.
Quando la pianta ha bisogno di rimpiazzare le cellule meristematiche, all’interno delle staminali quiescenti si attiva Erf115, dando il via alla produzione di un ormone, laphytosulfokine, che a sua volta attiva la divisione cellulare. Secondo i ricercatori, le piante riescono in questo modo a rispondere ai periodi di stress generando cellule staminali in maniera mirata, e mantenendo al contempo un serbatoio di cellule staminali “giovani” (che hanno subito meno divisioni e quindi un minor accumulo di danni al Dna) che garantiscono loro una maggiore longevità.

Pianetablunews

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