giovedì 14 novembre 2013

Le Moire : le dee del destino

“Cloto e Lachesi e Atropo, che ai mortali quando son nati danno da avere il bene e il male, che di uomini e dei i delitti perseguono; né mai le dee cessano dalla terribile ira prima d’aver inflitto terribile pena, a chiunque abbia peccato” 

 Esiodo 


Per Omero la Moira è una sola, mentre per Esiodo ed Igino sono tre (numero sacro): Cloto, la “filatrice” della vita; Lachesi, la “fissatrice della sorte” toccata all’uomo, ed Atropo, la “irremovibile”, fatalità della morte. 

Nella tradizione più antica, le tre Moire, che i romani chiamavano Parche, erano figlie di Zeus e di Temi (Ananke), e tessevano nelle loro mani i destini ineluttabili di ogni essere vivente, divinità comprese. 
Nessuno poteva cancellare ciò che le Moire avevano scritto, nemmeno Zeus. 
Esse aiutavano la Madre a mantenere il rispetto per l’ordine della Natura e della vita umana. Abitavano sull’Olimpo, in un palazzo di bronzo, sulle cui pareti incidevano i destini degli uomini ed il cammino degli astri. 
Da alcuni poeti erano rappresentate come vecchie e deformi, ma dall’arte figurativa venivano descritte come giovani dall’aspetto severo, vestite con dei lunghi pepli bianchi trapuntati di stelle: Cloto col fuso, Lachesi con un globo su cui indicava i destini, ed Atropo con una bilancia e delle forbici con cui troncare lo stame della vita.


Le tre dee filavano la vita degli uomini, e le loro personificazioni erano: 
 Cloto, la personificazione della nascita e del passato. Ella filava lo stame, ovvero tesseva da un fuso il filo della vita di ognuno. 
 Lachesi, personificazione della vita presente e del suo svolgimento. Ella girava il fuso per torcere il filo, e decideva le sorti della vita che stava filando: lo stame bianco misto ai fili d’oro per indicare i giorni felici, e lo stame nero misto ai fili d’oro per indicare i giorni di sventura, in sostanza annodava o sfilava il filo della vita. 
 Atropo, il destino finale, personificazione della morte. Era la più vecchia, e con delle grosse forbici recideva il filo della vita, determinando il momento irrevocabile della morte.

Nella Mitologia Greca le Moire presiedono ai tre momenti culminanti della vita umana: nascita, matrimonio e morte.
 La ineluttabilità cieca delle Moire è come una forza che frena il potere degli dei, espressione della fissità delle leggi fisiche e morali, come appare in Eschilo, soprattutto nell’Orestea, ed anche in Sofocle, ma successivamente i Greci concepirono il destino come placabile per mezzo dell’espiazione, specialmente con il diffondersi delle religioni misteriche e con l’orfismo.
 Le Moire ebbero culto dovunque, esse assomigliano alle Chere ma senza divenire, come queste, demoni violenti e sanguinari. 
Esse non ebbero mai un’esatta limitazione: ora appaiono sottoposte a Zeus, ora sono una forza incontrollabile, tenebrosa, che sovrasta tutti gli dei, non eccettuato Zeus. Ma Zeus, che pesa sulla bilancia le vite degli uomini ed informa le Moire delle sue decisioni, può, si dice, cambiar parere ed intervenire in favore di chi vuole, anche se il filo della vita di costui, filato dal fuso di Cloto e misurato da Lachesi, sta per essere reciso dalle forbici di Atropo. 

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