sabato 6 luglio 2013
Persepoli – la città segreta e superba capitale dei re Achemenidi
Di Persepoli, capitale cerimoniale dei Persiani achemenidi, fondata da Dario I intorno al 500 a. C. e distrutta da Alessandro Magno, rimangono imponenti rovine che sorgono a 50 chilometri da Shiraz, nella provincia del Fars e a più di 500 chilometri da Susa, la capitale amministrativa.
Che questa favolosa residenza dovesse apparire quanto mai fastosa e impressionante, ce ne dà conferma lo scrittore greco Plutarco quando racconta che Alessandro per trasportare a Ecbatana le ricchezze trovate a Persepoli dovette organizzare una carovana di 10 000 muli e 5 000 cammelli.
All’epoca dell’impero persiano l’accesso a Persepoli era proibito agli stranieri. Una sola volta l’anno, i re achemenidi tenevano un sontuoso ricevimento durante il quale gli emissari di rango più alto delle popolazioni sottomesse avevano il privilegio di inchinarsi davanti al trono reale, offrendo doni e tributi.
Questo avvenimento venne scolpito sulle mura di Persepoli, a memoria dei posteri.
Fu Alessandro magno a entrare a Persepoli come primo straniero in modo trionfale, e il suo ingresso segnò la fine di un’era e l’inizio di un’altra: la città venne incendiata e ridotta in cenere dal suo esercito, con disapprovazione del grande condottiero.
Nonostante ciò Persepoli, come poche città dell’antichità, conservò un aspetto maestoso e importante.
Fin dal Medioevo, il sito attirò l’attenzione dei viaggiatori europei. La prima descrizione dettagliata spetta al romano Pietro Della Valle, che di ritorno da un viaggio durato dodici anni (1614 – 1626), riportò dalla Mesopotamia anche alcune iscrizioni di Persepoli che aveva avuto cura di ricopiare. Nel XVII secolo, nuovi documenti vennero ad aggiungersi agli antichi: iscrizioni di Persepoli, infatti, furono copiate e divulgate dal matematico danese Carsten Niebuhr…..
Il sito monumentale di Persepoli mostra le tracce di un’architettura monumentale legata alla storia stessa dell’Impero Persiano.
La formazione di questo impero fu opera di Ciro II: i Persiani erano subentrati agli Elamiti nella regione di Anshan (la Parside classica, odierno Fars) e già da qualche generazione una casata appartenente al clan degli Achemenidi vi regnava col titolo di re Anschan (Teiste, capostipe del clan, regnò verso il 670 a. C.), imparentata e subordinata alla casa reale di Media.
Dopo essersi proclamato re dei Medi e dei Persiani, Ciro II nel 546 a. C. si impadronì della Lidia – il regno di Creso – poi delle città greche dell’Asia Minore. Infine, nel 539, anche Babilonia venne sconfitta e con essa egli si assicurò tutti i territori non solo mesopotamici, ma anche siro-palestinesi.
Le conquiste di Ciro furono ampliate dai suoi successori: nel 525, il figlio Cambise procedette all’annessione dell’Egitto e di Cipro. Dopo la sanguinosa lotta per il potere che seguì la morte di Cambise, l’usurpatore Dario I (521 – 485 a. C.), appartenente a un ramo collaterale degli Achemenidi, continuò e completò l’espansione dell’impero, pur dedicandosi soprattutto al suo rafforzamento strutturale.
Delle vecchie ideologie imperiali, anche l’Impero persiano continuò a utilizzare quella centripeta delle risorse e quella centrifuga dei servizi etico-politici.
I palazzi achemenidi – e quelli di persepoli ne sono l’esempio più esplicito – sono costruiti con materiali che affluivano da tutte le parti del mondo e da artigiani provenienti da ogni provincia dell’impero. Ciascun popolo contribuiva, con quanto ne aveva di meglio, alla costruzione del nucleo centrale dell’impero; viceversa, da questo nucleo centrale si diffondevano in tutto l’impero la sicurezza, il rispetto della legge, l’accordo col mondo divino, la civiltà.
Dario I elesse Susa (l’antica metropoli elamita) capitale amministrativa dell’impero, in quanto non solo dotata di più affermate strutture amministrative, ma anche collocata al confine tra le alte terre iraniche, armene e anatoliche e le basse terre siro-mesopotamiche, ovvero tra il mondo iranico e il mondo semitico, da sempre contrapposti e ora compresi entro un’unica formazione politica.
Per edificare la nuova capitale, che doveva in qualche modo rappresentare il simbolo dei fasti imperiali, Dario I scelse la bella pianura di Marv Dasht, nel Paese di Anshan, dominata da uno sperone roccioso del monte Kuh-i-Rahmat. Tuttavia, il grande re non poté vedere il compimento dell’opera da lui iniziata: la colossale opera fu difatti continuata da suo figlio Serse, poi dal nipote Artaserse.
Il complesso di Persepoli, comunque, non fu mai ultimato: nel 330 a. C. un violento incendio, causato non si sa se per dolo o per accidente dell’esercito di Alessandro il Grande, mise definitivamente fine alla sua esistenza.
L’Impero Persiano era allora composto da 20 province o satrapie, i cui rappresentanti venivano a Persepoli per il Nuovo Anno (che nel calendario mazdeo - religione di Ahura Mazda e del profeta Zarathustra – corrisponde all’equinozio di primavera), carichi di tributi e offerte per il sovrano.
Le delegazioni delle nazioni vassalle e così pure i viaggiatori della fine del XIX secolo, giungevano a Persepoli a cavallo. I cavalieri si fermavano ai piedi di un’immensa terrazza sulla quale sorgevano gli edifici monumentali: la piattaforma stessa misura 450 per 300 metri, si eleva al di sopra della pianura circostante con un’altezza variabile da 8 a 18 metri ed è costituita da enormi blocchi calcarei squadrati con cura.
Una gigantesca scalinata, composta da due rampe divergenti, parallele al muro di sostegno, conduce alla spianata superiore, dove subito si incontra la Porta delle Nazioni, costruita da Serse I e protetta a est e a ovest da due geni alati – dal corpo taurino e con testa umana barbuta e ornata della tiara regale – che risentono fortemente dell’influsso di analoghi modelli assiri.
Al di sopra di ciascuno di essi compare un’iscrizione cuneiforme in cui Serse dichiara: ”Ahura Mazda è un grande Dio: ha creato al terra, il cielo, l’uomo, all’uomo ha dato la felicità, ha fatto Serse unico re su migliaia di uomini… Questo portico… da cui si scorgono tutti i paesi, l’ho costruito come molti altri monumenti, come li costruiva mio padre e quest’opera magnifica e tutti questi splendidi edifici li abbiamo eretti per la grazia di Ahura Mazda…. Che Ahra Mazda lì protegga!”
I nobili persiani e medi che arrivavano da questo ingresso monumentale si dirigevano allora verso sud, in direzione dell’Apadana, la sala riservata alle udienze ufficiali del re.
Questa imponente struttura, costruita da Dario e completata da Serse, comprendeva un ambiente centrale a pianta quadrata di 75 metri di lato; trentasei colonne, alte circa 20 metri e disposte su sei file, scandivano lo spazio interno. Su queste colonne – di cui solo alcune rimangono tuttora in piedi e ognuna delle quali era sormontata da un capitello a forma di due teste di toro, di leone, o di grifone (tradizionale simbolo di equilibrio per i Babilonesi e gli Elamiti) – poggiava un soffitto in legno di cedro libanese, trasportato nel Fars da quel lontano Paese vassallo dell’Impero.
Tre lati della sala si aprivano su altrettanti portici costituiti da due file di sei colonne: il quarto lato dava invece su vani annessi e su una rampa di scale che conduceva alla terrazza superiore.
All’Apadana si accedeva salendo due scalinate monumentali poste sui due lati est e nord: ambedue sono interamente decorate con bassorilievi che riportano una lunga teoria di dignitari persiani, medi e susini, accompagnati da fanteria, cavalleria e arcieri, che marciano incontro a una processione di vassalli provenienti da tutte le province dell’impero per offrire tributi al re, in occasione della festa del Nuovo Anno.
Ognuno dei gruppi etnici che formano la processione è preceduto da un dignitario medio o persiano. La caratterizzazione etnica e di costume dei vari componenti è talmente precisa che è possibile identificare, nella maggior parte dei casi, il luogo di provenienza di ciascun gruppo.
Separati gli uni dagli altri da cipressi, gli alberi della vita, si vedono così sfilare gli Etiopi, i Babilonesi, gli Indiani, i Libici e molti altri.
Al centro della scala è rappresentato Ahura Mazda sotto forma di divinità alata al di sopra del disco solare, mentre alle estremità delle rampe si ritrova lo stesso motivo del leone che attacca il toro. I bassorilievi mostrano come Persepoli fosse interamente dedicata alla potenza del re achemenide, alle celebrazione del Nuovo Anno sotto la sua egida e affidata alla protezione del dio Ahura Mazda, sotto la quale si svolgevano questi avvenimenti.
Dietro l’Apadana, a nord, sorge il palazzo edificato da Dario. Si accedde alla terrazza su cui è costruito tramite due scalinate decorate con scene rappresentanti le guardie del re (i terribili “Immortali”, così chiamati perché ogni qual volta ne moriva uno veniva immediatamente sostituito da un altro) e i vassalli recanti le offerte.
Il palazzo è costituto da una sala centrale ipostila preceduta da un portico a 16 colonne e fiancheggiata da piccoli ambienti. Le lastre di porfido grigio che rivestivano le pareti della sala erano state rese così lucide che le hanno valso il nome di “Sala degli Specchi”.
I rilievi sulle sei porte di questa sala mostrano il re in diverse situazioni: in marcia, scortato da servitori, oppure in lotta contro un leone o un animale mitico, a simboleggiare la potenza del sovrano sullo spirito del male.
Uscendo dal “Tripylon” (il triplo portale) si giunge finalmente all’immensa Sala delle Cento Colonne, che occupa tutta la parte nord-est della terrazza: l’edificio fu costruito da Serse I e portato a termine da Artaserse I.
Esso comprende una sala centrale, a pianta quadrata, di 75 metri di lato, in cui si ergevano, come una vera selva, ben cento colonne disposte su file di dieci.
La sala, preceduta da un vestibolo con due ordini di otto colonne, fu completamente devastata dall’incendio provocato dai soldati di Alessandro: all’interno restano solo le basi delle colonne, mentre le cornici delle porte si sono in gran parte conservate e i bassorilievi, che riprendono temi già osservati nel palazzo di Dario, sono ancora ben visibili.
Racconta Diodoro Siculo, contemporaneo di Augusto, che Alessandro in preda all’ubriachezza, istigato da Taide, una cortigiana ateniese, decise di incendiare i palazzi di Persepoli quasi stesse eseguendo un rituale, con un festoso corteo musicale che passò di sala in sala… in tal modo la profanazione operata da Serse, che aveva distrutto col fuoco l’Acropoli di Atene, fu ripagata con la stessa moneta da una donna che era nata proprio nella città da lui distrutta.
Le vicine civiltà della mesopotamia, dell’Urartu, dell’Egitto e della Grecia, influenzarono notevolmente l’architettura in pietra e mattoni crudi e la scultura di Persepoli: l’Impero Achemenide trasse dalle arte sumera, assira e babilonese, gran parte del proprio repertorio iconografico (animali affrontati, tori guardiani, sfilate militari, stilizzazioni come quella del cipresso).
Il complesso monumentale edificato sulla terrazza doveva rappresentare “l’ombelico” dell’impero; il simbolo della potenza del re, visto come mediatore e interprete del dio Ahura Mazda, divinità suprema, che incarnava il principio del bene in lotta con gli altri dèi che costituivano la controparte, il principio del male.
Il carattere simbolico-magico rappresentato sui rilievi e sulle strutture architettoniche (la decorazione a rosette; i merli a scalini che simboleggiano la Montagna Sacra, sorgente della feritilità; le colonne intese come palme sacre e quelle della Sala delle Cento Colonne simboleggianti un bosco sacro; le scene di lotta tra di loro e il leone che nasconde molto probabilmente un significato zodiacale, legato al mutare delle stagioni), mostra in realtà che, accanto a un’affermata religione di stato, sopravviveva ancora l’antico politeismo naturalistico basato sull’adorazione della montagna, sul toro e sui riti della fertilità.
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