giovedì 11 luglio 2013

Nerone : genio e sregolatezza


Nerone fu l'ultimo esponente imperiale della dinastia Giulio-Claudia. Salì al trono nel 54 d.C., all'età di 17 anni, per volere dell'ambiziosa madre Giulia Agrippina.
 I primi cinque anni di regno di Nerone furono senz'altro felici, dal momento che il giovane imperatore era creta da plasmare nelle abili mani della madre e del filosofo Seneca, che gli scriveva i discorsi e ne ispirava le decisioni. Per non parlare di Afranio Burro, onnipresente prefetto del pretorio.
 Sia Seneca che il prefetto Burro si opposero sempre alla passione di Nerone per l'arte e per teatri e circhi. Entrambi ritenevano che non fosse consono che il giovane imperatore si esibisse nelle vesti di poeta, cantante e suonatore. Eppure Nerone si esercitava con indomita costanza per migliorare la voce, non sottraendosi nemmeno agli stravaganti consigli della medicina dell'epoca.
 Nel 59 d.C. Seneca e Burro concessero a Nerone di tenere una gara poetica all'interno del palazzo imperiale. Il giovane imperatore si impegnò con estrema serietà, mostrando un sorprendente rispetto dei giudici, delle regole di gara e degli avversari. 
Fu questo l'anno in cui Nerone si liberò della sudditanza psicologica dei suoi due mentori.

L'uccisione della madre e l'allontanamento di Seneca dalla corte imperiale segnarono l'inizio di un nuovo corso. 
Nerone cercò di promuovere, a Roma, una vera e propria rivoluzione culturale, incoraggiando sia il popolo che i nobili a praticare attività di tradizione e gusto ellenistico. 
Nel 59 o nel 60, il giovane imperatore istituì i Neroneia, giochi che comprendevano gare di musica, eloquenza, atletica e corse di cavalli aperti a tutti. Vi parteciparono anche esponenti dell'ordine equestre e senatoriale. Ma ancor più dei giochi, fu la costruzione del ginnasio alla greca nel Campo Marzio, l'espressione maggiore della politica neroniana. Di questo ginnasio sono stati ritrovati i resti non lontano dalla chiesa di S. Andrea della Valle. 
Il ginnasio era una grandissima piazza porticata, di oltre 200 metri di lunghezza, con al centro vasche e piscine. Qui il popolo, secondo gli intendimenti dell'imperatore, doveva riunirsi per esercitare mente e corpo. Qui egli fece distribuire olio a senatori e membri dell'ordine equestre. 
Sempre nel Campo Marzio vide la luce il primo complesso termale moderno, un modello per gli impianti termali successivi. Le sale del complesso termale erano inondate di luce, complete di vasche e cortili che sono note solo attraverso disegni cinquecenteschi. A questo complesso termale si aggiungeva l'immenso Macellum Magnum, il mercato pubblico, e anche lo stadio, che sorgeva dove oggi c'è Piazza Navona.

La Domus Aurea fu, però, tra le imprese imperiali di Nerone quella che più rimase incisa nella memoria dei Romani e dei loro eredi.

I Romani, addirittura, arrivarono ad addebitare all'imperatore la colpa dell'incendio che, tra il 18 e il 27 luglio del 64 d.C., devastò Roma cambiandone per sempre l'aspetto.
 In realtà proprio questo incendio fornì l'occasione a Nerone per dar vita al primo piano regolatore della storia, definendo, per legge, l'altezza massima degli edifici e la larghezza delle strade e stabilendo una razionalizzazione dei punti d'acqua che avrebbero dovuto scongiurare, per il futuro, il ripetersi di questi luttuosi eventi, unitamente all'utilizzo di materiali ignifughi quali la pietra Gabina e di Albano. 
Libero da qualsiasi freno o inibizione, Nerone andò in quella che potremmo definire tournée.
 Nel 64 d.C. si esibì a Napoli, in un teatro. Svetonio riporta i successi che portarono alla dedica a Giove Capitolino di alcuni versi di Nerone trascritti in lettere d'oro. Nel 66-67 d.C. Nerone si recò in Grecia e partecipò a tutti i giochi canonici (Nemei, Pitici, Istmici e Olimpici), collezionando 1808 corone di vittoria.
 La voce di Nerone divenne, a quel punto, l'unico bene da proteggere. Cassio Dione scrive che Nerone, da allora, non parlò più in pubblico, per non sforzarsi. Un maestro di declamazione lo accompagnava con il compito di elargire consigli sul comportamento da seguire per salvaguardare il bene prezioso della voce. 
Negli ultimi anni Nerone finì prigioniero del suo mito, pensando di poter opporre a Galba, che stava scendendo in Italia per deporlo, soltanto un poema declamato con tanto di scenografie teatrali. 
La vita dell'imperatore artista ebbe fine il 9 giugno del 68 d.C., quando si tolse la vita in una casupola sulla via Nomentana.

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