lunedì 10 giugno 2013

TOTEM - Alberi Parlanti

Situati su spiagge deserte o nelle radure delle foreste della loro terra d'origine, i totem della Columbia Britannica (provincia canadese sulla costa del Pacifico; hanno un aspetto magico e misterioso;
 sono forse le opere d'arte primitiva piú sensazionali che si conoscano. 
Anche nei musei di New York, Londra e Parigi, dove richiamano l'attenzione piú di qualsiasi altro oggetto di esotica provenienza, i visitatori ne guardano a bocca aperta le facce grottesche e le mitiche figure: la Donna Cannibale il Grande Corvo,l'Uccello del Tuono, scolpiti da antichi maestri 
con strani nomi quali 
Haésemhliyawn o Oyai.  

Il totem della dinastia dell'Uccello del Tuono, nello Stanley Park di Vancouver. Scolpito nel 1936 da Matthias Capilano, capo della tribú Squamish dei Salish, narra la storia della creazione ad opera dell'Uccello del Tuono. 

Oggi, soprattutto per merito di un artista del secolo scorso, Mungo Martin, i pali totemici hanno ripreso a fiorire lungo la costa del Pacifico. 
Collezioni di antichi totem classici richiamano migliaia di turisti a Vancouver, Victoria e Prince Rupert, e recentemente ne sono sorti di nuovi anche in altri paesi. I totem sono in realtà alberi genealogici. 
Poiché il rango sociale aveva grande importanza agli occhi di popolazioni quali gli Haida, i Tsimshian e i Kwakiutl, i capi tribú usavano le raffigurazioni del Lupo, dell'Aquila, dell'Orso e dell'Orca per sfoggiare i loro legami di parentela con la mitologia degli indiani. Allora, come oggi, il genio degli scultori piú dotati si riconosceva nella stilizzazione realistica. Nelle loro mani, semplici tronchi di cedro si trasformano in figurazioni simboliche tratte dalla vita e dalla leggenda. «Quando venivano unite le une alle altre» scrisse una volta la pittrice Emily Carr, parlando dell'opera di un ignoto scultore Kwakiutl «costituivano la storia di un gruppo umano.» 
I totem avevano soprattutto la funzione di ricordo. Cominciando dalla sommità, dominata di solito da un corvo o un'aquila, un indiano poteva scoprire tutti gli ascendenti e le gesta del proprietario del palo.
Poi, identificando altri personaggi mitici scolpiti nel legno, poteva rievocare spaventosi racconti su Tsonoqua, la selvaggia donna dei boschi..., Tseakami, il grande cedro divenuto uomo..., Yehl il corvo, che scoprì l'uomo in una conchiglia.

Particolare di un totem Tsimshian nel Thunderbird Park Copia di un totem rinvenuto lungo il corso superiore del fiume SkeenaVictoria Columbia Britannica 

Eppure questi “alberi parlanti” restano stranamente silenziosi sulle loro origini. Sebbene i totem siano simili a sculture presenti nel Pacifico meridionale e molto diversi dalle opere d'arte di altre tribù nordamericane, gli etnologi sono quasi concordi nel pensare che i primi 'indiani' del Nord-Ovest giunsero dall'Asia attraverso lo stretto di Bering circa 10.000 anni fa. 
Insediatisi su una costa resa prospera dalle immense ricchezze che offrivano la foresta e il mare, quegli indiani diedero origine a una cultura quanto mai raffinata. Intorno al 3000 a.C, i cosiddetti “mangiatori di salmone” vivevano in case comunitarie costruite con assi di cedro ed erano diventati abilissimi nella lavorazione del legno. 
L'età d'oro per gli scultori di totem fu il XIX secolo, quando gli indiani sostituirono gli strumenti di pietra e di osso con utensili di ferro provenienti dall'Europa.
 Alti anche 25 metri, i totem piú belli raggiungevano un così elevato contenuto simbolico da meritare il nome di “parabole di legno”. Oltre a commemorare figure leggendarie, i totem servivano talvolta a dileggiare persone viventi. 
 Nella Columbia Britannica settentrionale una donna eresse un palo per irridere l'ex marito, di nome Denti Aguzzi, mentre un capo tribú dell'Alaska mise in ridicolo un pope russo che invano aveva cercato di convertirlo. 
Quale che fosse il suo scopo, un bravo scultore poteva impiegare un anno intero nella lavorazione di un tronco di cedro, abbellendo la sua opera con colori ricavati da minerale di ferro, argilla azzurra, carbone di legna o conchiglie bruciate. 
Il totem veniva infine eretto durante un potlatch (una festa con banchetti, danze e discorsi) e il suo proprietario doveva dar prova della sua ricchezza e posizione sociale distribuendo ricchi doni a tutti gli ospiti. 
 Quando le tribú indiane cominciarono a conoscere l'alcol e le malattie dei bianchi, il loro numero scese da 60.00o nel 1850 a 25.000 nel 1900. Nel 1862, il solo vaiolo causò la morte di 15.000 indiani della costa.
 Intanto le loro antiche arti e tradizioni venivano condannate sia dalla chiesa che dallo stato. Prima i missionari cristiani, assimilando i totem alle immagini pagane, ne fecero distruggere molti. Poi, nel 1884, il governo di Ottawa proibì i potlatch - la vera ragione per cui si erigeva la quasi totalità dei pali totemici - sostenendo che l'ingente distribuzione di doni riduceva in miseria molti indiani.

 Massiccio totem funerario conservato all' Università della Columbia Britannica. 
Quando moriva una persona d'alto rango, la salma era posta dietro la trabeazione che recava l'immagine del totem legato al defunto, in questo caso lo squalo. 

 Da ultimo vennero i collezionisti. Antropologi e cacciatori di curiosità si misero a rastrellare la costa e centinaia di magnifici totem antichi furono rubati nei villaggi abbandonati o comprati a poco prezzo per andare ad arricchire collezioni private e gallerie pubbliche di tutto il mondo.
 Intorno al 1900 ci fu chi pagò tre dollari al metro pali totemici Haida oggi valutati circa un milione di dollari. 
Ma non tutti gli indiani erano disposti a separarsi dai loro tesori. «Io ti darò i totem dei miei prozii» dichiarò senza esitazioni un orgoglioso capo Tsimshian «quando tu mi cederai la pietra tombale del governatore Douglas.»
 Ben presto rimase solo un nutrito gruppo di totem Gitksan in otto villaggi lungo il corso superiore del fiume Skeena. 
 Quando nel 1925 i totem furono posti sotto la protezione del governo federale, pochi indiani del luogo conoscevano ancora il significato di quegli strani simboli o ne sapevano scolpire di nuovi. 

Nell'isola di Vancouver, invece, alcuni artigiani Kwakiutl mantennero in vita la loro arte. Uno era il capo tribú Mungo Martin, o Naka' penkim. Dedicatosi formalmente all'arte fin dalla fanciullezza, eresse il suo primo grande totem durante un potlatch tenuto illegalmente ad Alert Bay nel 1897. Per 50 anni costruí magnifiche facciate di case, maschere, scatole ornamentali e alcuni dei piú bei totem mai visti. 
Ma anche se i visitatori arrivavano a pagare 300 dollari le sue 'miniature' di un metro e mezzo, Mungo Martin doveva guadagnarsi da vivere facendo il pescatore. 
 Nel 1947, a 68 anni, fu chiamato dall'Università della Columbia Britannica per sistemare nel campus la nuova collezione di totem Haida e Kwakiutl acquistati dall'ateneo. In seguito, assunto come primo scultore dal Museo provinciale della Columbia Britannica a Victoria, vi rimase dieci anni scolpendo totem, istruendo nuovi scultori 
e restaurando le opere dei maestri del passato.

Wawadit'la, noto anche come Mungo Martin House, una "grande casa" Kwakwaka'wakw. Costruito da Mungo Martin nel 1953. Situato a Thunderbird Park a Victoria, British Columbia 

Quando Martin venne inaspettatamente licenziato, l'editore del Times di Victoria, Stuart Keate, lo aiutò finanziariamente ordinandogli la costruzione del totem piú alto del mondo. Mentre Keate raccoglieva 8500 dollari da vari donatori, tra cui Winston Churchill e Bing Crosby, Martin passò sei mesi a scolpire un totem di circa 40 metri. 
Collocandovi alla base l'immagine del Corvo (il proprio antenato), lo coronò con un'aquila dal grande becco che somigliava molto a Keate, dotato di un grosso naso aquilino. Martin continuò a scolpire fino alla sua morte, avvenuta nel 1962, a 83 anni. Frattanto aveva istruito due generazioni della propria famiglia (il genero Henry Hunt e il nipote Tony) oltre allo stilista Kwakiutl Doug Cranmer. «Noi tre abbiamo insegnato quest'arte a circa 300 scultori» dice Tony «perciò il 90 per cento dell'arte indiana contemporanea nella Columbia Britannica
 si deve a Mungo Martin.»

 Totem - Tlingit Native American Heritage Centre

 Un altro grande patrono è Walter Koerner, un magnate d'origine cecoslovacca, che cominciò a collezionare sculture indiane nel 1941.
 In seguito, Koerner inviò spedizioni per trarre in salvo totem che stavano marcendo in regioni desertiche, fece tornare in patria pregevoli opere custodite in gallerie straniere e ne commissionò di nuove a scultori di talento come Bob Davidson, pronipote di un maestro scultore Haida. 
Davidson aveva solo 22 anni nel 1969, quando eresse un grande totem a Masset, nelle isole della Regina Carlotta, il primo collocato in quel luogo in 80 anni.

 'Ksan - Hazelton - Columbia Britannica 

 Da allora, con altri artisti indigeni, Davidson insegnò nello storico villaggio indiano 'Ksan, a Hazelton, nella Columbia Britannica, un gruppo di sei edifici in legno di cedro, fronteggiati da totem, che ospitano la prima scuola di arte indiana nord-occidentale. 
 Qui uomini e donne Gitksan delle tribú Tsimshian costruiscono ancora opere che non hanno nulla da invidiare ai grandi totem scolpiti 200 anni fa dai loro antenati.

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