giovedì 4 aprile 2013

Vigoleno – Castello e borgo



Il castello di Vigoleno, arroccato su un poggio dominante la valle dello Stirone, in Emilia, è di origine notevolmente antica. È già documentato nel X secolo. La sua posizione di alto valore strategico ne ha fatto una delle fortificazioni più tormentate del territorio. Entrato nel XII secolo nell’ambito del comune di Piacenza, fu aspramente conteso tra parmensi e piacentini, e al tempo stesso tra le famiglie feudali legati ai due comuni, gli Scotti e Pallavicino, che se lo disputarono per quasi due secoli. Fu anche oggetto di accaniti scontri tra eserciti al soldo della Santa Sede e truppe viscontee, fino a essere completamente demolito nella seconda metà del Trecento per ordine di Gian Galeazzo Visconti. Gli Scotti, che ritornano in possesso del feudo all’incirca in quell’epoca, chiesero nel 1389 al duca di Milano il permesso di ricostruirlo: nacque così il complesso che oggi si vede. Quello ricostruito dagli Scotti è un insieme di alto valore sia architettonico sia paesaggistico-ambientale. Si compone di due parti tra loro integrate: il castello vero e proprio e il borgo che gli si addossa, o, per essere più esatti, che vi si compenetra. Infatti il castello si “innerva” letteralmente nel borgo, venendo a costituire con esso non la somma di due elementi fortificati, ma un unico complesso, tutto racchiuso da mura: una perfetta, quasi didascalica espressione di cosa doveva essere un borgo appenninico del tardo medioevo.

Nei paesi d’oltralpe, in Francia in particolare, ma anche in Spagna e in Germania, non è infrequente il caso del borgo “filiazione” del castello, con cui vive in simbiosi. In Italia tale situazione, tipicamente legata a una società feudale, è assai meno frequente. I centri abitati, anche piccoli, sono infatti quasi sempre un’alternativa al castello che, se vi si insedia, viene spesso sentito come “interferenza” del signore nella vita, tendenzialmente comunitaria e democratica, dell’abitato stesso. Vigoleno, con la sua completa fusione tra struttura del borgo e strutture castellane, è un’eccezione nel panorama fortificato della Penisola.

Il fattore ambientale è fondamentale per apprezzare il complesso di Vigoleno. Che, se non fosse tuttora inserito in un ambiente poco o nulla compromesso – situazione sempre più rara in Italia – non avrebbe il valore esemplare che invece presenta. 
Si tratta in realtà di una situazione che riguarda pressoché tutta l’architettura fortificata, nata a suo tempo come elemento dominante del territorio intorno, e ora assai spesso umiliata e snaturata dalla radicale trasformazione subita dal paesaggio italiano nell’ultimo mezzo secolo.

Vigoleno è un insieme assai raro nel panorama dell’Italia settentrionale. Per caratteristiche architettoniche e impianto generale ha in tutta questa ampia zona un solo paragone: il complesso fortificato di Castellaro Lagusello, in provincia di Mantova. Nell’esempio emiliano, tuttavia, il nucleo difensivo (castello vero e proprio, rocca, rivellino) assume un’importanza e una caratterizzazione dominanti, che l’esempio lombardo non possiede e che ne fanno un unicum quanto mai notevole.
Il castello di Vigoleno, cioè l’insieme direttamente occupato dal feudatario e dalla sua famiglia – in senso allargato, comprendente anche servi, armigeri e tutto quanto utile per la vita del signore -, ha una forma curiosissima, scaglionata in varie parti del complesso.
 Il nucleo castellano è articolato su un ampio palazzo baronale, riservato alla residenza signorile, e da una rocca con funzioni militari, caratterizzata da un alto mastio quadrato.
 Palazzo baronale e rocca sono collegati da un poderoso terrapieno della inusitata larghezza di oltre 5 m, che dà all’insieme un curioso impianto “a bilanciere”, del tutto inedito. 
L’ingresso al castello è protetto da un colossale rivellino dall’impostazione assolutamente inconsueta, allungata e terminante a semicerchio: quasi un secondo castello posto a protezione del primo.
 Il borgo è protetto da un suo proprio giro di mura che si salda alle cortine del castello, dando origine a un unico insieme integrato, nel quale le varie fortificazioni si potenziano a vicenda. Addirittura palazzo baronale e terrapieno vengono quasi ad “adagiarsi” sulle mura meridionali, che vengono a farne parte integrante.
 Nel borgo si segnala la pieve di San Giorgio, forse del XII secolo, a tre navate e tre absidi. 
Tra le due guerre mondiali il castello della duchessa Maria di Grammont ospitò autori, poeti, scrittori, musicisti: il bel mondo di quegli anni.

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