venerdì 22 febbraio 2013
Il disco di Nebra
Molte sono le rappresentazioni del cielo prodotte dalle culture antiche che si sono succedute sul pianeta: dagli Egizi, agli Assiri, alle culture della valle dell’Indo, solo per citarne alcune. Sul territorio europeo, nonostante esistano grandi evidenze che tra le popolazioni ivi stanziate durante il Neolitico, l’Eneolitico, l’Età del Bronzo e del Ferro, fossero diffuse ben precise nozioni di Astronomia, queste evidenze sono derivate soprattutto dallo studio archeoastronomico di siti importanti quali Stonehenge in Inghilterra, Callanish in Scozia, Carnac in Bretagna, oltre che di una grande quantità di siti megalitici, sparsi lungo tutta la costa atlantica e mediterranea dell’Europa, e nelle isole, in cui gli studiosi hanno messo in evidenza l’esistenza di ben precise linee astronomicamente orientate. Di fatto, però queste sono tutte evidenze indirette basate sulla verifica di congetture, nel senso che la ricerca di allineamenti astronomicamente significativi presenti nei siti megalitici soffre del problema che questa ricerca si basa sul prerequisito di sapere in anticipo dove si vuole arrivare.
Il disco di Nebra (dalla omonima cittadina, nella regione di Sassonia-Anhalt) è così chiamato appunto dal luogo in cui fu rinvenuto nel 1999, in un bosco posto sull’altura del Mittelberg, a 252 metri di quota, nella foresta dello Ziegelroda, a 180 km a sud-ovest di Berlino.
Il ritrovamento avvenne in seguito ad uno scavo clandestino eseguito illegalmente da persone definite “cacciatori di tesori” i quali ricavano denaro rivendendo illegalmente i reperti archeologici ai collezionisti privati; insieme al disco furono rinvenute 2 spade, e 2 asce
Durante la fase di scavo clandestino il reperto subì alcuni danni che però non ne hanno pregiudicato lo stato di conservazione generale e non hanno diminuito la quantità di informazione codificata nelle configurazioni presenti su di esso. Il reperto fu rivenduto più volte dai trafficanti di materiale archeologico finché nel 2001 una brillante operazione della polizia svizzera ha consentito il recupero dell’oggetto e l’arresto dei responsabili del traffico illegale; attualmente il disco è conservato al museo archeologico di Halle in Germania.
Il reperto è un disco in bronzo del diametro di 32 centimetri e dal peso di 2 chilogrammi su cui sono riportate, in lamina d’oro, le possibili figure del Sole, della falce lunare e un insieme di 32 piccoli dischetti che potrebbero rappresentare le stelle. Di questi 32 dischetti aurei, 29 sono ben visibili, mentre i restanti si sono staccati, lasciando però una traccia evidente sulla superficie del disco di bronzo
La collocazione cronologica del reperto è stata fissata al 1600 a.C. circa, quindi in piena età del Bronzo e se la datazione è corretta, il disco di Nebra potrebbe essere considerato la più antica mappa stellare conosciuta anche se la configurazione presente sul reperto ci può autorizzare solamente ad affermare che ciò che è riportato è in realtà solamente una serie di figure tratte da una non precisata simbologia probabilmente cosmogonica diffusa tra una popolazione locale. La collocazione cronologica del disco è però piuttosto difficile in quanto il suo rinvenimento non avvenne durante uno scavo stratigrafico condotto con rigore archeologico, ma fu dissotterrato in fretta e di nascosto, quindi è andata perduta qualsiasi informazione relativa al contesto archeologico e culturale associato al reperto. Nonostante questo è stato possibile appurare che, in origine, il disco fu sepolto con molta cura ed in posizione orizzontale, anche se le ragioni del seppellimento ci rimangono completamente sconosciute, però a causa del dissotterramento in seguito ad uno scavo clandestino, non sarà mai più possibile, sapere quale fosse la sua orientazione rispetto alle direzioni astronomiche fondamentali.
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