martedì 29 gennaio 2013

Sauri delle Dolomiti

Fino a trenta anni fa, nessun paleontologo avrebbe mai pensato di trovare tracce di dinosauri nell'area dolomitica.
L´apparente mancanza di dinosauri sul territorio fu spiegata con la ricostruzione paleo ambientale che collocava l´area dell'odierna Italia in un vasto mare (la Tetide), in parte profondo, in cui crescevano barriere coralline e si depositarono marne e limi - però nessuna estesa terraferma che poteva ospitare dinosauri.
Ma nel 1941 il paleontologo tedesco Friedrich von Huene descrisse una piccola impronta tridattila (lunga 6-7cm) ritrovata in sedimenti di delta fluviale sui Monti Pisani presso Agnano (Toscana), datata a 230 milioni di anni.
Huene chiamo l´icnospecie appropriatamente Coelurosaurichnus toscanus e la attribuì a un ceratosauride di piccole dimensioni.
L´icnofossile fu esposto nel Museo di Geologia e Paleontologia di Firenze e si dovette aspettare fino al 1985 per ampliare questa prima collezione di dinosauri italiani.
Negli ultimi decenni le rocce delle Dolomiti hanno restituito una incredibile varietà di resti di vertebrati - infatti sono state scoperte le più antiche orme di anfibi delle Alpi, le più lunghe camminate di dinosauri di tutta Europa ed i più antichi rettili volanti del Mondo.
Oggi i Lavini di Marco nei pressi di Rovereto comprendono diverse centinaia di orme visibile su un strato scoperto dalla frana, le più belle impronte possono essere trovate nel "Colatoio Chemini", dedicato al scopritore del sito Luciano Chemini.
Le moderne ricostruzioni dell´antica regione delle Dolomiti (e l´Italia) vedono un ampio arcipelago d'isole anche di grandi dimensioni, con sufficiente biomassa per garantire la sopravvivenza di popolazioni di dinosauri con tanto di predatori, collegati tra di loro da vaste zone tidali, che rendevano possibile una migrazione dei dinosauri tra le terre emerse e la conservazione delle loro piste nei fanghi e limi carbonatici depositati.
Scritto da David Bressan

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