venerdì 4 gennaio 2013

Baalbek

Baalbek in Libano è uno dei siti archeologici più importanti del Vicino Oriente, dichiarato nel 1984 Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO. Si trova a circa sessantacinque chilometri ad est di Beirut e appartiene ad un area abitata nell’età del bronzo da pastori sabei come i biblici Abramo, Isacco, Giacobbe e Giuseppe. Come le altre genti Assire, Sirie e Arabiche, essi ritenevano che la loro civiltà derivasse da “Ur”, o dalle “Urbs” pelasgiche. Anche la denominazione del principale insediamento fenicio, “Tiro”, offre una lontana traccia dei Tirreni; inoltre non si può non ricordare la menzione fatta da Omero di una Tiro, nuora di Eolo e figlia del pelasgo Salmonco.

Oggi Baalbek è una cittadina nella valle della Beqa, capoluogo di un omonimo distretto libanese. Situata ad est delle sorgenti del fiume Litani, ad un’altitudine di 1170 m.s.l. m, essa è famosa per le monumentali rovine di alcuni templi romani risalenti al II e III secolo d.C., quando Baalbek, con il nome di Heliopolis ospitava un importante santuario dedicato a Giove Eliopolitano nella provincia romana di Siria

 Il primo oracolo e santuario risalgono all’età del bronzo e sono dedicati a Baal e ad Anat. La città, pur collocata in una posizione favorevole ovvero in prossimità delle sorgenti dei fiumi Litani e Oronte, non ebbe inizialmente un importante valore commerciale e strategico.
 Il cortile del santuario fu modificato in epoca tolemaica e sulla sua estremità occidentale si iniziò la costruzione di un tempio di forme greche per il quale si sfruttò una preesistente gigantesca piattaforma (88 x 48 metri). Nella parete di sud-est della terrazza si trova una fila di nove massi, ciascuno dei quali misura pressappoco 10 x 4,2 x 3 metri, con un peso di più di trecento tonnellate ciascuno. Sullo stesso livello ma nell’adiacente parete di sud-ovest, vediamo altri sei massi di trecento tonnellate sopra i quali sono situati tre enormi blocchi megalitici noti come il “trilite” o “la meraviglia delle tre pietre”. 
Questi blocchi di granito che misurano sorprendentemente 19,5 x 4,5 x 3,6 metri, con un peso di ottocento tonnellate ciascuno, costituiscono il sesto strato visibile del muro. Michel Alouf, l’ex sovrintendente alle rovine, osserva che: nonostante le loro dimensioni enormi [le pietre del trilite] sono posizionate con accuratezza e combaciano perfettamente, al punto che non è possibile inserire tra l’una e l’altra neppure un ago. 
Non esiste descrizione che possa dare un’idea precisa del sorprendente e stupefacente effetto che questi straordinari blocchi di pietra hanno su chi le osserva.

L’immensa dimensione del trilite può essere valutata meglio grazie ad un blocco leggermente più grande, la “Pietra della gestante”, che giace in una cava poco distante. Essa misura 21 x 4,8 x 4 metri e pesa milleduecento tonnellate. Quando confrontiamo la piattaforma di Baalbek con costruzioni come l’Osirion di Abydos, il Kalasasaya o l’Ollantaytambo, la mano dei Pelasgi risulta evidente. Ciò ci permette di ricollegare la costruzione di Baalbek alla campagna di conquista dell’Oriente posta in atto da Manes-Osiride. 
Dopo la conquista romana nel 64 a.C. ad opera di Pompeo, la città di Baalbek-Heliopolis fu compresa nei domini dei tetrarchi della Palestina. 
Gli imperatori romani intraprendevano lunghi viaggi per raggiungere questo luogo per portare offerte ai loro dei e per ricevere gli oracoli sui destini dell’impero.
 La divinità del santuario fu identificata con Giove, che conservò alcuni caratteri dell’antica divinità indigena e assunse la forma e il nome di Giove Eliopolitano. Il dio veniva raffigurato con un copricapo svasato, con fulmini nelle mani e inquadrato da due tori (animale che accompagnava il dio Baal). Gli altri dei associati vennero identificati con Venere e con Bacco.
 Il culto della triade eliopolitana assunse un carattere mistico e forse misterico e si diffuse anche in altre regioni dell’impero come le province balcaniche, la Gallia, le province ispaniche e la Britannia. Nel 15 a.C. il santuario entrò a far parte del territorio della Colonia Iulia Augusta Felix Beritus, l’odierna Beirut. 
L’edificazione del tempio fu nuovamente intrapresa sulla piattaforma e si concluse in diverse tappe: il tempio vero e proprio (tempio di Giove) fu terminato nel 60 d.C., sotto Nerone, e contemporaneamente venne edificato l’altare a torre che precede il tempio.

Solo sei pilastri di quel tempio sono sopravvissuti ai terremoti che hanno ridotto in rovine il luogo, ma questi pilastri costituiscono ancor oggi una visione imponente con i loro venti metri di altezza. 
Sotto Traiano (98-117 d.C.) si iniziò la sistemazione del grande cortile. Sotto Antonino Pio (138-161 d.C.) venne eretto il tempio di Bacco.
 I lavori, inclusi quelli riguardanti il tempio di Venere, furono completati durante la dinastia dei Severi, e in particolare sotto Caracalla (211-217 d.C.).
 Sotto Filippo l’Arabo (244-249 d.C.), imperatore romano nato nella vicina Damasco, fu infine costruito il cortile esagonale del santuario. In quest’epoca Heliopolis, elevata da Settimio Severo (193-211 d.C.) al rango di colonia di diritto italico con il nome di Colonia Iulia Augusta Felix Heliopolis, divenne il centro principale della provincia della Syria-Phoenicia, istituita nel 194 d.C. con capitale Tiro. 
Gli Arabi ritenevano che Baalbek appartenesse al leggendario Nimrod, che dominò questa zona del Libano. 
Secondo un manoscritto arabo, Nimrod inviò dei giganti per ricostruirla dopo il Diluvio; un’altra leggenda racconta che Nimrod si ribellò contro il suo dio e costruì a Baalbek la torre di Babele. Altre leggende associano Baalbek al personaggio biblico di Caino, figlio di Adamo, e sostengono che fu lui a costruirla come rifugio dopo che il suo dio Yahwe lo aveva maledetto.

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