giovedì 6 dicembre 2012

La libertà di Internet in pericolo?

La grande sfida per il controllo di Internet
193 sono i paesi che partecipano a Dubai alla super conferenza dei “regolatori” delle telecomunicazioni più in subbuglio il mondo delle telecomunicazioni JUAN CARLOS DE MARTIN
Il summit dei rappresentanti di 193 nazioni. Usa, Russia e Cina litigano su sicurezza e censura Internet è patrimonio di tutti. Ma chi ne detta le regole di funzionamento?
Man mano che diventa sempre più fondamentale nella vita di tutti, i governi vogliono controllare questo meccanismo di interconnessione globale: ma il rischio è di rovinarlo.
Si vuole decidere sul futuro di Internet nei prossimi giorni alla «World Conference on International Telecommunications» (Wcit), che si è aperta lunedì scorso a Dubai e proseguirà fino al 14 dicembre.
E’ una mega-conferenza dei «regolatori» delle telecomunicazioni dei governi di 193 Paesi, riuniti nell’emirato arabo per rivedere il trattato sulle comunicazioni mondiali alla luce della rivoluzione portata da Internet.
E’ organizzata dall’Itu («International Telecommunication Union»), l’agenzia Onu con sede a Ginevra. Schiera i poteri in campo nella battaglia per il controllo - soprattutto economico - di Internet.
Finora infatti è stata gestita dagli Usa - dove si è sviluppata - attraverso l’Icann («Internet Corporation for Assigned Names and Numbers»), una partnership pubblica-privata che risponde al dipartimento del Commercio Usa e quindi Washington ha pochi interessi a modificarne lo status quo.
Ovviamente gli Usa difendono la loro posizione dominante ed è naturale che il resto del mondo voglia la sua parte.
Da quanto emerge dalla bozza presentata dalla delegazione russa si vuole stabilire il principio in base al quale «gli Stati membri devono avere uguali diritti nell’allocazione internazionale degli indirizzi di Internet e nell’identificazione delle risorse».
Ma Russia e Cina battono sul tasto della sicurezza per non parlare di censura: vogliono maggiore controllo su quello che circola in Rete e guardano a un modello di Internet ritagliato sui confini nazionali.
Poi c’è un’altra partita, ancora più delicata: riguarda l’interesse della lobby degli operatori europei di telecomunicazioni (Telecom Italia in testa), che vedono i loro guadagni dalle telefonate diminuire grazie alla nuova tecnologia e che chiedono di abolire il principio di neutralità della Rete e far pagare ai fornitori di servizi Web (Google, Facebook, Twitter e così via) il traffico che generano, passando sulle reti di proprietà. «Internet rimane un privilegio del mondo ricco», ha affermato Hamadoun Touré, segretario generale dell’Itu. «L’Itu vuole cambiare questa cosa - ha aggiunto - per garantire investimenti in infrastrutture, per aiutare più gente ad avere accesso a Internet». Ma c’è chi teme che il Web possa risultarne danneggiato: a partire da Google nella persona del suo «chief evangelist» Vint Cerf, uno dei padri di Internet, che si è fatto portavoce delle proteste contro la proposta di alcuni Stati membri dell’Itu di permettere la censura su alcuni tipi di contenuto.
Secondo Cerf, l’incontro minaccia la «rete aperta» e anche l’Ue si è chiesta perchè «sistemare» il sistema attuale, se funziona. Touré ribatte garantendo che «la libertà su Internet non verrà limitata nè posta sotto controllo: nulla può fermare la libertà di espressione oggi e nulla lo farà in questa conferenza. Io non ho mai menzionato alcuna ipotesi di controllo su Internet». Ma gli amici di Cerf non si fidano.
Da un punto di vista teorico, l’appuntamento si preannuncia quindi della massima importanza, con schieramenti ben decisi a far valere le proprie posizioni.
Da una parte gli Usa che tramite l’Icann controllano attualmente le regole del gioco, nello specifico l’assegnazione degli indirizzi sul Web e la gestione del traffico.
Dall’altra parte le nazioni del blocco orientale che per erodere il potere degli Usa auspicano un trasferimento di poteri a favore dell’ Itu.
Da un punto di vista pratico, però, la conferenza difficilmente porterà a risultati significativi.
L’Itu opera per consenso e quindi prevede che l’adozione delle nuove misure avvenga tramite l’unanimità: basta un voto contrario per far naufragare ogni nuova proposta.

Tratto da LA STAMPA.IT di ANNA MASERA

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