venerdì 5 ottobre 2012

Wandjina, gli dei degli aborigeni australiani

Gli aborigeni australiani venerano tuttora certi misteriosi dei giganti e aureolati, in tuta e casco, che scesero sulla Terra nella notte dei tempi, provenendo dal Mondo del Sogno.
GLI DEI PADRI "Queste ed altre tradizioni erano state insegnate agli aborigeni", "dai Wandjina, gli Dei che rappresentavano l'universo e che hanno lasciato molti racconti e tradizioni orali legati a particolari stelle, come Beta e le Plejadi. Secondo le tradizioni locali i Wandjina, termine che significa 'il Tutto', vissero in un tempo detto 'dei genitori', un'era in cui alcuni di questi Dei, descritti come esseri umani giganteschi e senza bocca, con la testa raggiata e gli occhi neri, insegnarono le leggi agli uomini. In un periodo indeterminato della nostra storia i Wandjina subirono una trasformazione. Crearono il mondo attraverso il canto. Provenivano dal 'tempo del sogno', un'epoca in cui gli Dei non avevano una forma ben definita, pur essendo giganteschi". Dalla mitologia locale si capisce che gli aborigeni dei Wandjina non sapessero poi molto, salvo il fatto che avessero creato il mondo e che, in un secondo tempo (e questo fa il paio con molti 'miti' occidentali e paracristiani), scesero sulla Terra per insegnare "le leggi, i precetti e le regole di comportamento". "I Wandjina introdussero i rituali e le pratiche cerimoniali che per secoli sono stati alla base del retto vivere degli aborigeni", "Essi sostenevano che l'uomo è stato creato con due anime; una viene tramandata ai figli, l'altra è destinata a tornare nel luogo ove si trovava prima di incarnarsi sulla Terra, là ove vivono gli Dei, in un mondo eterno ed invisibile, che è l'indistruttibile continuazione spirituale del mondo terrestre. Gli aborigeni credevano poi in un'era passata in cui vissero sulla Terra gli Dei e gli eroi mitici (curiosamente anche la mitologia greco-romana condivide, agli antipodi del mondo, questa credenza; e vi fu un tempo in cui gli uomini erano per metà animali. Gli aborigeni sostengono di essere sulla Terra da migliaia e migliaia di anni. E questo vero, pur cozzando contro l'archeologia ufficiale. La più antica raffigurazione civilizzata degli aborigeni australiani risale a 30.000 anni fa, e mostra una figura di donna. Si tratta di un indizio che ci costringe a retrodatare di molto la nascita della cultura nel continente oceanico".

DEI EXTRATERRESTRI
 Il parallelismo con i "miti" occidentali, ma anche indù, è davvero curioso. Tutti i cultori dell'archeologia misteriosa sanno che esistono centinaia di opere che rileggono in chiave aliena certe misteriose figure scese nella notte dei tempi sulla Terra e descritte per metà umane e per metà animalesche. Si pensi agli anfibi Oannes della mitologia sumera e Dogon e agli esseri "mostri" descritti ne Le Stanze di Dzyan indiane e nei Veda indù, nella Teogonia del greco Esiodo e nei Canti dell'Edda nordici. Anche nella mostra di Gravellona era presente una raffigurazione di questo tipo, proveniente questa volta dalla Nuova Guinea: un idolo ligneo di venti centimetri raffigurante un misterioso "antenato" con copricapo, opera di un indigeno del fiume Sepik. Se si toglie il copricapo-feticcio a forma di volatile (e dunque indicante la provenienza dal cielo) alla figura, appare un curioso Grigio proboscidato. Spiccano i grandi occhi ovali e scuri, laterali, e le lunghe braccia esili che raggiungono le gambe corte e tozze. Ma anche le raffigurazioni dei Wandjina esposte alla mostra tolgono il fiato. Soprattutto perché di esse non esistono prove fotografiche o filmiche, eccezion fatta per le immagini pubblicate nei libri e nei video di Erich Von Daeniken I reperti qui esposti sono autentici. Fa bella mostra di sé un idolo ligneo che rappresenta uno di questi dei. Non manca nulla: il casco raggiato, la tuta aderente, la cintura. Non c'è la bocca, come se la raffigurazione del viso si riferisse in realtà ad uno scafandro. Certo, è solo un'impressione, che viene però confermata dalla foto di un secchiello Karaki, opera di un indigeno Womora (zona del Kimberey). Sul secchiello è raffigurato il volto del dio, a colori. Gli occhi sono scuri, come nei Grigi, e punteggiati, come se fossero splendenti.
IL TEMPO DEL SOGNO
 Vi sono raffigurazioni di Dei molto strani, degli umanoidi filiformi, dalle braccia molto lunghe, Un "mito" sull'inizio del mondo, una delle molte tradizioni orali inedite, Si tratta di una preghiera intitolata "Prima che il tempo cominciasse", ed è un racconto di un uomo medicina, uno stregone aborigeno. "Prima della creazione, cioè prima della venuta di animali, pesci, uccelli o qualsiasi altra cosa vivente", riporta il testo, "il mondo era unicamente una superficie piatta che si estendeva fin dove noi credevamo fosse l'orlo dell'universo. Allora, in un tempo indeterminato, che noi chiamiamo poeticamente Tempo del Sogno, creature giganti semiumane mossero attraverso la Terra compiendo le stesse mansioni che noi portiamo a termine oggi. Improvvisamente il Tempo del Sogno finì, mistero che noi aborigeni non sappiamo spiegare. Alcuni dei creatori furono plasmati in rocce, altri occuparono il cielo per diventare corpi celesti. Essi decretarono le nostre leggi e i riti di iniziazione. I miti e i precetti sulla creazione del mondo vengono trasmessi oralmente e appartengono alla vita della tribù; mentre le storie segrete sono patrimonio esclusivo degli sciamani..." Ci deve essere del vero in quest'ultima affermazione. Leggendo alcune delle "novelle" degli aborigeni australiani, scopriamo che essi, pur essendo "primitivi", sapevano che il ciclo delle maree era legato alle fasi della luna (se ne parla diffusamente in un mito intitolato "Alinda, l'uomo-Luna") e che essa ha un ciclo di rivoluzioni differente da quello del sole ("essa muore solo per tre giorni e torna in vita di nuovo per riprendere il suo viaggio attorno al cielo". É sufficiente pensare che lo abbiano scoperto solamente osservando il cielo?

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