domenica 21 ottobre 2012

Le cariatidi

Secondo l'architetto romano Vitruvio, che ne parla già all'inizio del primo libro del suo "De Architectura", il nome Cariatide (karyàtis) significherebbe "donna di Karya": le donne di quella città del Peloponneso sarebbero infatti state rese schiave, pur mantenendo le loro vesti e attributi matronali, dopo la sconfitta e la distruzione della loro patria, come punizione per l'appoggio fornito ai Persiani. In seguito gli architetti greci le avrebbero raffigurate come sorreggenti il peso dell'edificio per tramandare il ricordo dell'evento. La spiegazione di Vitruvio va tuttavia correlata con antecedenti le guerre tra Greci e Persiani che si svolsero all'inizio del V secolo a.C.: le cariatidi erano fanciulle danzanti di quella città famosa per i cori annuali. L'architettura greca le aveva raffigurate già nel secolo precedente (tesoro dei Sifni nel santuario di Apollo a Delfi). Le stesse celeberrime cariatidi dell'Eretteo, sull'Acropoli di Atene, a cui probabilmente Vitruvio aveva pensato, non sembrano tradire la fatica derivante dal reggere il peso ma sembrano piuttosto rappresentare delle imperturbabili giovani donne

Le cariatidi dell'Erecteion

Nell'arte romanica la frequente applicazione della figura umana alla decorazione architettonica produce alcuni esempi di figure utilizzate come sostegni (ad esempio "capitello delle tre cariatidi" all'esterno del Duomo di Modena). In epoca rinascimentale il motivo viene nuovamente ripreso insieme a molti altri elementi decorativi di origine classica. Un esempio si trova nel ninfeo eseguito da Bartolomeo Ammannati per Villa Giulia a Roma, del papa Giulio III. La ricerca di una sovrabbondanza decorativa ne favorì l'uso durante il Seicento e il Settecento (un esempio nella facciata della Casa degli Omenoni a Milano) e il motivo fu ampiamente utilizzato anche in ambito neoclassico. 
Fonte : Wikipedia

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