domenica 14 ottobre 2012

La tecnica della presa in giro 
Scritto da Nicolò Vergata domenica 14 ottobre 2012
Quello di Monti è governo tecnico o politico? Il quesito ha arrovellato le più brillanti menti del giornalismo nostrano, cercando di volta in volta di diagnosticare se un singolo provvedimento governativo abbia la natura del primo o del secondo. Ma la risposta, a mio avviso, è semplice: trattasi un governo politico composto da tecnici. Il fatto che non sia stato eletto dal popolo ma nominato e insediato quasi manu militari per l’emergenza non rileva, atteso che, in teoria, la qualifica di tecnico è autonoma rispetto alla funzione politica. Che poi la funzione politica non si riveli democratica, dipende dal tipo di azione che quel governo pone in essere. Essa attiene al momento successivo alla nomina e all’insediamento. In ogni caso, è ovvio che sia più importante il tipo di funzione praticamente svolta che l’essere teoricamente qualificato a svolgerla. Il problema, allora, non è quello di esaminare la qualifica ma di osservare la funzione e se questa è compatibile con la democrazia intesa, però, non secondo l’etimo della parola di origine greca e poi latina di “governo del popolo” cioè eletto dal popolo, ma secondo il più recente significato da essa assunto, cioè di governo che fa l'interesse del popolo. Infatti, il vero senso della democrazia è quello di avere, attraverso libere elezioni, la garanzia che l’eletto faccia l'interesse di chi lo ha eletto. Ma, se caliamo questo ragionamento nella nostra realtà politica e storica, constatiamo che questa garanzia difficilmente si è realizzata. Anzitutto, il nostro sistema elettivo ci ha finora imposto candidati scelti dai partiti e non dagli elettori e il voto è sovente condizionato da loro, mentre ulteriori fattori esterni, non sempre legittimi, incidono pesantemente sulla nomina. Ora, se analizziamo la funzione finora svolta dal governo Monti, la possiamo considerare democratica? Direi proprio che qualche serio e fondato dubbio lo pone: va bene l’emergenza, va bene tutto ma se per democrazia si intende, come l’ho intesa e cioè fare l’interesse del popolo, proprio non ci siamo e non so se pesa di più la qualifica di governo tecnico o la sicurezza che, dato l’anomalo contesto politico, si può confidare in una certa inamovibilità. Si dirà che, abbattendo il debito pubblico, lo spread, e tutto il resto, si fa l’interesse del popolo. Ciò sarebbe vero se non fosse che solo il popolo, anzi quello più debole è chiamato a pagare, con propri grandi sacrifici, colpe non sue ma ascrivibili a lobbies internazionali, ai poteri forti, alle banche speculatrici e, non ultima, a buona parte della classe politica nostrana. egoista, sperperona e truffaldina e che, quanto meno, aveva il dovere di vigilare. Non dimentichiamo che questo governo, inizialmente, ha tentato di giustificare le pesanti tasse sulla classe media con l’accusa di aver finora vissuto con un tenore di vita al di sopra delle proprie possibilità. Cosa, ovviamente, non plausibile, atteso che se non ci sono i soldi in tasca non si possono fare vacanze, viaggi e persino prendersi una tazza di caffè al bar. Invece, i veri colpevoli la fanno franca e gli innocenti pagano. E questa non è una funzione democratica. Il fatto, poi, che i due più grandi partiti della maggioranza più quello di centro, appoggino incondizionatamente l’attuale governo tecnico, conferendogli un alone di legittimità democratica, come funziona: lo sostengono più per difficoltà interne che per intima condivisione dell’azione. Formalmente acconsentono, salvando la faccia con innocue critiche e con appariscenti sfilate di piazza ma, in realtà ingoiano continuamente rospi pur di prepararsi le poltrone non ancora sicure. Se proprio vogliamo trovare una cosa buona in questo anomalo e nuovo assetto politico è che siamo di fronte alla dimostrazione che per governare un Paese come il nostro ci vuole un governo meno dipendente dalle miserevoli lotte tra i partiti. Un esecutivo che possa governare. Lo sostenne Berlusconi ma fu subito crocifisso. L’attuale governo è in grado di governare con una certa arroganza e sopraffazione e, in caso di brontolii, pone la fiducia e il gioco è fatto. Il guaio è che sta governando male, tartassando le classi medie senza né sviluppo, né equità, né colpendo i veri colpevoli. E questo non è democrazia. In particolare, la classe media e gli statali, sono quelli da cui spremere alla fonte il denaro senza possibilità di difesa. Un metodo tradizionale che non abbisognava di un economista per applicarlo. Ma quello che crea malcontento è non poter conoscere come verrà utilizzato il bottino acquisito d’imperio: ad esempio, le banche hanno ottenuto miliardi dalla Bce con il formale scopo di erogare credito alle imprese e far ripartire l’economia. Ma non è stato concepito alcun vincolo e alcuna sanzione, per cui gli istituti di credito hanno preferito rivolgere questi fondi verso speculazioni ad alto rischio, con il silente beneplacito del governo. Un altro esempio: ogni giorno si sentono sequestri di beni di mafiosi dal valore di molti milioni. Il governo perché non li vende, invece di regalare gli immobili ai Comuni competenti per territorio, i cui amministratori li assegnano poi a familiari e amici previa nascita di false Onlus? Si dice che se si mettessero all’asta li ricomprerebbe la mafia. Meglio! Vuol dire che glieli risequestriamo e guadagneremo il doppio con gli stessi beni. Lo chiamano “patto di stabilità”, ma chi è la controparte? I patti presuppongono l’incontro di volontà paritarie. Qui non siamo più nell’emergenza. Siamo nell’arroganza del potere. Niente di nuovo sotto il sole: anche i governi tecnici riproducono la vecchia concezione politica del popolo bue. Anzi, mi sembra che il governo tecnico sia un prodromo per l’instaurazione di una monarchia ereditaria, dove il re succede a sé stesso e i partiti fanno da vassalli e valvassori. Chiamiamolo, allora, come si vuole: governo tecnico, tecnico-politico, politico-tecnico, la sostanza non cambia. E chiamiamo il suo operato come si vuole: manovra, patto, riforma, misure urgenti… ma sempre presa in giro della “vile plebaglia” (come chiamava il popolo Ettore Petrolini nelle vesti di Nerone) si tratta. Un altro esempio? Con l’ultima legge di stabilità, si abbassano le aliquote Irpef più basse che fanno gioire i falsi poveri e lasciano indifferente chi va a mangiare alla mensa della Caritas. Che poi non si dica che questo governo non pensa al sociale. In compenso lascia in tela di brache la classe media e i pensionati, quelli che sono considerati ricchi perché percepiscono ben duemila euro al mese e che il governo immagina che se li spendano tutti in divertimenti, ignorando che i padri devono sostenere i figli disoccupati, i nonni devono sostenere i nipoti… Questo non importa. E allora giù con inique decurtazioni, tagli e altre marchingegni fiscali del genere. Inoltre, in un sadico intento di maggiore presa per i fondelli, il governo prima fa credere che l’Iva diminuirà di un punto, poi a frittata cotta, apprendiamo che la diminuzione riguarda l’aumento di un punto anziché di due. L’olio di ricino, così, è più digeribile. Perché, allora, non ci diceva che l’aumento era solo di un punto anziché di quattro? Saremmo stati più contenti e avremmo detto “Com’è buono lei !”. Così il popolo, distolto dalla ricerca del pane quotidiano, zittisce e non reagisce, subisce e non percepisce e il potere su di lui infierisce. Siamo come al Casinò: noi mettiamo i soldi ma il banco vince sempre. E l’Equità? Buoni! Anche qui il governo ci è venuto incontro: ha promesso che Equitalia sarà più umana. D’ora in avanti il pagamento sarà, come dicono nelle Tv commerciali “A vostra scelta”. O anticipato o contanti. Fino a quando abuseranno della nostra pazienza?

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