domenica 14 ottobre 2012

LA SFORTUNATA VICENDA DEL TITANIC, TUTTA COLPA DI UNA MALEDIZIONE?

Il 15 aprile del 1912, una nave alla sua prima traversata tra Southampton e New York affondò trascinando con sé 1498 passeggeri. Si trattava del Titanic, definito “l’inaffondabile”, un prestigioso transatlantico proprietà della White Star Line. Le cause del disastro furono attribuite ufficialmente alla collisione tra la nave e un grosso iceberg che avrebbe squarciato, in maniera molto grave, parte della sua fiancata destra. In oltre novant’anni sono state avanzate le ipotesi più disparate sulla causa, o le cause, che provocarono quella terribile disgrazia, dall’errore umano alla sfortuna di schiantarsi sull’iceberg nell’attimo sbagliato. Infatti è stato affermato da parecchi studiosi che se il Titanic avesse virato dieci secondi prima avrebbe sicuramente evitato la collisione, mentre se lo avesse fatto dieci secondi più tardi avrebbe spaccato l’iceberg con la sua robustissima chiglia riportando così dei danni meno gravi di quelli subiti. Questo in base a calcoli e simulazioni effettuate tramite computer. Ma abbandoniamo per un attimo le congetture logiche e razionali per fare un breve viaggio nel mondo dell’irrazionale. La vera causa potrebbe risiedere in un’antica maledizione. Facciamo un salto al Cairo nell’anno 1910, due anni prima della disgrazia del Titanic, quando un americano di cui non è noto il nome avvicinò l’egittologo inglese Douglas Murray, proponendogli l’acquisto di un prezioso reperto. Si trattava di un sarcofago rinvenuto nel tempio di Ammon-ra, appartenente ad una principessa di rango vissuta a Tebe attorno al 1600 a.C.
All’esterno del sarcofago erano raffigurate in smalto e oro, con tecnica raffinata, le fattezze della principessa. Il sarcofago si presentava in perfette condizioni di conservazione. Murray non si lasciò sfuggire l’occasione e staccò subito un assegno all’americano, il quale non arrivò mai ad incassarlo perché morì la sera stessa. Nel frattempo Murray aveva già preso provvedimenti affinché il sarcofago venisse spedito nella sua casa di Londra. Un altro egittologo che si trovava al Cairo raccontò a Murray la sinistra storia legata al sarcofago. La principessa di Ammon-ra, sacerdotessa del culto dei morti, aveva fatto incidere sulle pareti della sua camera mortuaria un inquietante monito: su chiunque avesse spogliato il suo sacello si sarebbero abbattute disgrazie e terrore. Douglas Murray, però, si fece beffe di quella superstizione fino a tre giorni dopo, quando un fucile gli esplose misteriosamente in mano, durante una battuta di caccia lungo il Nilo. Dopo una settimana di atroci sofferenze in ospedale, il braccio rimastogli ferito dovette essere amputato all’altezza del gomito.
Quello non fu che l’inizio. Durante il suo viaggio di ritorno in Gran Bretagna, due amici di Murray morirono per “cause ignote”. Inoltre i due domestici egiziani che avevano trasportato la mummia morirono nel giro di un anno o poco più. Per Murray quel sarcofago diventò un’ossessione. Quando vi posava gli occhi, il viso modellato della principessa sembrava tornare in vita con uno sguardo che gelava il sangue. Alla fine decise di disfarsene ma una sua amica lo convinse a consegnarglielo. In poche settimane la madre della donna morì, lei fu abbandonata dal suo innamorato e in seguito venne colpita da una sconosciuta malattia da deperimento. Alla fine lasciò come disposizione testamentaria che il sarcofago dovesse ritornare a Douglas Murray. Però Murray, ormai malridotto, non ne volle più sapere e donò il sarcofago al British Museum. Anche all’interno di questa istituzione, ben nota per il suo rigore scientifico, il sarcofago acquistò un’oscura fama. Un fotografo che aveva scattato alcune foto morì sul colpo, mentre un egittologo responsabile di quel sinistro reperto fu trovato morto nel suo letto. A questo punto gli amministratori del museo si riunirono in gran segreto, votando all’unanimità di spedire il sarcofago ad un museo di New York, che aveva accettato il dono a patto che però venisse consegnato senza troppa pubblicità e con un mezzo fra i più sicuri. Il sarcofago non raggiunse mai New York, perché si trovava proprio nella stiva del Titanic quando affondò.
Coincidenza? Disgrazia? O la maledizione della principessa aveva colpito ancora una volta? Un’enorme incognita rimane per adesso sospesa su queste domande, ma forse un giorno qualcuno riuscirà a trovare delle risposte concrete per svelare questo inquietante mistero.


Luigi M.C. Urso.

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