lunedì 1 novembre 2021

San Galgano: l’Abbazia che ha per tetto le stelle


 

L’Abbazia di San Galgano è uno degli esempi di architettura che, proprio per la sua natura, permette di compiere un salto indietro nel tempo e di immaginare come dovesse apparire nel periodo del suo massimo splendore.

La bellezza di questa architettura gotica, di fattura cistercense, è amplificata soprattutto dalla mancanza della copertura.

 Questa caratteristica, non solo evidenzia le nervature delle arcate su cui poggiavano le volte, ma mette in comunicazione la rappresentazione dei due luoghi sacri, quello terreno e quello celeste. È certamente questo aspetto a renderla ancor più affascinante.


L’abbazia, dedicata a San Galgano, pone le sue radici nella storia secondo cui questo ex-soldato, dopo una vita dissoluta, intorno al 1180, avesse ricevuto la vocazione proprio sul colle di Montesiepi, nel comune di Chiusdino, a circa 30 km da Siena. Leggenda vuole che nel momento della conversione avesse conficcato la sua spada in una roccia affiorante, così da far diventare quello strumento di morte e distruzione in un simbolo di pace: la croce. 

Quest’episodio ed il ritrovamento reale della spada, databile attorno al 1200, rendono plausibile tale racconto, andando ad alimentare il mito della celebre spada nella roccia, legato alla storia di Re Artù. In questo luogo Galgano decise di costruire una semplice capanna in cui avrebbe vissuto da eremita fino al termine dei suoi giorni.


Alla sua morte, tutt’attorno alla roccia, venne edificato un piccolo luogo sacro a pianta circolare, ovvero l’Eremo o La Rotonda di Montesiepi, consacrato nel 1185, dal vescovo di Volterra, Ildebrando Pannocchieschi. Nel 1340 accanto a quest’edificio venne aggiunta una cappella a base rettangolare, i cui affreschi furono realizzati dall’abile mano di Ambrogio Lorenzetti. 

Tra le costruzioni delle due architetture, nel 1218, si avviarono i lavori per l’edificazione di quella che sarà l’Abbazia, ad opera dei monaci cistercensi che già edificarono l’Abbazia di Casamari, a Veroli, Frosinone. I lavori proseguirono in modo celere, tanto da vederne il completamento nel 1262 e la consacrazione nel 1288. In pochissimo tempo, grazie alle donazioni ed ai lasciti, l’abbazia divenne la più ricca e potente fondazione monastica di tutta la Toscana. Dopo anni di splendore, nel XIV secolo iniziò il periodo peggiore per questo luogo: prima la carestia (1328) e poi la peste (1348), costrinsero i monaci a trasferirsi a Siena. La struttura ed altre costruzioni nel circondario vennero saccheggiate ed i beni furono suddivisi e disseminati.

Già alla fine del 1400 il restante patrimonio dei monaci causò contrasti tra la Repubblica di Siena e il Papato. Successivamente nel 1503 la gestione dell’abbazia passò ad un abate esterno, il quale peggiorò la situazione già precaria, arrivando a far smontare la copertura in piombo del tetto per poterla rivendere, così le intemperie completarono il deterioramento. Da una missiva del 1576 risultano assenti le vetrate, le volte del tutto crollate e anche parti dell’edificio. Inoltre, a causa di un fulmine, nel 1786 crollò il campanile e nel 1789 venne sconsacrata e abbandonata definitivamente.

Alla fine dell’800 si ipotizzò un progetto di recupero delle rovine, concretizzato in un restauro conservativo iniziato nel 1924, il quale prevedeva di consolidmento della struttura, senza realizzare ricostruzioni posticce ed arbitrarie. Certamente la storia, le leggende e l’aspetto delle rovine dell’Abbazia di San Galgano arricchiscono di fascino la struttura.

Seppur con evidenti mancanze, è percepibile la grandezza di questo luogo che, ancora oggi, meraviglia e lascia senza parole. 

Fonte: viaggiandonellabellezza

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