venerdì 29 maggio 2020

La basilica di San Petronio


La basilica di San Petronio è in assoluto la chiesa più famosa, maestosa ed importante di tutta Bologna.
 L’imponente edificio domina Piazza Maggiore che gli si staglia di fronte e, sebbene si tratti di un’opera incompiuta, cionondimeno è la sesta chiesa più grande di tutta Europa dopo San Pietro in Vaticano, Saint Paul a Londra, la cattedrale di Siviglia, il Duomo di Milano ed il Duomo di Firenze.
 Questo fa della basilica di San Petronio di fatto la terza chiesa più grande d’Italia, dopo il Duomo di Milano ed il Duomo di Firenze. 


La chiesa, come suggerisce la sua stessa denominazione, è dedicata alla figura che dal 1253 rappresenta il patrono della città di Bologna, ovvero San Petronio. 
Fu il Consiglio dei Seicento del comune a deliberare, nel 1388, di costruire una basilica ad egli intitolata, e la prima pietra dell’edificio venne posta il 7 Giugno 1390, nel corso di una solenne processione. 
Questa chiesa rappresenta inoltre l’ultima grande opera gotica italiana, dal momento che la sua costruzione fu iniziata appena un anno più tardi rispetto al Duomo di Milano (che fu quindi parallelamente edificato nello stesso periodo).


La basilica di San Petronio, oltre ad essere un’importantissima opera religiosa, aveva anche una forte valenza politica: rappresentava infatti, nella figura del martire cristiano, l’idea di un Comune finalmente autonomo e libero dalla dominazione papale e signorile.
 Non dimentichiamo infatti che poco più di due secoli prima, all’alba dell’amministrazione comunale, Federico Barbarossa scese in Italia per ribadire la propria supremazia sulla nostra penisola, e lo stesso Papa Anastasio IV vide di buon occhio l’avvento dell’Imperatore nel convulso e caotico scenario politico italico.
 I cittadini romani infatti, sotto la guida del monaco Arnaldo da Brescia, avevano appena creato un pericolosissimo precedente storico, proclamando di fatto l’autonomia del Comune di Roma. Arnaldo predicava infatti il ritorno alla purezza spirituale della Chiesa, e ciò avrebbe comportato la totale perdita dello smisurato potere temporale che il Vaticano era allora in grado di esercitare liberamente.
 Fu così che grazie all’intervento dell’Imperatore, Arnaldo fu messo al rogo, la figura del Papa tornò a regnare su Roma, e la neonata istituzione comunale si trovò nuovamente chiusa tra l’incudine ed il martello.


A complicare ulteriormente le cose furono i contrasti interni che lacerarono i Comuni dalla fine del XII all’inizio del XIV secolo, tra gli interminabili contrasti fra borghesia e nobiltà inurbata, che portarono al varo delle cosiddette leggi antimagnatizie; v’era inoltre una marcata differenza sociale tra il popolo grasso (la borghesia, composta da ricchi popolani e commercianti) ed il popolo magro (gli artigiani e gli ancor più infimi, nella scala d’importanza dell’epoca, lavoratori dipendenti). 

 Il Comune, in sostanza, sentiva l’impellente necessità di autodeterminarsi, di ribadire con fermezza la propria emancipazione dal giogo papale ed imperiale. E la figura di San Petronio fu scelta come il paradigma stesso dell’indipendenza comunale che si contrapponeva alle ingerenze esterne. 

 Nel corso del 1300 la borghesia artigiana, mercantile e professionistica stava facendosi sempre più attiva nella realtà politica comunale, tant’è che riuscì a riportare in auge l’iniziale ideale di governo del “popolo e delle arti”, che portò alla formazione del Consiglio dei Quattrocento prima, e dei Seicento poi. 

 Tra le prime iniziative promosse dal nuovo governo vi fu il forte rilancio del culto di San Petronio, tant’è che sembra che l’ipotesi di erigere una chiesa in onore del patrono della città fosse nata già nel 1307, ma per un gran numero di intricate vicende politiche e situazioni contingenti, la realizzazione del progetto fu continuamente rimandata fino alla fine del secolo.


 Un fattore probabilmente determinante nel fornire la spinta alla scelta di edificare finalmente la basilica di San Petronio fu probabilmente offerta, più che dalla volontà interna della città, dall’operato di Milano e Firenze. 
Bisogna infatti ricordare che Bologna, nel XIV secolo, era una delle città più grandi e popolose di tutta l’Europa, e le sue rivali per eccellenza, il capoluogo toscano e quello lombardo, avevano già costruito il proprio duomo l’una (parliamo di Firenze, che lo realizzò addirittura un secolo prima), e gettato le basi per edificarlo l’altra.
 Bologna non poteva più permettersi di cedere all’inerzia, ma parimenti non intendeva erigere un Duomo sotto la spinta della volontà ecclesiastica, come accadde per Firenze e per Milano, ma costruire invece un monumento che fosse innanzitutto foriera di libertà, autonomia ed emancipazione per il popolo e per la città stessa.


Come già detto in precedenza, tuttavia, questo grandioso progetto si protrasse nel tempo senza mai trovare una vera e propria soluzione di continuità, e finendo col rimanere un’opera incompiuta.
 La facciata non venne mai completata, e Giacomo Ranuzzi iniziò (senza finirlo) il rivestimento marmoreo nel 1538; degne di nota sono anche la meravigliosa Porta Magna, un capolavoro di Jacopo della Quercia e la Cappella di San Abbondio (dove fu incoronato imperatore Carlo V da Papa Clemente VII, nel 1530) fu restaurata in falso gotico nel 1865 (sebbene gli interni del tempio presentino un pregevole stile classico). 

 La Cappella dei Re Magi è invece l’unica che conserva ancora quasi intatta la decorazione originale, ed è così chiamata per via degli affreschi di Giovanni da Modena, che vi dipinse un ciclo raffigurante il paradiso e l’inferno a sinistra, mentre la parete destra fu dedicata alle “Storie dei Re Magi”.
 Nella parete in fondo sono invece rappresentate scene della vita di San Petronio.




Vi sono poi la Cappella Maggiore, la Cappella delle Reliquie, la Cappella di San Pietro Martire, la Cappella di Sant’Antonio da Padova, la Cappella del Santissimo, la Cappella di San Girolamo, la Cappella dell’Immacolata, e numerose altre cappelle.

 La copertura della navata maggiore e la chiusura dell’abside furono completate solo nel 1663, grazie ad un progetto di Girolamo Rainaldi, mentre la controfacciata fu decorata da Francesco da Milano, dal Lombardi e da Zaccaria Zacchi. 

 Il 21 Febbraio 1508 venne posta sulla facciata l’imponente statua in bronzo di Papa Giulio II realizzata da Michelangelo (peraltro l’unico bronzo prodotto dall’artista oltre al David De Rohan, andato ufficialmente perduto), e questo fu un messaggio incredibilmente da parte del Pontefice: stava infatti a sottolineare che, sebbene la basilica fosse nata sotto la ventata di spirito autonomo e libertario dei bolognesi, la città rimaneva comunque sotto il pesante ed irriducibile dominio papale.


Un’altra interessante curiosità relativa a quell’aspro dualismo fra Chiesa e Comune ruota attorno alla costruzione dell’Archiginnasio. 

Papa Pio IV si pronunciò espressamente a favore dell’edificazione dell’Archiginnasio, ufficialmente per fornire una sede allo Studium bolognese, ma in realtà l’intento del Pontefice era di tutt’altra natura, nemmeno lontanamente filantropica: egli era infatti seriamente intimorito dal progetto della basilica di San Petronio, e voleva evitare ad ogni costo che con la sua edificazione potesse rischiare di superare, per dimensioni, la basilica romana di San Pietro.


Anche la Meridiana di San Petronio merita senz’altro una menzione. 
Ideata e concretizzata da Gian Domenico Cassini intorno al 1656, si tratta della meridiana più lunga del mondo (ben 67, 72 metri) lunghezza fra l’altro che corrisponde alla seicentomillesima parte del meridiano terrestre.
 Fu in seguito ristrutturata dall’astronomo Eustachio Mafredi nel 1775, che rimosse la linea di ferro per sostituirla con una analoga realizzata in ottone.




Fu in seguito ristrutturata dall’astronomo Eustachio Mafredi nel 1775, che rimosse la linea di ferro per sostituirla con una analoga realizzata in ottone.

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