domenica 23 febbraio 2014

Renzi-Napolitano, lo scontro.......Ma la nostra non è una Repubblica Parlamentare???



Giorgio Napolitano assicura:
“Il mio braccio è riposato”.
Non sembra però lo sia tanto quello di Matteo Renzi, quando esce dalle quasi tre ore di faccia a faccia con il capo dello Stato. Nonostante le smentite ufficiali, a cominciare da quella di “Re Giorgio”, che lo scontro ci sia stato e anche molto duro lo rivela il tono roco della voce del premier che domani, sabato 22 febbraio, alle 11,30 giurerà con i ministri al Quirinale.
Sembra che Renzi a un certo punto abbia anche urlato: “Oh suvvìa presidente!” per imporre Federica Mogherini agli Esteri, mentre Napolitano avrebbe puntato duramente a una riconferma di Emma Bonino.
Lo scontro sulla casella degli Esteri sarebbe stato l’epicentro di un colloquio lungo e teso.
Del resto era già iniziato con l’irritazione da parte del Colle per l’orario dell’incontro dato dal segretario del Pd alle agenzie, prima ancora di concordarlo con il Quirinale.
Alla fine “Re Giorgio” , che ha dovuto subìre il ribaltone in diretta streaming di Enrico Letta, si prende però platealmente la rivincita in diretta tv quando afferma che tra lui è“il dottor Renzi è stato fatto un lavoro parallelo: da un lato io svolgevo il mio, dall’altro lui consultava”.
Frase che ha scatenato le interpretazioni più maliziose nei Palazzi della politica del tipo: “Allora Napolitano dettava la lista e Matteo telefonava?”.
Solo gossip, naturalmente.
Ma certamente è inequivocabile quella frase finale del presidente della Repubblica, rilasciata a un giornalista al Quirinale: “La mano sul fuoco non possiamo metterla, speriamo che tutto vada bene”.
É un augurio certamente, ma non suona affatto come quella benevola apertura di credito, totale, che Napolitano aveva dato a Enrico Letta al quale significativamente il presidente alla fine manda con tono quasi commosso il suo ringraziamento. Aggiungendo che Letta “sarà una risorsa per l’Europa”.
Nomina a commissario Ue al posto di Massimo D’Alema?
Quanto al Renzi/1 (“Ennesimo governo calato dall’alto, senza elezioni”, avverte Fi con il consigliere politico per il programma Giovanni Toti”) nei ministeri di peso Renzi può contare di fatto solo su Federica Mogherini, Con sé ha poi naturalmente il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Graziano Delrio.
Ecco perché si sarebbe messo a urlare.
Certamente renziana è anche Marianna Madia, nominata alla Pubblica amministrazione.
Ma per il resto nei ministeri chiave nessuna traccia del “giglio magico”. A cominciare dal ministro più di peso: quello dell’Economia Pier Carlo Padoan, il quale “nasce” alla fine degli anni ‘90 alla Fondazione Italiani europei con D’Alema. Padoan, ex direttore del Fondo monetario internazionale, ex vicepresidente dell’Ocse ed ex presidente dell’Istat, ha anche ottimi rapporti con Napolitano.
Tutti sanno che all’Economia invece Renzi avrebbe voluto Fanco Bernabè.
Amichevoli sono poi i rapporti tra il presidente e il neoministro della Giustizia Andrea Orlando, che nel Pci apparteneva alla stessa componente migliorista di Napolitano.
Per Orlando, di orientamento garantista, avrebbe premuto la minoranza interna del Pd, soprattutto i “giovani turchi”, ottenendo così ampia convergenza con Napolitano.
Certo non con Renzi che avrebbe voluto il magistrato Nicola Gratteri in quel ministero.
Angelino Alfano poi ha ottenuto la sua riconferma al ministero dell’Interno e quelle di Maurizio Lupi alle Infrastrutture e di Beatrice Lorenzin alla Salute.
Certo il neopremier può vantare il governo più snello dopo quello di “De Gasperi3”, con 16 ministri, e “la parità di genere per la prima volta”, la metà dei ministri è composta da donne.
Tra queste renziana doc è Maria Elena Boschi alle Riforme e ai Rapporti con il parlamento.
Ma il suo ministero è senza portafoglio. E anche Renzi rischia di essere così un premier senza portafoglio.
Che se non terrà fede al patto del Nazareno con Silvio Berlusconi resterà in balìa della palude nella quale rischia di essere spinto dai vari centrini, a cominciare dal Nuovo centrodestra di Alfano.
Ncd si vanta del fatto che avrebbe ottenuto da Renzi “il congelamento” dell’Italicum in attesa della riforma per il superamento del bicameralismo perfetto.
E’ davvero così? Se lo fosse, “il suo rischia di essere la bruttacopia del governo Letta e con meno durata”.
Ecco perché Berlusconi già scalda i motori in vista delle elezioni politiche e assicura: “Rivinceremo noi”. Il Cav poi si dice sicuro che Renzi non ha i numeri.
Certo è che quattro senatori di area vicina a Pippo Civati hanno già detto che lunedì in parlamento voteranno no.
Se così sarà Renzi avrà una maggioranza sul filo, con uno scarto di soli 8 voti.
Ce n’è abbastanza per non metterci la mano sul fuoco.


La nostra è una Repubblica Parlamentare (secondo la nostra costituzione)

Repubblica parlamentare: il capo dello stato viene eletto direttamente dal parlamento in seduta comune, ed assume un'investitura temporanea.
Questa  forma di governo, è articolata secondo la stessa fisionomia di tipo monistico (dal greco mònos = uno solo) il che vuol dire che il potere si concentra in un unico organo: il Parlamento. Questo eletto direttamente dal popolo, non ha competenze soltanto legislative ma ha anche il compito di esprimere il governo e di controllarne l'operato. Infatti il governo, che detiene il potere esecutivo, è la rappresentazione della maggioranza del parlamento e da esso deve ricevere la fiducia ed è costretto a dimettersi se tale fiducia viene a mancare. Di contro al potere del parlamento, fa normalmente da contrappeso il potere, assegnato talvolta al governo e talvolta al capo dello stato, di sciogliere le camere e indire elezioni anticipate.
In tale sistema il ruolo decisivo lo assume la maggioranza parlamentare, ovvero la formazione dei partiti di coalizione che vincono le elezioni e quindi assumono il diritto di formare il Governo. Tra potere esecutivo e potere legislativo non vi è in genere contrapposizione: infatti il primo è formato dalla stessa maggioranza del secondo. Nel parlamento comunque sono presenti anche i partiti di opposizione che possono ostacolare l'azione di governo.


Non è quella dell'italia (anche se parrebbe di si!!!)

La repubblica presidenziale è una forma di governo, appartenente alle forme di democrazia rappresentativa, in cui il potere esecutivo si concentra nella figura del Presidente che è sia il capo dello Stato sia il capo del governo. Generalmente questi è democraticamente eletto direttamente dai cittadini e forma il suo governo; essendo capo di stato non ha bisogno di voto di fiducia parlamentare anche perché, avendo già ottenuto il voto della maggioranza dei cittadini, non ha bisogno della fiducia dei loro rappresentanti. La legittimazione attraverso il voto conferisce al presidente una chiara superiorità rispetto ai suoi ministri, non sempre rimarcato nei sistemi parlamentari.
Il Parlamento, eletto indipendentemente dal Presidente, è il solo titolare del potere legislativo. Per controbilanciare il grande potere politico affidato al Presidente, infatti, ai deputati viene affidata l'esclusiva potestà di iniziativa legislativa. Il Presidente non può assolutamente modificare le leggi se non affidandosi a deputati a lui vicini che agiscano secondo i desideri del Capo dello Stato. La potestà legislativa non può essere delegata in alcun modo al governo neanche per motivi d'urgenza. Questa netta divisione funzionale fra Parlamento e Presidente si riflette nell'insindacabilità politica reciproca fra i due organi: il Parlamento non può licenziare il Presidente il quale a sua volta non può sciogliere le Camere. È il principio cardine della Separazione dei poteri che garantisce la democraticità di questa forma di governo. Tuttavia è presente un sistema di controllo reciproco (check and balances, ossia pesi e contrappesi) con cui i titolari dei suddetti due poteri si limitano: il parlamento ha il potere della borsa (approvazione del bilancio e degli interventi comportanti nuove spese), mentre il presidente è titolare del potere di bloccare le leggi emanate dal parlamento.
A corollario del sistema, secondo i principi di Montesquieu, vi è l'indipendenza del potere giudiziario il quale, diretto da una Corte Suprema nominata dal Presidente, ne è comunque totalmente autonoma in quanto non revocabile e vitalizia.

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