giovedì 13 febbraio 2014

I micidiali "ganci" della canocchia pavone


La livrea multicolore e gli occhi fuori dalle orbite potrebbero far pensare a un simpatico e innocuo gamberetto. Invece imbattersi in una canocchia pavone (Odontodactylus scyllarus) è un'esperienza tutt'altro che piacevole, soprattutto se hai un guscio come casa e vivi sui fondali marini.
 ll temibile crostaceo d'acqua salata - anche noto come "spacca pollici" - diffuso nelle scogliere coralline indopacifiche, ha infatti una strategia predatoria piuttosto "manesca": per rompere i gusci delle sue vittime utilizza gli arti raptatori come fossero clave, con le quali sferrare ganci mortali. 

 Il piccolo stomatopode (dai 3 ai 18 centimetri di lunghezza) è provvisto di appendici a martello lunghe appena 5 millimetri, ma che possono sferrare colpi alla velocità di 23 metri al secondo e generare una forza di 500 Newton: quanto basta per rompere il vetro di un acquario, e per mandare ko molluschi, crostacei, lumache di mare e pesci di taglia superiore alla sua. 

Come è possibile che la canocchia sferri attacchi così micidiali senza rimetterci gli arti? Un articolo appena pubblicato su Science analizza le caratteristiche delle sue infallibili armi.


Un team di ricercatori del Wyss Institute for Biologically Inspired Engineering dell'Università di Harvard ha analizzato le appendici al microscopio elettronico, scoprendo che la loro efficacia dipende non solo dal materiale che le costituisce, ma anche dalla sapiente disposizione dei vari strati che le compongono.
 Lo strato più esterno, quello più a rischio fratture, è formato da cristalli di idossiapatite, un minerale che è anche tra i componenti principali delle ossa.
 Lo strato intermedio prevede invece un'alternanza di fibre di chitosano, un polisaccaride tipico dell'esoscheletro dei crostacei, disposte a strati alternati per attutire i colpi ed evitare a eventuali fratture di estendersi.
 Lo strato più interno, a minore contenuto di minerali, è più soffice e ha la funzione di assorbire l'energia liberata dai colpi.


Lo studio di questi materiali potrebbe servire a ideare, con l'aiuto delle nanotecnologie, nuove superfici altamente resistenti in grado di subire forti urti senza rompersi.
 Del resto, anche gli antichi Romani utilizzavano, per difendersi dai nemici, scudi lignei multistratificati, con fibre disposte secondo orientamenti alternati. 
Gli arti a guantone da box, comunque, non sono l'unica arma della canocchia pavone, che vanta anche una vista in grado di percepire la luce polarizzata circolarmente e chemorecettori nelle antenne che individuano le prede con estrema facilità.


Elisabetta Intini

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