sabato 25 gennaio 2014
Un biberon messapico a forma di maiale
Gli archeologi italiani hanno scoperto un antico maiale di terracotta che serviva come giocattolo oltre che come biberon.
Noto come guttus, il recipiente risale a circa 2.400 anni fa, quando parte della Puglia era abitata dai Messapi, una popolazione migrata dall’Illiria verso il 1.000 a.C.
Caratterizzato da orecchie a punta e occhi umani, il guttus tintinnabula a forma di maiale aveva dei sonagli nella pancia – apparentemente per incoraggiare il bambino a dormire dopo il pasto.
Il piccolo manufatto è uno dei rari oggetti rinvenuti lo scorso maggio a Manduria, vicino a Taranto, quando alcuni lavori di costruzione avevano esposto una tomba messapica.
Tagliata nella roccia, la tomba era decorata con bande ocra, rosse e blu. Conteneva i resti di due individui – in linea con l’usanza messapica di seppellire i membri della famiglia insieme nella stessa tomba.
“Abbiamo trovato alcuni resti scheletrici in un angolo. Altri resti, relativi a una sepoltura successiva, occupavano l’intera tomba”, ha detto l’archeologo Arcangelo Alessio della Soprintendenza archeologica della Puglia.
Oggetti come una ciotola dipinta di nero e una lama di ferro indicano una sepoltura maschile, mentre un forte indizio di sepoltura femminile arriva da una particolare ceramica messapica chiamata trozzella. Caratterizzata da quattro piccole rotelle sui manici, delle versioni del vaso si trovano spesso nelle tombe di donne messapiche.
“L’analisi degli oggetti funerari e del loro contesto suggerisce che le due sepolture risalgono al periodo ellenistico, tra la fine del quarto e il terzo secolo a.C.”, dice Alessio. La presenza dei tre recipienti per l’allattamento indicherebbe una terza sepoltura, forse di una neonata, come suggerito da due statuette di terracotta scoperte nella tomba. Queste sculture erano infatti spesso poste nelle sepolture di giovani ragazze.
“Dovremmo ipotizzare che l’individuo femminile fosse incinta al momento della morte”, spiega l’archeologo che ha seguito gli scavi Gianfranco Dimitri.
“È un’ipotesi intrigante, anche se è possibile che le ossa del piccolo si siano decomposte totalmente nei secoli”.
Fonte: ilfattostorico
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