lunedì 24 settembre 2012

Galassie scoppiettanti


L'Universo primordiale era pieno di galassie ad alta produzione stellare che crescevano in gran fretta, illuminate da "lampi" di energia che erano veri e propri fuochi d'artificio stellari. È quanto sostiene un gruppo di astronomi guidati da Peter Barthel, grazie al telescopio spaziale Esa Herschel, lanciato nel 2009. Nelle galassie più antiche, le intense radiazioni nelle stelle "neonate" sono spesso accompagnate da potenti esplosioni di energia causate dall'accelerazione gravitazionale del buco nero al centro delle galassie. Insomma dei fuochi d'artificio galattici. Lo studio, pubblicato su Astrophysical Journal Letters, ricorda che la nostra galassia è ormai a riposo: produce una stella circa ogni anno e il suo buco nero è inattivo. Ma galassie più distanti si trovano in una fase completamente diversa della loro vita. Solo recentemente, grazie a Herschel, un telescopio che rileva la luce infrarossa e non quella visibile come Hubble, gli astronomi hanno potuto osservare i processi di formazione stellare in galassie lontane. Il gruppo di Barthel, del Kapteyn Institute dell'Università del Groningen in Olanda, ha osservato 70 radio galassie, e dai dati si nota che molte di queste emettono radiazioni infrarosse, il che fa pensare che sia in atto un intenso processo di formazione stellare. Nello studio in questione (Extreme Host Galaxy Growth in Powerful Early-epoch Radio Galaxies) vengono descritte nel dettaglio le prime tre galassie: la loro potente emissione radio indica la presenza, al loro centro, di un buco nero in fase di accrescimento. Proprio le violente esplosioni di energia causate dalla materia che precipita nel buco nero causano quei "fuochi d'artificio" visti da Herschel, che si sommano alla radiazione infrarossa causata dalla formazione stellare. Secondo i ricercatori, tutte le galasse di grandi dimensioni potrebbero attraversare questa fase caratterizzata da rapida crescita tanto della galassia (attraverso la formazione stellare) quanto del suo buco nero. di Eleonora Ferroni

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