martedì 4 gennaio 2022

Venere di Willendorf: questa statuina di 30.000 anni fa è accattivante ancora oggi per via del mistero che la circonda


 Venere era la dea romana dell'amore. Derivata da Afrodite, un'importante divinità della mitologia greca, era decisamente importante per la religione romana e, ovviamente, dell'arte di quel periodo. 

La scultura più antica al mondo a prendere il nome da questa divinità, però, precede il mito stesso di almeno 20.000 anni. Si tratta della Venere di Willendorf, scoperta all'inizio del XX secolo. Questa piccola statuetta ha ricevuto il suo nome dal fatto che, molto probabilmente, era un omaggio alla fertilità.

Sebbene questa ipotesi abbia resistito per anni, oggi non ci sono ancora certezze.

 Storici, archeologi e altri esperti del settore oggi non sono ancora sicuri del significato della rappresentazione, del suo scopo o persino delle origini, rendendo questa scultura una delle più misteriose al mondo.


La Venere di Willendorf è una statuina di 11,2 centimetri, e prende il nome dal luogo dove venne scoperta: Willendorf, in Australia. 

Si crede che possere stata creata tra il 30.000 e il 25.000 a.C., e questo la rende una delle più antiche opere d'arte conosciute.

Scolpito in pietra calcarea con sfumature decorative di ocra rossa, la statua rappresenta una donna svestita.

 Anche se priva di volto, la testa della figura è decorata con un motivo che somiglia ad una acconciatura intrecciata o un copricapo. Il corpo è raffigurato esagerando le proporzioni delle parti associate alla riproduzione e alla fertilità. 

I seni prominenti della figura, l'addome rotondo e i fianchi pieni hanno portato i ricercatori a concludere che l'opera era intesa come una statuina della fertilità, una delle cosiddette "veneri paleolitiche".

Così come altre sculture simili, probabilmente la Venere di Willendorf non ha mai avuto piedi, e non poteva stare dritta se non inserita in un terreno soffice.


Il 7 agosto del 1908, mentre scavava in un piccolo sito risalente al paleolitico nei pressi del villaggio austriaco Willendorf, l'archeologo Johann Veran scoprì la piccola statua che, all'inizio, si è ritenuta essere risalente al 10.000 a.C. Ulteriori studi, però, hanno confermato che in realtà è ben più antica.

Negli anni '70, i ricercatori conclusero che aveva circa 20.000 anni. Un'analisi del 1990, però, ha analizzato gli strati di roccia di cui è composta la Venere, determinando che deve risalire al 25.000 o al 30.000 a.C.: una datazione che è ritenuta ancora oggi valida.

La Venere di Willendorf non è solo decisamente antica, ma è anche interessante per il mistero che la circonda. 

Delle sue origini si sanno poche cose, e ancora meno si conosce dell'artista che la creò. Secondo le ipotesi di Catherine McCoid e LeRoy McDermott, la statuina (così come le altre veneri) potrebbe essere l'auto-ritratto di una donna

La teoria dell'auto-ritratto deriva dalla correlazione tra le proporzioni delle statue e le proporzioni apparenti del corpo di una donna che osservava il proprio corpo guardando verso il basso. 

Questa ipotesi si basa sulla considerazione che per le persone non c'era altro modo, a quell'epoca, di guardare il proprio corpo. 

Si pensa che la mancanza del volto poteva derivare proprio dal fatto che gli scultori non avevano specchi. Questa visione è stata però criticata da Michael S. Bisson, che nota che gli uomini del paleolitico potevano comunque specchiarsi in stagni e pozze.

Fonte: wonews.it

“Aperta” la mummia del faraone egiziano Amenhotep I dopo 3.500 anni


 Per decenni la mummia di Amenhotep I, ritrovata in Egitto nel 1881, è rimasta un mistero per gli studiosi e per il resto del mondo. Dalla sua scoperta, infatti, quella del faraone egizio era rimasta l’unica mummia a non essere stata mai aperta dagli archeologi. E non a causa di qualche maledizione, ma per via della sua estrema fragilità.

Finalmente, però, adesso il volto del faraone egiziano è stato svelato grazie a un team di ricercatori dell’Università del Cairo e di esperti del Ministero delle Antichità egiziane che hanno usato delle scansioni TC per “sbirciare” virtualmente all’interno del sarcofago. 


In totale sono circa 30 gli amuleti rinvenuti nei vari involucri che avvolgono il corpo del faraone Amenhotep I, che ha governato l’Egitto per un ventennio (tra il 1525 e il 1504 avanti Cristo).

“Ognuno degli amuleti aveva la funzione di aiutare il re defunto nell’aldilà” spiegano l’archeologo Zahi Hawass e la radiologa Sahar Saleem, che hanno coordinato lo studio. Ma le scoperte non finiscono qui. 

Dentro il sarcofago è custodita anche una splendida cintura d’oro con perline, un accessorio molto in voga tra gli Egizi. 

Grazie alle scansioni TC è stato finalmente possibile ammirare il volto del sovrano egiziano, coperto da un’affascinante maschera in legno.

Amenhotep I assomiglia fisicamente a suo padre (Ahmose I): aveva un mento stretto, un naso piccolo e stretto, capelli ricci e denti superiori leggermente sporgenti – si legge nello studio appena pubblicato sulla rivista Frontiers in Medicine. – Il faraone avevo circa 35 anni quando morì. Era alto circa 169 cm ed era circonciso.

Tuttavia, l’analisi digitalizzata non ha fornito nuovi indizi sulle cause del decesso di Amenhotep I.

 Non è stata trovata alcune ferita o sintomo riconducibile a una malattia, soltanto mutilazioni avvenute post-mortem, presumibilmente provocate da ladri di tombe a seguito della sepoltura – spiegano gli studiosi – Le sue viscere sono state rimosse dagli imbalsamatori, ma non il suo cervello e il suo cuore.

Adesso la tecnica usata per svelare nuovi dettagli su Amenhotep I potrebbe essere impiegata per studiare anche altre mummie, non solo quelle egiziane. 

ROSITA CIPOLLA