mercoledì 24 giugno 2020

La tomba di una giovane guerriera Scita sembra confermare l’esistenza delle Amazzoni


Quando l’archeologo russo Vladimir Semyonov aprì quell’antica tomba quasi non riusciva a credere ai propri occhi: il cadavere parzialmente mummificato custodito all’interno era talmente ben conservato da mostrare ben visibile una verruca sul viso.

 Era il 1988 quando l’archeologo, insieme alla collega Marina Kilunovskaya, trovò la sepoltura di un giovane guerriero del popolo degli Sciti, nell’attuale repubblica di Tuva, in Siberia. Kilunovskaya racconta oggi la sua emozione all’apertura della tomba: “E’ stato così sorprendente quando, appena aperto il coperchio, ho visto la faccia, con quella verruca, che sembrava davvero impressionante.”


I ricercatori stimarono che si trattasse dei resti di un ragazzo di circa 12/13 anni, sepolto con tutte le sue armi: un’ascia, un arco in betulla lungo un metro e una faretra con dieci frecce di diverso tipo.


Nella tomba non ci sono perle, specchi od ornamenti femminili, come si addice a un giovane maschio di quel bellicoso popolo nomade, di cui si sa molto poco.
 Ne parla lo storico greco Erodoto, e i suoi racconti sono sempre sembrati molto frutto di fantasia.
 Li descrive come abilissimi (e feroci) arcieri che bevono il sangue dei nemici e prendono come trofeo i loro scalpi, mentre la pelle dei cadaveri viene usata per rivestire le faretre. 

Sempre secondo Erodoto, gli Sciti usano gettare dei semi di canapa su pietre roventi poste all’interno di una tenda di feltro, per poi respirare i vapori e urlare di gioia. 
 Questa usanza veniva ritenuta un’invenzione dello storico, ma in realtà scoperte archeologiche recenti suffragano il racconto: semi di canapa, bracieri, treppiedi, e pietre, rinvenuti insieme, raccontano che Erodoto non si era inventato nulla.
 Sembra ipotizzabile che Erodoto non si sia inventato nulla (almeno nella sostanza se non nell’origine mitica) nemmeno quando racconta delle Amazzoni, che colloca proprio nella Scizia, dove sarebbero emigrate dopo essere state sconfitte dai guerrieri greci. 

In quella terra lontana, tra le montagne del Caucaso, le amazzoni si uniscono, anche carnalmente, ai guerrieri sciti, dando origine al popolo dei Sarmati.
 Le donne combattono a cavallo insieme agli uomini, indossano gli stessi abiti e rimandano il matrimonio fino a che non hanno ucciso un nemico in battaglia.


 I resti di quell’adolescente, ritrovati nel 1988, sembrano oggi confermare le storie di Erodoto, perché non si tratta di un giovane adolescente ma della mummia di una ragazza: le analisi paleogenetiche, condotte nel laboratorio di genetica storica dell’Istituto di fisica e tecnologia di Mosca, hanno prodotto un risultato straordinario.
 L’adolescente sepolta con il suo corredo di armi è una giovane amazzone di circa 14 anni, morta all’incirca 2.600 anni fa. 

La sua bara, ricavata da un unico pezzo di legno, si trovava sepolta a circa mezzo metro sotto terra, orientata verso su-ovest.
 La ragazza indossava una pelliccia a doppio petto lunga fino al ginocchio, fatta con le pelli di piccoli roditori cucite insieme, e un berretto di pelle colorato con un pigmento rosso.
 Della camicia e dei pantaloni rimane poco o nulla.


Oggi tuttavia, al di là degli oggetti trovati nella tomba, l’entusiasmo dei ricercatori è dovuto sopratutto alla scoperta del genere della mummia, che pare confermare non solo i racconti di Erodoto, ma anche quelli del medico greco Ippocrate, vissuto all’incirca tra il 460 e il 377 a.C. 
 Nel suo racconto, le donne scite rimangono vergini guerriere fino a quando non hanno ucciso tre nemici in battaglia. 
Solo quando hanno assolto a questo compito possono sposarsi, ma dopo il matrimonio devono abbandonare l’attività guerresca. 

 A conferma dell’esistenza delle donne guerriere scite, che sempre più spesso vengono indicate come discendenti delle mitiche amazzoni, ci sono stati altri ritrovamenti: a gennaio 2020, in una tomba scavata nella regione russa di Voronezh, sono stati rinvenuti i resti di quattro donne di età diverse sepolte insieme, risalenti al IV secolo a.C. 
Nel corredo funerario c’erano, tra le altre cose, punte di freccia, imbracature per cavalli, coltelli, ma anche gioielli e un prezioso copricapo miracolosamente integro.


 Dopo Omero, che canta le loro gesta nell’Iliade, passando per Eschilo, Erodoto, Ippocrate, il geografo Strabone e poi ancora Plutarco e molti altri autori greci (che non amano le Amazzoni, antitesi perfetta del loro ideale di donna), le antiche donne guerriere riemergono dalle nebbie del mito ed entrano di fatto nella storia, a dimostrazione di quanto c’è ancora da scoprire del nostro passato.

 Fonte: vanillamagazine