mercoledì 26 febbraio 2020
Atene, le tavole di maledizione del Kerameikos
Trenta tavolette di piombo, incise con maledizioni, sono state scoperte sul fondo di un pozzo di 2500 anni fa nell'area dell'Atene antica, nella zona del Kerameikos, principale cimitero di Atene.
Le piccole tavolette invocano gli dei inferi per arrecare danni agli altri.
Si tratta di testi rituali, di soli graffiti su oggetti di piombo.
"La persona che ha materialmente fatto la maledizione non è mai menzionata per nome. Viene menzionato solo il destinatario", ha osservato la Dottoressa Jutta Stroszeck, direttrice dello scavo del Kerameikos per conto dell'Istituto Archeologico Tedesco di Atene.
Prima di questa scoperta, decine di maledizioni del periodo classico (480-323 a.C.) erano state rinvenute nelle sepolture di persone morte anzitempo, ritenute messaggeri ideali per portare l'incantesimo negativo negli inferi.
Il pozzo dove sono state rinvenute le trenta tavolette è stato scavato nel 2016 da un team di archeologi sotto la direzione della Dottoressa Stroszeck che stava indagando sull'approvvigionamento idrico a circa 60 metri dal Dipylon.
Si tratta di un balneum pubblico, non privato, che operò dal periodo classico a quello ellenistico, dal V al I secolo a.C.
I ricercatori pensano si tratti del balneum a cui fa riferimento il drammaturgo comico Aristofane e che venne menzionato anche in un discorso del IV secolo a.C. del retorico Isaeo.
Oltre alle tavolette contenenti maledizioni, il pozzo conteneva vasi potori (skyphoi), vasi per la miscelazione del vino (krater), lampade in argilla, speciali vasi a bocca larga utilizzati per attingere acqua (kadoi), manufatti in legno tra i quali una scatola, un raschiatore per lavori di ceramica, una puleggia in legno ed, inoltre, monete in bronzo e resti organici come ossa di pesca.
C'è un motivo, a quanto pare, perché le tavolette siano state gettate nel pozzo.
Secondo Cicerone, Demetrios di Phaleron, che governò Atene nel 317-307 a.C., emanò una legge per meglio organizzare la gestione delle sepolture.
Creò, inoltre, anche un magistrato che doveva supervisionare l'ottemperanza alla legge.
Quest'ultima vietava la deposizione delle lamine di maledizione nelle sepolture, come era solitamente fatto (ne sono state trovate 35 nelle tombe del Kerameikos).
In questo modo, chi voleva inviare delle maledizioni, nel IV secolo a.C., si trovò costretto a ricorrere a delle alternative, quale quella di gettare le tavolette con incise le maledizioni in un pozzo.
Il pozzo è profondo dieci metri e, nella parte inferiore, è stata rinvenuta una nicchia di circa un metro di altezza, in calcare. Questa nicchia era dedicata alla ninfa dell'acqua contenuta nel pozzo.
"L'acqua, e in particolare l'acqua potabile, era sacra", ha detto la Dottoressa Stroszeck. "Nella religione greca era protetta dalle ninfe, che potevano diventare piuttosto pericolose quando si faceva un cattivo uso della loro acqua".
Per placare queste divinità, venivano fatte offerte quali vasi in miniatura contenenti dei liquidi ed altri doni gettati nell'acqua.
Le tombe del Kerameikos del periodo classico erano ornate, contrassegnate da screpolature, rilievi, animali scolpiti o vasi in marmo.
Questa zona era caratterizzata dall'aspetto della transizione: dalla terra della città a quella rurale, dalla città dei vivi al regno dei morti.
"In tali aree la presenza del divino e del soprannaturale sono stati intensamente sperimentati, motivo per cui le attività di culto e quelle mantiche (di profezia) sono state molto presenti in questi luoghi", ha affermato la Dottoressa Stroszeck.
Gli ateniesi ritenevano che le anime di certi defunti rimanessero attive attorno alle loro sepolture qualche tempo dopo la morte, per questo erano particolarmente indicate per recare le maledizioni nell'oltretomba, dove si sperava che le divinità ctonie avrebbero ottemperato a quanto chiesto dai vivi.
Sembra ci siano stati quattro motivi per maledire qualcuno, nell'Atene classica: innanzitutto per vincere una causa, poi per scopi commerciali, per vincere gare atletiche e per motivi legati all'amore o all'odio.
Si assumeva, di norma, uno scriba abile nel comporre maledizione, il quale era ritenuto investito di un potere sovrannaturale che gli permetteva di conoscere le procedure e gli incantesimi necessari. La tavola con la maledizione veniva, poi, piegata, trafitta con un chiodo (defixio) e inchiodata alla bara in legno che conteneva il corpo del defunto.
Ma perché una civiltà che aveva dato vita alla filosofia, alla scienza ed alla logica si votava, parimenti, alla magia nera?
La risposta può risalire al V secolo a.C., al momento in cui venne dedicato il Partenone, in cima all'acropoli, il momento più alto dell'ambizioso programma edilizio su quella collina portato avanti dallo statista Pericle.
Questi aveva incontrato non poche opposizioni, durante la costruzione del Partenone. Alcuni ritenevano, non senza ragione, che non fosse giusto utilizzare il tesoro federale per gli scopi della sola città di Atene.
Pericle venne attaccato nell'assemblea di Atene.
Durante un discorso di Tucidide, figlio di Melesias, quest'ultimo, che era riuscito a calamitare con passione l'attenzione e l'assenso dei convenuti, dovette interrompersi perché gli si bloccò improvvisamente la mascella.
Probabilmente era stato colpito da un ictus, ma per gli astanti Tucidide era stato realmente colpito da una maledizione.
Questo potrebbe spiegare l'improvviso aumento di tavolette di maledizione nel Kerameikos durante il V secolo a.C.
Fonte: oltre-la-notte