martedì 25 febbraio 2020

Il mistero della cattedrale belga con le fondamenta fatte di ossa umane


Mura d'ossa umane. 
Gli archeologi ne hanno scoperte nove nelle fondamenta della Cattedrale di San Bavone di Gand, in Belgio.
 Un macabro ritrovamento, di cui non si conoscono le origini storiche.

 In base ai primi rilievi, i muri d'ossa risalgono intorno alla seconda metà del Quindicesimo secolo. Ma l'insolito materiale edile ritrovati dagli esperti del Ruben Willaert Bvba è sicuramente più antico: per realizzare gli spessi muri sono stati utilizzati le ossa delle gambe di corpi adulti oltre a teschi, interi o a frammenti.


 La cattedrale di San Bavone, in fiammingo Sint-Baafskathedraal, è l'edificio religioso più importante della città belga di Gand. 
Siamo nella regione delle Fiandre e questa struttura rappresenta uno dei migliori esempi di architettura in stile gotico brabantino, ovvero secondo il gusto fiammingo. 

 Secondo l'archeologo Janiek de Gryse le strutture «furono probabilmente costruite quando il cortile della chiesa fu sgombrato per fare spazio a nuove sepolture».
 Gli unici documenti che fanno riferimento al cimitero risalgono però al 1784, quando la cattedrale smise di accettare nuove sepolture per mancanza di spazio.


E' plausibile quindi che le tumulazioni più antiche fossero state già rimosse e che, non sapendo dove scaricare le ossa, le abbiano utilizzate al posto di pietra e mattoni. 

«Quando si "cancella" un cimitero, gli scheletri non possono essere semplicemente gettati via – prosegue de Gryse – . Dato che i fedeli credevano in una risurrezione del corpo, le ossa erano considerate la parte più importante». Ma «non ci sono altri termini di paragone in Belgio: avevamo trovato fosse comuni, ma mai muri costruiti intenzionalmente con ossa umane». 

 Non si sa dove siano finite le restanti ossa e soprattutto quanti corpi siano stati utilizzati: un calcolo di cui ora si occuperà l'Università di Gand, dove le ossa saranno esaminate e inventariate. 

 Fonte: www.lastampa.it

Lítla Dímun: la minuscola isola avvolta da una nuvola lenticolare


Lítla Dímun è la più piccola delle 18 isole principali delle Faroe. Nonostante la sua dimensione contenuta in 0,82 chilometri quadrati di superficie, il piccolo scoglio è in grado di influenza l’atmosfera. Sulla sommità di Lítla Dímun, che oltrepassa i 400 metri di altezza sul livello del mare, si forma spesso una nuvola lenticolare, che avvolge l’area come una specie di coperta bagnata e vaporosa.

 Le nuvole lenticolari si formano in genere sulle vette delle montagne o su altre masse di roccia sporgenti, e a Lítla Dímun prende corpo sulla sommità per poi spostarsi sulla parte inferiore e sparire verso il gelido mare del nord.


Di tutte le 18 isole principali delle Faroe, Lítla Dímun è l’unica che è rimasta disabitata dagli esseri umani, ma questo non significa sia disabitata in senso generale.

 Per secoli gli abitanti delle isole limitrofe hanno utilizzato lo scoglio come pascolo per il bestiame, lasciando a vivere le pecore allo stato brado e venendo a prenderle, di tanto in tanto, per la loro tosatura.


La storia degli animali dell’isola affonda le radici all’epoca neolitica, quando un primo gregge fu portato a Lítla Dímun per popolarla. 
Gli animali erano delle pecore nere dalla coda corta, che popolarono l’area sino alla metà del XIX secolo. 

In un anno imprecisato dell’800 l’ultima delle pecore nere di Lítla Dímun fu uccisa, e gli allevatori locali ripopolarono i pascoli con alcune pecore domestiche delle Fær Øer.
 Ogni autunno gli allevatori raggiungono Lítla Dímun, scalano le sue scivolose scogliere e tosano le pecore.


Nonostante la natura impervia dello scoglio, su Lítla Dímun si è addirittura combattuta una battaglia. 

Lo scontro vide Brestur, padre di quel Sigmundur che fu il missionario che introdusse il cristianesimo alle Faroe, e Gøtuskeggjar. 
Lo scontro si concluse con la morte di Brestur e dei suoi seguaci e la deportazione di Sigmundur Brestirson in Norvegia.
 Qui, il figlio di Brestur conobbe e divenne amico di Olaf Trygvasson, Re di Norvegia dal 995 al 1000, che lo mandò indietro alle Faroe per prenderne possesso in nome della Corona Norvegese. Lítla Dímun, come tutte le altre 17 isole dell’arcipelago delle Faroe, nel 1397 entrò a far parte delle proprietà congiunte fra Danimarca e Norvegia, ma nel 1814, dopo il trattato di Kiel, la Corona Danese fu l’unica a mantenere la proprietà dell’arcipelago. 

La piccola isola venne venduta dalla Danimarca nel 1852, e da allora è rimasta di proprietà degli allevatori delle isole limitrofe, che la usano, oggi come migliaia di anni fa, come placido pascolo per le proprie pecore. 


 Fonte: vanillamagazine