giovedì 18 aprile 2019

Le colate piroclastiche sono più veloci di quanto dovrebbero


I flussi piroclastici sono le valanghe di cenere, gas e rocce che possono precipitare a valle da alcuni vulcani durante un'eruzione, così velocemente che sembrano violare le leggi della fisica.

 I materiali di cui sono composti dovrebbero fare attrito, invece non rallentano neppure in presenza di ostacoli come alberi e rocce. 

I vulcanologi hanno scoperto il meccanismo che rende possibile questo comportamento: un cuscinetto d'aria tra la colata piroclastica e il terreno.


Non le ceneri, né la lava: sono i flussi piroclastici il fenomeno vulcanico più letale. 
Sono responsabili di più del 50% delle vittime delle eruzioni: una delle prime memorie storiche che abbiamo di questi eventi risale all'eruzione che ha decimato la popolazione di Pompei e di Ercolano.

 Ad uccidere sono il calore e la velocità distruttiva, che a volte supera i 700 km/h.


Il problema fisico della velocità delle colate piroclastiche non è semplicemente un puzzle scientifico, ma uno studio che può salvare molte vite.

 I ricercatori dell'Università di Massey, in Nuova Zelanda, hanno creato un modello fisico per simulare il flusso piroclastico:si è scoperto che la colata piroclastica supera l'attrito grazie a un cuscinetto d'aria che si forma fra la colata e il terreno, e che permette al flusso caldo di avanzare veloce anche su superfici frastagliate o quasi pianeggianti.

 «Una volta avviato, e ci impiega solo qualche millisecondo,» spiega al Guardian Gert Lube, primo firmatario dello studio pubblicato su Nature, «il cuscinetto d'aria lubrifica la colata piroclastica allo stesso modo in cui il gas che esce dai piccoli fori dei tavoli di air-hockey lubrifica il dischetto.»


Dopo aver raccolto i dati, i vulcanologi li hanno inseriti in modelli computerizzati di flussi piroclastici: i risultati promettono di modificare profondamente le mappe delle aree a rischio - e con una migliore conoscenza dei segnali precursori potrebbero salvare molte vite, almeno per alcune tipologie di vulcani e di eruzioni. 

 Fonte: focus.it

I magnifici colori della tomba di Saqqara risalente a 4.400 anni fa


E’ stata recentemente scoperta nella necropoli di Saqqara, a 35 chilometri dal Cairo, la tomba di un funzionario dell’Antico Egitto vissuto morto 4.400 anni fa, circa 150 anni dopo l’edificazione della Grande Piramide di Cheope. 

Khuwy, questo era il suo nome, venne ritratto sulle pareti nord e sud di fronte a una tavola colma di offerte per gli dei, mentre poco più sotto il suo sarcofago venne raffigurato durante il suo ultimo viaggio sulla barca funebre.


L’area fa parte del complesso funerario del faraone Djedkara Isesi, vissuto sino a circa il 2380 a.C., un regnante di rilevante importanza della V dinastia egizia.

 Nella tomba di Khuwy si trova riportato il nome di “Setibhor”, regina d’Egitto, che finalmente svela il nome della sposa del Faraone Djedkara finora rimasta sconosciuta. 

 La tomba presenta una serie di dipinti murali di pregevole qualità, importantissimi perché mantenutisi incredibilmente intatti nel corso di oltre 4 millenni di tempo.




Nelle scene rappresentate si nota la macellazione rituale di un bovino, il motivo della facciata a palazzo e servitori che portano numerosissimi tipi di diverse offerte per il mondo dell’aldilà.


Per la prima volta nel sepolcro di un funzionario, quindi non membro della monarchia, si trova lo stesso schema utilizzato nelle piramidi reali: un corridoio discendente conduce prima a un vestibolo, poi a un’anticamera e infine alla stanza del Sarcofago. Purtroppo, quest’ultima è stata completamente distrutta dai tombaroli in chissà qualche epoca, e del corredo non rimane più nulla. 

 Vicino alla tomba è stata trovata anche una colonna in granito rosso di Assuan, riportante l’iscrizione: 

 Colei che vede Horus e Seth, la grande moglie del re, sua amata Setibhor 

 La sposa di Djedkara fu quindi la regina cui fu dedicato il complesso piramidale, il più grande dedicato a una donna dell’Antico Regno, che sinora era rimasto senza nome. 

Fonte: vanillamagazine.it