lunedì 19 marzo 2018

L'innalzamento dei mari minaccia l'isola di Pasqua


L’aumento del livello del mare minaccia l’integrità delle coste dell’isola di Pasqua, uno dei luoghi più remoti al mondo e famosa per un patrimonio storico-artistico unico nel suo genere. 
Le grandi statue monolitiche con i caratteristici faccioni (moai) e le piattaforme su cui poggiano rischiano di essere raggiunte dall’acqua marina, un serio pericolo per la loro conservazione. 

Secondo i modelli matematici più accreditati sul cambiamento climatico, entro la fine di questo secolo i mari si innalzeranno fino a quasi 2 metri, cambiando la geografia di interi arcipelaghi e la vita delle persone che li popolano. 
Nel caso di Rapa Nui – il nome dell’isola nella lingua nativa –– il danno potrebbe essere enorme non solo dal punto di vista culturale, ma anche economico.


L’isola di Pasqua si trova nel bel mezzo dell’oceano Pacifico meridionale a una distanza di circa 3.600 chilometri dalla costa del Cile, al quale appartiene. 
Con un’estensione massima di appena 24 chilometri, è popolata da circa 6mila persone e ha un traffico di turisti molto alto. 
Solo lo scorso anno in 100mila hanno raggiunto Rapa Nui per visitare le sue statue.
 I turisti sono la principale fonte di ricavo per l’isola, che è costellata di alberghi e locali per ospitarli il cui fatturato annuo è intorno ai 70 milioni di dollari. 
Le statue sono tenute al sicuro entro il perimetro di un grande parco storico, tutelato dall’UNESCO.


Non sappiamo ancora molto sulla storia di Rapa Nui. 
Sulla base delle testimonianze trovate sull’isola, gli storici sono convinti che i primi a raggiungerla furono i polinesiani circa mille anni fa: vi si stabilirono creando una civiltà piuttosto florida. Costruirono oltre 1.100 moai usando tecniche non ancora del tutto chiare, comprese quelle per trasportare i pesanti blocchi di pietra dalle cave ai punti perimetrali dell’isola dove si trovano tuttora. Non sappiamo nemmeno di preciso a che cosa servissero, anche se la teoria più comune è che fossero scolpiti per augurare benessere e prosperità, e per questo sono rivolti verso l’interno dell’isola. 

I moai più piccoli erano invece rappresentazioni dei defunti di un certo rango, come i personaggi più importanti della comunità.
 Non sappiamo di preciso che cosa portò la civiltà dell’isola di Pasqua a scomparire, ma tra i più grandi indiziati ci sono l’eccessivo consumo di risorse e l’arrivo dei colonizzatori europei, che portarono malattie verso cui gli abitanti dell’isola non erano immuni.


Esploratori che misurano le statue sull’isola di Pasqua, circa nel 1790 (Hulton Archive/Getty Images)

Ora, a causa della progressiva erosione delle coste, statue e manufatti rischiano di andare perduti prima che gli storici riescano a risolvere tutti i misteri e ricostruire la storia di questa sperduta isola.

 I cambiamenti sono già evidenti: di solito i turisti iniziano la loro visita da Tongariki, sulla costa sud-est, dove è possibile osservare il Sole che sorge dietro le statue allineate. 
Le visite proseguono lungo l’unica spiaggia sabbiosa e in un’altra area del parco storico, dove si trova la statua attribuita a Hotu Matu, il mitico fondatore dell’isola.
 Tutti e tre questi siti stanno subendo una rapida erosione a causa dell’innalzamento delle acque.
 Altri danni sono giudicati ormai irreversibili nella parte nord-est di Rapa Nui, dove una spiaggia sabbiosa è quasi del tutto sparita, con danni ad alcune antiche tombe ritrovate nella zona.

 Ad Ahu Runga Va’e, lungo la costa sud dell’isola di Pasqua, i ricercatori hanno costruito una piccola diga marittima per ridurre l’impatto delle onde. 
Non è chiaro se questa soluzione possa essere sufficiente per fermare o almeno rallentare i processi di erosione.

 I responsabili del parco storico stanno valutando di spostare le statue più nell’entroterra, ma questo significherebbe modificare la disposizione dei monoliti, decisa secoli fa da chi li portò fino a lì.


Nonostante le difficoltà e le prospettive poco incoraggianti, i residenti di Rapa Nui mantengono un certo ottimismo, come hanno spiegato al New York Times.
 In mille anni di storia, la loro civiltà ha affrontato e superato crisi di ogni tipo, compresa quella che decimò la popolazione dell’isola nel Diciannovesimo secolo.
 Sono convinti che si potrà trovare una soluzione al loro problema, per conservare un posto lontanissimo da tutti e che in un certo senso è sotto la responsabilità di tutti. 


Fonte: ilpost.it