giovedì 15 febbraio 2018

La Grotta del Cavallone, la più alta d’Europa


Solo raggiungere la grotta è un’esperienza che vale il viaggio.
 Dalla Val di Taranta Peligna, nel Parco nazionale della Majella, in Abruzzo, parte una particolare funivia che chiamarla con questo nome è riduttivo.
 Si tratta in realtà di una cestovia, come ce ne sono poche ormai, un vero e proprio cesto di metallo che può alloggiare al massimo due persone e che attraversa la valle passando da 750 metri di altitudine a 1300 in pochi minuti.
 Minuti che non passano mai se ci si guarda attorno per ammirare lo spettacolo che la natura abruzzese regala.

 La funivia è parte fondamentale del viaggio alla scoperta della Grotta del Cavallone e che permette di giungere, con riverente lentezza, ai piedi della salita alla grotta, scavata nella roccia nel 1894. 
In realtà, la prima traccia di una esplorazione fatta risale al 1666, una data facilmente individuabile per via di un’incisione su una roccia.


Scesi dalla cestovia, col naso all’insù, non si farà fatica a immaginare l’ingresso dell’immensa cavità come un occhio di cavallo incastonato nella parete la cui forma ricorda proprio un muso equino. 
È esattamente da questo richiamo che sembra derivi il nome ‘Cavallone’. 

 La Grotta del Cavallone non è una grotta qualunque: è la grotta naturale visitabile più alta d’Europa e si trova a 1.475 metri.

 È una grotta di grande interesse speleologico. Per accedere al suggestivo atrio ci sono circa 300 scalini, scavati nella roccia da abili scalpellini. 
Prima del 1894 vi si accedeva tramite delle corde tese dall’alto ed era un’impresa riservata solo a pochi temerari.
 Oggi possono visitarla tutti.


Il percorso all’interno si snoda per circa due chilometri, si divide in una galleria principale e in tre diramazioni secondarie.
 Attraversa sale di grande interesse, con innumerevoli stalattiti e stalagmiti. 
Vale la pena di ricordarne alcune, come la Foresta incantata, la Sala degli Elefanti, il Pantheon o la Sala delle Statue. È talmente grande che durante la Seconda guerra mondiale veniva usata dagli abitanti del luogo come rifugio.






La grotta è famosa nella letteratura teatrale per essere stata l’ambientazione della tragedia pastorale La figlia di Iorio scritta da Gabriele d’Annunzio. 
Nel testo la grotta ha valori simbolici e addirittura magici, perché vi si nascondono gli amanti Aligi e Mila.

 Aligi è un giovane di buona famiglia che deve sposare una donna a lui promessa, ma che s’innamora di Mila; quest’ultima è una giovane popolana che, a causa dei pregiudizi dei contadini, è creduta essere una strega malefica e per questo deve essere linciata, ma Aligi riesce a proteggerla nascondendola proprio dentro la grotta.

 Da queste parti infatti è conosciuta più come la grotta della Figlia di Iorio. 
Se chiedete indicazioni è bene ricordarlo. 

 Fonte: siviaggia.it

Arabia Saudita, scoperta una misteriosa carovana di dromedari scolpita nella pietra a grandezza naturale


Scolpita nella pietra rossa, a grandezza naturale.
 Un’insolita carovana di dromedari è stata scoperta nella provincia di Al Jawf, in Arabia Saudita. 

A individuare i bassorilievi, descritti sulla rivista Antiquity di Cambridge, è stato un gruppo di archeologi del Consiglio Nazionale delle Ricerche francese e della Commissione per il Turismo e il patrimonio nazionale saudita.

 L’arte dei cammelli esiste nella regione da millenni, ma nulla di simile è stato trovato prima d’ora. Stiamo parlando di una dozzina di sculture in pietra, eseguite su tre speroni rocciosi, databili intorno a duemila anni fa.


Il Camel Site, così è stato battezzato il luogo del ritrovamento, è situato nel nord-ovest dell’Arabia Saudita, vicino alla Giordania: una zona altamente inospitale, varcata solo dai nomadi. E oltre a gettare nuova luce sull’evoluzione dell’arte rupestre nella penisola arabica, questa scoperta ha lasciato perplessi gli archeologi. 

Perché è stato scelto un luogo così remoto e ostile per scolpire dei dromedari? Significavano qualcosa? Gli antichi bassorilievi non sono rari nel Vicino Oriente, dalla Turchia alla Mesopotamia. 
Sono invece rari in Arabia. E ad oggi non sono state rinvenute altre opere artistiche paragonabili.


Alcune sculture sono incomplete, altre sono state distrutte in parte dall’erosione. 
Tuttavia, i ricercatori sono stati in grado di identificare una decina di rilievi che rappresentano dromedari e asini, un animale, quest’ultimo, raramente rappresentato nell’arte rupestre. 

 La scarsità di esempi e altre testimonianze ha impedito la comprensione della funzione e del contesto socio-culturale di questa opera d’arte. 
A intricare ancor più la trama di questo mistero è l’assenza di altri indizi sull’origine. Non sono stati rinvenuti infatti martelli, picconi o qualsiasi altra prova di insediamenti umani nella zona. 

 La sua posizione nel deserto e la vicinanza alle rotte carovaniere suggeriscono che Camel Site possa essere un luogo di sosta o di culto.
 Potrebbe essere stato un luogo di venerazione, visto che il cammello era considerato «un dono del Cielo», un animale sacro. Ma si ipotizza che possa essere anche un «marker di confine» fra proprietà. 
Decisamente estroso, ma sicuramente ben visibile. 


 Fonte: lastampa.it