giovedì 8 febbraio 2018
Scoperti i resti di un'antica città Maya in cui vivevano 10 milioni di persone
Nella giungla del Guatemala esisteva un'enorme città abitata da 10 milioni di persone.
A scoprirlo è stato un team internazionale di ricercatori.
Si tratta di una delle più importanti scoperte archeologiche degli ultimi 150 anni riguardanti questo affascinante popolo dell'America centrale.
Grazie a una tecnologia di mappatura aerea chiamata LiDAR, gli scienziati hanno individuato qualcosa come 60 mila rovine della civiltà Maya in mezzo alle foreste del Guatemala.
L'immagine digitale 3D fornita dalla Mayan Heritage and Nature Foundation di Guatemala mostra una rappresentazione del sito archeologico Maya di Tikal.
È stata mappata un'area di circa 2.100 kmq nella regione di Peten. Sono state trovate decine di migliaia di case Maya, edifici, opere di difesa e piramidi in precedenza sconosciute, suggerendo che milioni di persone vivessero lì.
La scoperta, che comprendeva anche campi agricoli e canali di irrigazione, è stata annunciate giovedì da archeologi statunitensi, europei e guatemaltechi che lavorano con la Mayan Heritage and Nature Foundation.
Lo studio stima che circa 10 milioni di persone potrebbero aver vissuto all'interno del sito Maya, a giudicare anche dall'enorme produzione di cibo rilevata esaminando campi e canali agricoli.
La loro cui cultura fiorì tra il 1.000 aC e il 900 d.C. "Si tratta di due o tre volte più [abitanti] di quanto si pensasse", ha detto Marcello A Canuto, professore di antropologia all'Università di Tulane.
I ricercatori hanno utilizzato il Lidar, grazie al quale la luce laser pulsata "rimbalza" rivelando ciò che è nascosto dalla fitta vegetazione.
Sarebbe stato molto più difficile addentrarsi nella foresta del Guatemala per individuare queste tracce.
Le immagini hanno svelato che i Maya modificarono il paesaggio in un modo molto più ampio di quanto si pensasse in precedenza; in alcune zone è stato coltivato addirittura il 95% delle terre disponibili.
"La loro agricoltura è molto più intensiva ma anche sostenibile di quanto pensassimo, e coltivavano ogni centimetro della terra", ha detto Francisco Estrada-Belli, ricercatore della Università di Tulane.
Le ampie recinzioni difensive, i sistemi di fossati e rampe e i canali di irrigazione lasciano pensare a una forza lavoro altamente organizzata.
Sicuramente dietro a tutta questa organizzazione, c'era la mano dello stato.
A stupire gli scienziati sono stati soprattutto i canali di grandi dimensioni che avevano riorientato i flussi naturali d'acqua. Secondo gli scienziati, la giungla, che li ha ostacolati nei nostri sforzi di ricerca, in realtà ha funzionato come strumento di conservazione dell'impatto che la cultura Maya aveva avuto sul paesaggio.
Un popolo che non finirà mai di stupirci.
Francesca Mancuso