lunedì 13 novembre 2017

Ecco svelata l’origine delle tegnùe, i coralli di Venezia


I fondali del Mar Adriatico non solo solo distese sabbiose.
 Nella parte nord occidentale, sotto le acque al largo di Chioggia, sorgono le tegnùe, conformazioni rocciose sommerse a oltre 20 metri di profondità. 
Composte da organismi incrostanti, ricordano con la loro struttura che si eleva dal fondale limoso-sabbioso una barriera corallina.
 Il nome, invece, deriva dal dialetto veneto. 

Le tegnùe sono così chiamate dai pescatori perché trattengono le reti calate in mare per la pesca. 
 Ma da dove arrivano questi coralli, così unici e peculiari? 
La risposta, fino ad oggi, era poco chiara. «I modelli genetici finora formulati per spiegare l’origine delle tegnùe non erano soddisfacenti, quindi abbiamo messo in campo competenze multidisciplinari», ha detto Luigi Tosi, autore dell’articolo pubblicato sulla rivista Scientific Reports e ricercatore dell’Istituto di scienze marine del Consiglio nazionale delle ricerche (Ismar-Cnr).

 Per scoprire l’origine di questi coralli veneziani ha collaborato un team composto da geologi, oceanografi, geofisici e biologi provenienti dall’Università di Padova, dall’Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale (Ogs), dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) e dal Consejo Nacional de Investigaciones Científicas y Técnicas (Conicet) in Argentina. 
Per cercare di svelare il mistero dell’origine delle tegnùe sono state compiute oltre 200 immersioni e campionature di rocce e sedimenti sciolti.
 Le ricerche sono poi continuate in laboratorio con analisi isotopiche, paleoambientali e di microscopia elettronica.






«Dalle ricerche è risultato che le tegnùe si sono sviluppate lungo le strutture morfologiche allungate e sinuose attribuite ad antichi canali fluviali, che erano presenti nella pianura durante l’ultimo periodo glaciale, vale a circa 20.000 anni fa», ha spiegato Sandra Donnici, geologa Ismar-Cnr.

 L’analisi di un campione roccioso, in particolare, si è rivelata fondamentale. 
Una “stele di Rosetta”, come l’ha definita Tosi.
 «Si tratta di un lastrone di sabbia cementata, che al suo interno presenta inglobati gusci di molluschi che hanno consentito di determinare età e caratteristiche del paleoambiente al momento della sua cementazione – ha raccontato il ricercatore –. Le successive analisi radiometriche al carbonio 14 hanno consentito di datare a circa 9mila anni fa l’arrivo del mare in questa parte dell’antica pianura pleistocenica e a 7mila anni fa la sua cementazione, sulla quale i primi organismi biocostruttori hanno cominciato ad attecchire». 

 FONTE: RIVISTANATURA.COM

Kelingking Beach, la spiaggia a forma di dinosauro


Kelingking Beach è la spettacolare spiaggia a forma di dinosauro, situata a Nusa Penida, un’isola indonesiana a sud-est di Bali. Selvaggia e incontaminata, l’isola non è affatto una meta turistica, a differenza della vicina Lembongan, per questo è consigliata soprattutto a chi è a caccia di avventura e sogna di vivere in contatto con la natura. 

 L’area naturale si può raggiungere facilmente con i traghetti che partono da Sanur o da Padangbai e hanno un costo di 125.000 rupie. 
La traversata dura 45 minuti e una volta arrivati è possibile muoversi sull’isola utilizzando un motorino.

 Il primo luogo da raggiungere, una volta sbarcati, è senza dubbio Kelingking Beach. 
 Si tratta di una spiaggia di sabbia bianca che culmina con una scogliera a picco sul mare. 
Qui la natura è padrona di tutto e fra le rocce cresce una fitta vegetazione, che arriva quasi sino all’acqua azzurra.

 Per raggiungere la zona è necessario affrontate un lungo percorso a piedi, ma una volta arrivati ne vale davvero la pena.
 La maggior parte dei turisti si ferma poco prima di arrivare a Kelingking Beach, per ammirare la spiaggia dall’alto e scoprirne la forma curiosa.
 La scogliera infatti forma delle insenature che fanno sembrare questo lembo di terra un dinosauro che emerge dalle profondità del mare.


Non solo il T-Rex di Kelingking Beach, Nusa Penida custodisce tantissimi luoghi magici tutti da scoprire che raccontano il passato selvaggio dell’Indonesia. 
Il più famoso è Crystal Bay, una spiaggia in cui fare il bagno con i Mola Mola, i giganteschi pesci luna e raggiungere a nuoto un antico tempio.








Da non perdere Atuh Beach, in cui scoprire colori unici al mondo e una distesa di alghe, e Pura Goa Giri Putri, in cui indossare un sarong tradizionale e visitare un tempio induista costruito sotto terra e raggiungibile attraverso un tunnel.




Fonte: siviaggia.it