lunedì 19 settembre 2016

Ritrovata la Terror, la seconda nave della spedizione Franklin


A due anni dal ritrovamento della HMS Erebus, è stato finalmente localizzato anche il secondo dei due velieri della spedizione di John Franklin, esploratore e ufficiale della Royal Navy, partiti nel 1845 alla ricerca del Passaggio a Nord-ovest – la rotta che collega gli oceani Atlantico e Pacifico passando per il Mar Glaciale Artico – e mai più tornati. 
E il percorso, che rappresentava l’El Dorado dei marinai, ha dovuto poi aspettare il 1906 e Roald Amundsen per essere tracciato. 

Senza notizie dopo due anni dalla partenza della spedizione, la moglie di Franklin chiese all’Ammiragliato britannico che venissero inviate delle squadre di ricerca.
 Squadre che, effettivamente, partirono alla fine del terzo anno, quando si pensava che fossero ormai esaurite le scorte di cibo per l’equipaggio.
 Furono le prime di una lunga serie: le ricerche della spedizione Franklin continuarono per tutto il XIX secolo, ma furono ritrovati solo i resti di alcuni dei membri dell’equipaggio.
 Le navi e i dispersi, 129 uomini incluso Franklin, sono entrati nel mito, ad alimentare la curiosità di scienziati e ricercatori che hanno tentato di risolvere l’enigma della loro scomparsa.
 I velieri, due bombarde, rimasero incagliati nel ghiaccio dello stretto di Vittoria tra il 1846 e il 1848, e l’equipaggio, dopo aver passato due inverni sull’isola di Re William, li abbandonò definitivamente per cercare di raggiungere il Sud via terra. 
Resta però il fatto che di quegli uomini si è persa ogni traccia, e i pochi resti trovati hanno fatto nascere diverse ipotesi: presentavano segni di cannibalismo e altissimi livelli di piombo nelle ossa, tanto che alcuni studiosi hanno ipotizzato che i marinai possano aver subito un avvelenamento da cibo inscatolato (per il piombo utilizzato nelle lattine delle scorte alimentari) che, insieme al freddo e alla fame, ne abbia accelerato la morte.
 Anche delle navi si sono a lungo perse le tracce.
 Ci sono voluti 170 anni per individuarne la posizione: nel 2014 è stata localizzata, e poi esplorata, la HMS Erebus e il 3 settembre scorso è stata individuata la Terror, nella piccola e inesplorata insenatura di Terror Bay, caso di profetica omonimia, sull’isola di Re William, a cinquanta chilometri dalla gemella. 

 La Terror avrebbe forse potuto restare nelle profondità artiche per sempre se non fosse stato per un incontro, e una conversazione casuale, fra Adrian Schimnovski, dell’Arctic Research Foundation, a capo delle operazioni di ricerca, e Sammy Kogvik, un inuit dell’unico insediamento dell’isola di Re William.
 L’Associated Press riferisce che Kogvik ha raccontato al ricercatore di essersi imbattuto in un lungo palo che sporgeva dall’acqua nel corso di un’escursione in motoslitta sulle coste dell’isola: “Sembrava proprio l’albero di una nave”- ha riferito l’inuit, che, sul posto, avrebbe fatto anche degli scatti fotografici poi andati perduti. 
Sarebbe stato proprio questo racconto del nativo a indirizzare i ricercatori, che la mattina del 3 settembre hanno visto apparire sull’ecoscandaglio l’immagine di una sagoma sgranata. “A quel punto eravamo tutti in fibrillazione”, racconta Daniel McIsaac, membro dell’equipaggio e timoniere della Bergmann, la nave da ricerca impiegata dalla Arctic Research Foundation.


I giorni successivi sono stati dedicati alla raccolta di immagini e video ad alta definizione del relitto, da confrontare con i piani originari di costruzione. 
Tutti gli elementi chiave sembrano corrispondere, sebbene la Terror sia stata trovata 96 chilometri più a sud di quanto si credeva potesse trovarsi. 
Il relitto sembra in condizioni perfette, nonostante la lunga deriva e gli anni passati sul fondo del mare: le lamiere che rinforzavano lo scafo sono ben visibili tra le alghe ondeggianti.
 Nel video rilasciato dalla Arctic Research Foundation si può vedere chiaramente la campana di bordo ; un cavo è ancora avvolto attorno all’argano, come se la nave fosse pronta per ormeggiare.


La scoperta chiude anni di ricerche finanziate dal governo canadese, che dal 2008 ha investito milioni di dollari per ritrovare le navi della spedizione Franklin.
 Al momento, non è previsto il recupero dei relitti, che resteranno quindi sui fondali dell’Artico canadese. 
Il presidente della Royal Canadian Geographical Society, John Geiger, definisce il ritrovamento “il pezzo mancante di un puzzle storico”, un enigma risolto, e sottolinea l’importanza della scoperta: la HMS Terror è stata testimone di una tra le più temerarie e avventurose spedizioni del XIX secolo. 

 Fonte: www.nationalgeographic.it

Israele: scoperta una bomba a mano di 700 anni fa


Un oggetto in argilla di dimensioni non superiori al palmo della mano con una forma simile ad una grossa ghianda ed un foro sull’estremità. 
E’ l’antichissima bomba a mano scoperta in Israele. 
Una reliquia preziosissima per comprendere le dinamiche dei combattimenti nel Medioevo in un’area in cui i crociati hanno combattuto per secoli.
 Ed è proprio nelle Crociate che la bomba a mano sarebbe stata utilizzata insieme ad altre armi terrificanti come le balestre, le mazze chiodate e le grandi spade.

 L’antica bomba a mano è stata ritrovata in mare alcuni anni fa ed ora è stata consegnata al museo insieme ad altri oggetti, di epoche diverse, ritrovati sul fondale. 
 Un funzionamento molto semplice caratterizza l’antico ordigno. Un liquido infiammabile veniva versato nell’interno della bomba con un fusibile all’estremità.
 L’accensione della “miccia” avveniva prima del lancio.
 Insomma una dinamica del tutto simile alle bombe Molotov inventate secoli dopo dal generale russo.
 E’ facile immaginare come il lancio degli ordigni avvenisse nelle battaglie navali per incendiare il fasciame dei vascelli nemici. 

 Fonte: http://scienzenotizie.it/