lunedì 5 settembre 2016

Le favelas di Rio de Janeiro


Caratteristiche di Rio de Janeiro, le favelas colpiscono fortemente l’immaginario collettivo.
 L’origine del nome “favela” viene dalla Guerra di Convidos. Il paese di Convidos che sfidò il governo federale, fu costruito vicino ad una collina (Morro). 
Dopo la guerra del 1897, alcuni militari, ritornando a Rio de Janeiro, non ricevettero più il salario, ritrovandosi in grandi difficoltà economiche.
 Senza risorse, si stabilirono nel Morro della Providencia, in baracche provvisorie, e presto questo luogo venne chiamato “Morro da Favela”, prendendo il nome dalla favela (Cnidoscolus quercifolius), una pianta resistente che cresceva in quella regione e causava una forte irritazione della pelle.
 A partire dagli anni 20, tutte le abitazioni di baracche costruite sulle colline di Rio de Janeiro presero il nome di favelas.
 Queste pseudo-case si sviluppano caoticamente, divenendo sempre più grandi, degradate e pericolose. In esse povertà e criminalità sono la realtà di tutti i giorni; giorni scanditi dal traffico di droga e dalle guerre tra gang criminali.
Le “case” costruite con diversi materiali di scarto, dai mattoni alle lamiere di Eternit, alcuni recuperati dalle immondizie e dalle discariche a cielo aperto, sono la testimonianza più lampante delle contraddizioni di un Paese in crescita.








Da un lato grattacieli e hotel di lusso, dall’altro baracche fatiscenti, con finestre tappate col cartone, l’intonaco scrostato e i bimbi che giocano per strada a piedi nudi.
 Davanti a questa desolazione vengono in mente tutti gli sprechi di cibo e d’acqua del “nostro mondo”, quello Occidentale, considerato evoluto, quello in cui, nonostante la crisi, continuano a girare soldi. E’ per questo che Papa Francesco, visitando le favelas in occasione della GMG, ha insistito sulla necessità di non restare insensibili alle diseguaglianze sociali, appellandosi a chi possiede più risorse, alle autorità pubbliche e agli uomini di buona volontà impegnati per la giustizia sociale per un mondo più giusto.

 Fonte: meteoweb.eu

Origini e Significato del Simbolo dell’Infinito


Ci sono diverse teorie sulla nascita del simbolo dell’infinito (∞ – lemniscata), un simbolo matematico usato per la prima volta da John Wallis nel 1655, il quale lo scelse per identificare un numero grandissimo proprio perché quei due occhielli possono essere percorsi senza fine. 
Un’altra teoria nasce dal fatto che M, il numero romano che indica 1000 (quindi una quantità molto grande), veniva a volte scritto come CIƆ, oppure venne scelto come deformazione delle prime due lettere della parola latina uguale (aequalis) perché all’inizio veniva usato per indicare l’uguaglianza. 
 Alcuni ipotizzano anche che il simbolo dell’otto rovesciato sia una variante dell’Ouroborus, un antico simbolo raffigurante un serpente o drago si mangia la coda. 
 Ma l’ipotesi più accreditata è che il simbolo dell’infinito come lo conosciamo oggi sia la derivazione e la raffigurazione dell’Analemma cioè la figura che si crea nel cielo se si fotografa il sole alla stessa ora, nel solito punto, nei diversi giorni dell’anno. A causa dell’inclinazione della terra e della sua orbita ovulare, il sole crea una figura nel cielo che non è sfuggita agli antichi astronomi, un percorso ad otto rovesciato nel cielo, per poi ritornare nel solito punto; per cui il simbolo è andato a significare “L’andare e venire del tempo” ed in definitiva il simbolo dell’infinito.


Il fatto che ci sia bisogno di un simbolo per raffigurare qualcosa che la mente umana fatica a focalizzare è abbastanza concepibile, infatti quando si guarda il cielo è difficile pensare che lo spazio sia infinito, soprattutto quando il piccolo uomo terrestre si ritrova circondato da cose enormi ma che comunque hanno una fine, tangibile e verificabile, infatti se provate ad immaginare l’infinito trovate delle difficoltà, perché ciò che è infinito non può mai essere presente nella sua totalità nel nostro pensiero.

 Dalla lemniscata (da lemniscus un termine latino che rappresentava, nell’epoca romana, un nastro ornamentale utilizzato per le corone) è derivato il concetto del “Nastro di Moebius ” che rappresenta l’infinito ma anche le realtà parallele che corrono sulle due bande del nastro, fu il grande disegnatore dell’assurdo e dell’impossibile Escher che rappresentò il nastro di Moebius con delle formiche le quali sembrano camminare su lati opposti ma in realtà sono tutte sullo stesso.


Nella cultura antica il concetto di infinito era dedicato solo alle divinità, legato al loro potere o alla loro saggezza, ma a volte anche le cose più banali come il mare erano per gli antichi fonte di mistero e quindi immaginabili come luoghi infiniti. Filosoficamente parlando ci sono tre tipi di infinito, o tre categorie, come volete chiamarle: 
• Potenziale matematico dell’infinito: la successione dei numeri naturali o reali o l’insieme dei punti di una retta sono insiemi infiniti perché, fissato comunque un elemento, è sempre possibile trovarne uno maggiore o che segue l’elemento dato. 
• Infinito reale o fisico: un infinito che esiste in natura.
 Questa categoria include l’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo, come l’Universo o il tempo. 
• Infinito “Assoluto”: qui si sconfina nella parte filosofica religiosa dove per infinito assoluto si identifica Dio o chi per esso.
 Ancora per spiegare cosa rappresenti il simbolo dell’infinito possiamo definirlo come l’anello di congiunzione spazio-temporale che unisce i vari punti dell’esistenza in un continuo evolversi senza fine, i due cerchi che si susseguono senza sosta uno dopo l’altro, a rappresentare la materia che segue lo spirito, lo spirito che segue la materia, generazione dopo generazione, infatti se si pensa al cerchio viene subito in mente il ciclo della vita.


In numerologia esoterica il numero otto indica il numero della materia somma, o della meteria elevata e perfezionata.

 Oggigiorno si usa molto farsi tatuare il simbolo dell’infinito come rappresentazione della perfezione e di apertura, spesso si usano linee tribali o animali come farfalle e rondini per indicare libertà o natura incontaminata, molti associano anche la parola Love o il nome dell’amato o del figlio per indicare l’amore eterno che li lega; alcuni tatuaggi hanno al loro interno anche una piuma per rappresentare la purezza e l’innocenza.

 Fonte: http://www.eticamente.net/