lunedì 11 luglio 2016
Scenari da sogno nella Grotta Azzurra di Capri
Capri custodisce un immenso tesoro: la Grotta Azzurra, scoperta già ai tempi dei Romani.
Gli imperatori, infatti, lungimiranti, avevano sfruttato l’ingresso alla grotta, nascosto spesso dalle maree, facendo di essa la loro piscina privata.
Secondo alcuni storici del tempo, l’imperatore Tiberio si era persino fatto costruire un passaggio che collegava la sua villa alla grotta, anche se il cunicolo,forse crollato, non è mai stato ritrovato.
La Grotta Azzurra, caduta quasi nel dimenticatoio, venne esplorata nel 1826 da uno scrittore, Augusto Kopisch, e un pittore, Ernesto Fries, guidati dal pescatore Angelo Ferrario, detto “il Riccio”. Già nota ai Capresi col nome di “Grotta di Gradola”, la Grotta Azzurra era stata fino ad allora ritenuta un luogo magico e pauroso per via di terrificanti leggende di streghe e mostri che la popolavano.Il merito principale dell’esplorazione fu, dunque, quello di ribattezzarla “Grotta Azzurra”… nome con cui oggi viene conosciuta e rappresentata sulle cartoline ricordo di Capri.
Nella grotta, lunga 60 metri e larga 25, si accede quasi distesi in piccole barche a remi, venendo travolti da un’atmosfera surreale dovuta ai meravigliosi giochi cromatici prodotti dai raggi solari che, penetrando nella cavità, attraverso un’apertura sottomarina, colorano il luogo d’azzurro, con tonalità variabili nelle diverse ore del giorno.
A ciò si aggiungono i meravigliosi riflessi argento degli oggetti immersi nelle acque.
Dopo aver ammirato il cosiddetto Duomo Azzurro, ossia il primo ambiente, più visitato e conosciuto, la grotta prosegue in fondo a destra coi tre rami della Galleria dei Pilastri, convergenti in un unico passaggio fino alla Sala dei Nomi, così chiamata per le firme dei visitatori poste sulle pareti.
Il passaggio poi si restringe fino alla Sala della Corrosione, ultima parte accessibile.
Una curiosità: sul fondo della Grotta Azzurra, meraviglia di seducente bellezza, nel 1964 furono scoperte statue d’epoca romana, raffiguranti divinità marine, attualmente custodite nel Museo della Certosa.
Queste sculture marmoree decoravano il ninfeo dell’imperatore Tiberio ed erano attaccate alle pareti con dei ganci che l’acqua marina ha corroso, provocando la loro caduta in mare.
Fonte: http://www.meteoweb.eu/