mercoledì 6 aprile 2016
Le meravigliose Cascate del Mulino dove rilassarsi a costo zero
Le Cascate del Mulino di Saturnia sono uno dei luoghi più belli della Maremma toscana, un piccolo regno creatosi grazie alle acque sulfuree termali, che hanno scavato naturalmente la roccia di travertino
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Le Cascate del Mulino di Saturnia sembrano delle piccole piscine che si riempiono continuamente, sono aperte tutto il giorno e anche di notte (anche in inverno) e sono completamente gratuite.
Lontano dallo stress e dal rumore cittadino, alle Cascate del Mulino è possibile immergersi completamente nella natura ma non solo. Oltre a godere di uno spettacolo mozzafiato, le terme libere sono un toccasana per la salute, poiché le acque solfuree che escono dalla sorgente naturale a una temperatura di 37 gradi centigradi, hanno molteplici benefici sugli apparati respiratorio, articolare e circolatorio.
Anche a livello dermatologico svolgono una funzione antiossidante e di esfoliante naturale.
Durante tutto l’anno, le vasche sono piene di visitatori, soprattutto nei weekend primaverili poiché quella di Saturnia è una delle località termali più famose al mondo
Viste da lontano, le Cascate del mulino di Saturnia sembrano un dipinto, il nome è legato a una leggenda.
Si narra che le fonti termali sia nate a seguito di un fulmine lanciato da Giove, adirato contro il padre Saturno.
Secondo la mitologia greco-romano, infatti, Saturno tiranno detronizzato dall’Olimpo dal suo stesso figlio, aveva vagato per tutta la penisola prima di fermarsi nella Maremma.
E proprio qui Giove aveva scagliato la sua ira contro il padre.
Fonte: greenme.it
Il Captagon e le altre droghe usate in guerra per togliere la paura
C'è un motore invisibile che toglie ai terroristi dell'Isis anche l'ultimo scampolo di umanità risparmiato da fanatismi e ideologie: si chiama Captagon e molto spesso scorre nelle loro vene al momento in cui compiono una strage.
La "droga della Jihad" come è stata soprannominata, è un cloridrato di fenetillina, un composto di anfetamina e altre sostanze stimolanti da decenni diffuso nei Paesi del Golfo, e ora diffusosi in modo capillare tra chi combatte la "Guerra Santa".
Perdita di giudizio, resistenza alla fatica, euforia e abbandono di ogni inibizione sono tra gli effetti delle pasticche, vendute dai 5 ai 20 dollari a dose.
Chi le assume può non mangiare o dormire per giorni, ed è pervaso da un senso di onnipotenza che fa sentire invincibili.
Siringhe con tracce di Captagon - si può anche iniettare - sono state trovate nella casa di uno degli attentatori di Parigi e la stessa droga era nel sangue di uno dei terroristi di Sousse, Tunisia.
Ma quella tra guerre e droghe è un'associazione ricorsa più volte negli anni bui dell'ultimo secolo.
Di anfetamine fecero largo uso, per esempio, i soldati di Hitler. Quando il 14 maggio 1940, dopo solo 4 giorni, le truppe dell'armata nazista conquistarono l'Olanda, fu determinante la loro capacità di combattere senza sosta, giorno e notte, senza dormire.
Secondo quanto sostenuto da Norman Ohler nel recente saggio Der totale Rausch ("La totale euforia"), questa resistenza sarebbe stata garantita dal Pervitin, un "farmaco militarmente prezioso" usato regolarmente anche dal generale Rommel e dallo stesso Hitler.
La pillola dopante era stata sviluppata nel 1937 dal medico Fritz Hauschild, rimasto colpito dagli straordinari effetti delle benzedrine sugli atleti americani che avevano partecipato alle Olimpiadi di Berlino nel 1936.
All'inizio della Seconda Guerra Mondiale veniva distribuita ai soldati dai medici militari.
Secondo Der Spiegel, più di 35 milioni di dosi di Pervitin da 3 milligrammi furono confezionate per le forze di terra e aeree tedesche tra l'aprile e il luglio 1940.
Per i loro uso massiccio sui tank tedeschi e austriaci le tavolette di Pervitin furono soprannominate Panzerschokolade, "cioccolato per carri armati".
Di metanfetamine si servì, tra il 1939 e il 1945, l'esercito giapponese, che nel dopoguerra avrebbe pagato cari gli effetti dell'abuso di queste sostanze.
Ne utilizzarono, per sopportare estenuanti sessioni di volo, anche gli alleati.
Gli statunitensi le impiegarono anche per un motivo psicologico: non volevano che i propri piloti si sentissero svantaggiati rispetto ai tedeschi.
Tuttavia il ricorso alle anfetamine non fu indolore: i piloti alleati accusarono effetti collaterali come forte irritabilità e incapacità di incanalare la concentrazione.
Molti militari diventarono dipendenti da queste sostanze e continuarono ad abusarne anche a guerra finita.
Durante il conflitto in Vietnam (1955-1975), l'abuso di eroina, marijuana e altre droghe divenne talmente comune tra i soldati americani che il 10-15% delle sviluppò una qualche forma di dipendenza e il Presidente Nixon si vide costretto a finanziare la prima grande espansione di programmi per il trattamento delle tossicodipendenze.
La lista continua fino ai giorni nostri.
Un farmaco stimolante creato per curare la narcolessia e inserito nella lista "proibita" delle sostanze dopanti - il Modafinil - è attualmente testato su soldati di varie nazionalità per prolungare il numero di ore di veglia delle truppe (si arriva a 48 ore senza dormire).
Fu dato per la prima volta ai piloti dell'Air Force americana nel 2003 in occasione dell'invasione in Iraq e si lavora ora alla struttura della molecola per prolungare ulteriormente la capacità di rimanere svegli.
L'utilizzo di anfetamine tra i soldati americani in Afghanistan è invece emerso, per esempio, con l'incidente della Tarnak farm, nel 2002, quando il pilota di un F-16 statunitense, forse sotto anfetamine, uccise con fuoco amico quattro soldati canadesi.
Non che l'utilizzo di sostanze psicoattive in battaglia sia prerogativa dell'epoca moderna.
Molti secoli prima dell'avvento delle droghe sintetiche, i soldati greci e romani preferivano lanciarsi contro le schiere nemiche non ubriachi, ma comunque brilli, per innalzare la soglia del dolore e inibire la paura (l'usanza di miscelare vino all'acqua della borraccia sarebbe stata mantenuta dai soldati francesi fino agli anni '30 del Novecento).
Prima della battaglia i Berserkir, feroci guerrieri vichinghi votati al dio supremo della guerra Odino, entravano in una sorta di trance che li rendeva particolarmente feroci e insensibili al dolore. Credendosi invulnerabili, si lanciavano sul nemico vestiti di sole pelli, forse sotto effetto di droghe.
La stessa fiera esaltazione guidava gli hashshashin, la principale setta degli ismailiti, una corrente dell'Islam sciita, contro cui combatterono i Crociati nel 1200.
Sembra che il loro nome, da cui deriva il termine "assassini", venga dal plurale arabo al-Hashīshiyyūn, "coloro che sono dediti all'hashish" (ma non tutti concordano con questa etimologia).
I guerrieri Inca masticavano foglie di coca per restare svegli; allo stesso scopo, due secoli fa, i soldati Prussiani assumevano cocaina (la consuetudine sarebbe rimasta anche in seguito, con caffeina e nicotina ad aggiungersi al cocktail).
E l'elenco potrebbe continuare di cultura in cultura, di sostanza in sostanza, con effetti analoghi e sempre le stesse, tragiche conseguenze.
Ad attacco compiuto, stare svegli e vigili non serviva più: allora si ricorreva alle droghe per sopportare il dolore di perdite, ferite e amputazioni.
Tra il '700 e il '900, la morfina fu ampiamente usata per curare le ferite da arma da fuoco e persino la dissenteria tra i soldati impegnati in battaglia. Tanto che dopo la Guerra Civile americana, si coniò l'espressione "soldier's disease" o "Army disease" per indicare la dipendenza da questa sostanza.
Fonte: focus.it