mercoledì 9 marzo 2016

La Scarzuola, la surreale e magica 'città ideale' di Buzzi


Nascosta tra le colline umbre, ubicata nel comune di Montegabbione (Terni), La Scarzuola è la città ideale voluta dall’architetto Tomaso Buzzi. 

Entrando nell’ex convento è come se le lancette dell’orologio si fermassero: il tempo alla Scarzuola non esiste perché lo spettatore, immerso nel verde, ruota il suo sguardo attraverso costruzioni metafisiche e surreali. 
Il complesso architettonico nasce molti secoli fa come convento francescano e secondo la tradizione vi dimorò lo stesso San Francesco D’Assisi nel 1218.
 Il suo nome deriverebbe, infatti, da una pianta lacustre, la “scarza” che il santo utilizzò per costruirsi una capanna.

 Nel 1956 il complesso conventuale venne acquistato e restaurato dall’architetto milanese Tomaso Buzzi che edificò, a partire dal 1958, la sua città ideale.


Tomaso Buzzi nasce a Sondrio il 30 settembre del 1900, da una ricca famiglia della Valtellina.
 Nel 1923 si laurea ingegnere-architetto e comincia la sua carriera professionale a Milano. Qui stringe rapporti lavorativi con altri giovani architetti, come Gio Ponti, Giovanni Muzio, Giuseppe De Finetti, entrando a far parte del gruppo che in seguito sarà definito “Novecento Milanese“. 
Buzzi fu personaggio di grande cultura umanistica e letteraria e si distinse in particolar modo come designer, architetto di giardini, come restauratore/inventore oltre che arredatore di importanti palazzi nobiliari.
 Disegnatore instancabile e grande collezionista di opere d’arte, egli tuttavia seppe sempre accompagnare a questa veste colta una particolare attenzione al mondo dell’artigianato e della pratica di bottega, rivolgendosi spesso ad artigiani della propria terra natia, per realizzare alcuni dettagli delle sue opere.
 Non perse l’attaccamento alle origini valtellinesi nemmeno quando, dal ’56, decise di ritirarsi.
 La Scarzuola di Montegabbione fu il luogo in cui scelse di vivere.


Gran parte del complesso architettonico venne alla luce dopo venti anni di lavori, nel 1978.
 La Scarzuola di Montegabbione, vera città buzziana, comprende un insieme di sette teatri la cui summa architettonica si ha nell’Acropoli, nella quale furono edificati, in scala ridotta, quasi “accatastati” l’uno sull’altro, gli edifici architettonici più noti e importanti della storia come il Colosseo e il Partenone.
 L’Acropoli venne concepita come una serie di archetipi architettonici che, vuoti all’interno e dotati di tanti scomparti come un termitaio, rivelano molteplici prospettive.
 Facendosi condurre attraverso il sentiero circolare, quello che inizialmente si percepiva come un palco d’ispirazione greco-romana assume insieme all’acropoli la forma di una nave che culmina con una statua di un corpo di donna dalle dimensioni esagerate: la donna gargantuesca sarebbe, in questa prospettiva, la polena dell’imbarcazione-teatro. 
Non a caso la nave-teatro, da quest’angolazione, diventa teatro per le Naumachie, o combattimenti navali.


Il complesso architettonico è oggi una fusione fra città sacra e città profana, in un’unione armonica ed equilibrata, in cui gli affreschi duecenteschi si fondono con il neomanierismo.
 La cittadella è immersa in un giardino dai sentieri a tratti eleganti, rinascimentali e a tratti più poveri e contadini ma mai si lascia sfuggire l’unione con la natura, elemento pilastro nell’armonia della città ideale di Tomaso Buzzi. 
L’architetto progettò una città capace di decostruire l’io dello spettatore per poi, attraverso un cammino preciso, ciclico all’interno del giardino quasi labirintico, far rinascere il fanciullo assopito in ogni animo adulto.
 La ricostruzione del bambino che dorme in ognuno di noi attraverso sentieri che incontrano costruzioni, simboli, segreti, riferimenti e citazioni.


La città è ispirata, in particolar modo, al testo attribuito a Francesco Colonna Hypnerotomachia Polyphili o Amoroso combattimento onirico di Polifilo.
 Il romanzo allegorico, stampato da Aldo Manunzio, descrive il viaggio iniziatico che ha come tema centrale la ricerca della donna. Il protagonista alla ricerca dell’amore platonico si destreggia all’interno di una flora bucolica. 
Seppur ispirato a questo testo, i riferimenti che si possono trovare all’interno della Scarzuola sono molteplici, tanto che le architetture del luogo provengono da correnti artistiche differenti tra loro: dall’atmosfera surrealista è semplice passare ad un ambiente metafisico o neo manieristico.
 Straordinarie le scale dei teatri che ricordano le famose incisioni di Escher, nella loro forma ad anello di Moebius.
 Ha dell’incredibile osservare un luogo che ricorda ambienti impossibili come quelli escheriani.






La Scarzuola di Montegabbione potrebbe essere una delle Città invisibili di Italo Calvino, capaci di esistere solo nell’immaginazione, eppure Tomaso Buzzi è stato in grado di costruire una città reale, visibile, immersa in una natura magica. 
Il sogno, in questa armonia di architetture e correnti artistiche, tempi passati e moderni è il filo conduttore della città a cielo aperto. 
Ed è forse l’unica chiave di volta possibile che riesca a mantenere saldo questo arco ideale. 

 Fonte: http://dailystorm.it/

Il materiale più nero: il Vantablack, sulla cui superficie svanisce persino il laser


Si tratta della nuova versione del materiale in nanotubi di carbonio ed è il più scuro al mondo, così nero che il laser addirittura svanisce quando ne tocca la superficie.
 E’ il Vantablack della Surrey NanoSystems.
 La caratteristica più importante di questo materiale è quella di essere così nero che gli spettrometri non sono in grado di stabilire quanta luce rifletta, sempre che ne rifletta.
 E c’è una versione precedente del Vantablack che assorbiva il 99,96% della luce, restituendone appena lo 0,04%, ma in questa nuova variante la percentuale è scesa ancora di più facendone il materiale più nero esistente al mondo.
 I nanotubi in carbonio di cui è formato sono in grado di catturare la luce. Il nome infatti è formato dall’acronimo Vanta, che sta per “Vertically Aligned NanoTube Arrays” o schiere di nanotubi allineati verticalmente, e black. 
 Per capire quanto sia nero basti pensare che assorbe persino la luce del laser e rende impossibile per l’osservatore rendersi conto della differenza tra una superficie perfettamente liscia e una corrugata, anche se ci si trova in piena luce.

 I campi in cui può essere utilizzato questo materiale sono quello militare e quello spaziale.
 Ad esempio per particolari mimetiche da assegnare alle truppe speciali o rivestimenti per aerei e droni.
 In astronomia, invece, potrebbe essere utilizzato nei telescopi, per evitare l’effetto straylight o di “luce sporadica”, un tipo di rumore strumentale nei sistemi ottici dovuto a imperfezioni nei monocromatori e a conseguenti fenomeni di diffusione della luce all’interno degli strumenti. 

 Fonte: meteoweb.eu

Malta.L'Ipogeo di Hal Saflieni e i teschi allungati misteriosamente scomparsiI


La scoperta dell’Ipogeo di Hal Saflieni avvenne per caso nel 1902, quando alcuni operai che stavano tagliando delle cisterne per nuove abitazioni ne ruppero il soffitto.
 Quando gli archeologi cominciarono l’esplorazione si trovarono di fronte ad una massiccia struttura sotterranea sviluppata su tre livelli scavati nella roccia. 
E’ stato stimato che per realizzare l’opera sia stato necessario rimuovere più di 2 mila tonnellate di pietra. 

 Lo studio della struttura venne affidato a Padre Manuel Magri della Compagnia di Gesù, che diresse gli scavi per conto del Museums Committee. 
Magri morì nel 1907, prima della pubblicazione della relazione sugli scavi.
 In seguito all’inaspettata morte di Magri, gli scavi ripresero sotto il controllo di Sir Themistocles Zammit. 

 L’ipogeo di Hal Saflieni è una struttura sotterranea scavata tra il 3600 e il 2500 a.C. 
Si pensa che in origine fosse un santuario, ma che poi divenne una necropoli in tempi preistorici.
 È l’unico tempio preistorico sotterraneo al mondo conosciuto. Oggi tutta la struttura si trova sotto terra, ma in passato l’ingresso principale si trovava in superficie.


Sulle pareti dell’ipogeo sono state trovate numerose decorazioni in ocra rossa, forme di spirali, pentagoni, motivi floreali e anche la sagoma di un toro.
 Inoltre, sono state rinvenute al suo interno alcune tombe, stanze con funzioni sconosciute e una ‘camera principale’, una sala circolare dove fu trovata la statua di una donna, la cosiddetta “Signora che Dorme”. 
 Assieme alla statua della donna giunonica dormiente, sono state trovate altre figure all’interno dell’ipogeo, tutte caratterizzate da “forma abbondanti”. In altra parole, le figure sembrano tutte essere estremamente obese, e gli studiosi non sono in grado di dire il perché.


Altre camere comprendono la Stanza Decorata, il Santo dei Santi e la Stanza dell’Oracolo, una camera di forma rettangolare con caratteristiche acustiche molto peculiari: tutto ciò che viene detto in questa stanza viene amplificato e udito in tutto l’ipogeo! 
Inoltre, alcune ricerche pare abbiano dimostrato che le proprietà acustiche del riverbero avrebbero conseguenze sulle emozioni umane. 

 Una ricerca condotta da Paolo Debertolis e Niccolò Bisconti, rispettivamente delle Università di Triste e di Siena, ha dimostrato che la costruzione della camera è stata progettata in modo da influenzare la psiche delle persone, forse per migliorare le esperienze mistiche durante i rituali. 
 L’uso delle risonanze frattali non lineari che compare nelle proprietà acustiche dell’Ipogeo è qualcosa che la scienza moderna ha appena cominciato ad indagare e i risultati mostrano che questo tipo di frequenze ha addirittura la capacità di alterare la materia. 

Infine, fuori dalla Stanza dell’Oracolo, sulla destra, si trova un’ampia sala circolare, riccamente decorata con motivi geometrici. Sul muro a destra si trova il disegno di una mano umana scolpita nella roccia .






Uno degli aspetti più interessati dell’Ipogeo di Hal Saflieni risiede nella scoperta di oltre 7 mila scheletri ammassati al suo interno. Questi scheletri avevano una caratteristica unica: avevano tutti i teschi allungati.
 E’ noto che alcuni di questi crani sono stati esposti nel Museo Archeologico di Valletta. Tuttavia, dopo il 1985, tutti i teschi ritrovati nell’Ipogeo, insieme ad altri crani rinvenuti in altri siti antichi su Malta, sono scomparsi senza lasciare traccia, senza essere mai più recuperati.
 L’unica testimonianza di questi reperti e della loro anomalia si trova nelle foto del dottor Anton Mifsud e del suo collega il dottor Charles Savona Ventura, i quali pubblicarono un libro dove si spiegavano nel dettaglio le anomalie dei teschi, tra cui: allungamento, partizioni temporali sviluppati in modo anormale e ossa occipitali abnormi.

Esiste anche una testimonianza riportata in un articolo scritto nel 1920 sulla rivista National Geographic, nel quale si descrivono i primi abitanti di Malta come un popolo dal cranio allungato: Da un esame eseguito sugli scheletri dell’età della pietra, sembra che i primi abitanti di Malta fossero una razza di persone dal cranio lungo e dall’altezza media minore, simili ai primi popoli d’Egitto, i quali si sono diffusi verso ovest, lungo la costa settentrionale dell’Africa. Alcuni sono giunti su Malta e Sicilia, altri in Sardegna e Spagna. (National Geographic Magazine, gennaio-giugno, 1920, Volume XXXVII). 

 Naturalmente, il fatto che i reperti di una scoperta così importante siano scomparsi nel nulla crea qualche sospetto. Sembra che qualcuno desideri mantenere riservati i risultati della ricerca, evitando che diventino di pubblico dominio.
 Ma perchè? Un popolo di persone con crani allungati, una camera dalle incredibili proprietà acustiche e la misteriosa scomparsa di 7 mila teschi fanno pensare che qualcosa di molto speciale è accaduto in questo luogo.
 Ma le persone a sapere cosa sia successo, sembrano essere molto poche.

 Fonte: ilnavigatorecurioso.it