venerdì 4 marzo 2016

Shambhala, il mitico regno dove si nasconde la felicità


Nel buddismo tibetano è un luogo mitico ai piedi innevati dell’Himalaya, in realtà però dove sia esattamente nessuno lo sa e c’è addirittura chi ipotizza che fisicamente non esista ma sia solo una costruzione mentale, forse perché la sua traduzione significa "luogo della felicità". 

 Quello che c’è di certo è che intorno a Shambhala ci sono tante leggende, molte delle quali legate alla religione.
 Effettivamente, esiste una città chiamata così tra il fiume Gange e il fiume Rathaprā ma non vi è certezza che sia proprio il luogo della felicità.
 Secondo il buddismo, lo stesso Buddha ha insegnato il Kalachakra, l’insieme di pratiche e tradizioni del buddismo tibetano, su richiesta del re Suchandra di Shambhala, ed è proprio qui che i suoi insegnamenti sarebbero conservati.

 La leggenda vuole che questa terra possa essere raggiunta solo da iniziati o persone che credono nella resurrezione spirituale dell’umanità. 
Al centro di Shambhala, ci sarebbe la celebre torre di Giada riscaldata da acqua calda proveniente da ruscelli sotterranei e il vapore generato, formando vaste nubi, impedirebbe di vedere dall’alto la città. 

 Secondo lo scrittore tibetano Mipham, il regno di Shambhala si troverebbe a nord del fiume Sita e sarebbe diviso da otto catene montuose mentre, il palazzo principale sulla cima della montagna Kailasa, nel centro del paese.

 Da migliaia di anni circolano voci sul mistero di Shambhala e perfino nei testi indù si parla della città come luogo di nascita di Kalki, l'incarnazione finale di Vishnu. 

 Qualunque sia la verità, questo paradiso viene considerato dai buddisti come un regno favoloso in cui non è fondamentale che la sua esistenza sia fisica. 
Infatti, secondo i monaci, nella sua capitale Kalapa possono vivere solo coloro che sono puri di cuore perché qui non si conosce la sofferenza e l’ingiustizia. 

 Un regno fatto solo di felicità per quello quindi un po’ utopistico. 

 Dominella Trunfio