giovedì 11 febbraio 2016
I misteri del Codex Gigas, ovvero la Bibbia del Diavolo
Il Codex Gigas (libro gigante) è il più grande manoscritto medioevale giunto fino ai nostri giorni e attualmente si trova nella Biblioteca Nazionale di Svezia.
Le sue dimensioni sono impressionanti: 92 cm di lunghezza, 50 cm di larghezza e 22 di spessore, e il peso totale è di 75 kg, senza contare che la sua copertina di legno è ricoperta di pelle e decorazioni.
Per questi motivi l’opera è considerata uno degli oggetti più strani, enormi e affascinanti del passato.
Forse alcuni di voi ne hanno sentito parlare con un nomi diversi, come Codice Gigas, Codex Giganteus, Gigas Librorum o Fans Bibel.
In ogni caso si tratta di un’opera piena di mistero, ma perché?
Il codice pare sia stato scritto attorno al 1229 da un monaco benedettino, un certo Herman il Recluso nel monastero di Podlažice in Repubblica Ceca.
Secondo la leggenda, questo frate fu condannato a morire murato vivo per avere infranto alcune severe regole, tipiche dell’ordine benedettino.
La notte precedente alla sua condanna, colto da un’ispirazione, si offrì di scrivere un enorme libro, in cui vi fosse trascritta l’intera Bibbia e altri testi sul sapere umano in una sola notte chiedendo agli altri monaci di salvargli la vita se fosse riuscito nel suo intento. Resosi conto dell’impossibilità di scrivere il manoscritto in una notte, il monaco chiese aiuto al Diavolo che lo aiutò e difatti il giorno seguente il libro era magicamente completo.
Secondo molti studiosi per completare un libro, di quelle dimensioni e con 320 pagine in pelle ci sarebbero voluti tra i 20 e i 30 anni.
Inoltre secondo un’analisi recente, la grafia è giudicata pressoché identica dall’inizio alla fine, oltre al fatto che non ci sono errori: è possibile dunque che il manoscritto sia stato scritto in tempi non eccessivamente lunghi e da un’unica persona.
A parte le leggende sull’origine del Codex Gigas, è certamente degno di nota il contenuto del manoscritto.
Innanzitutto la Bibbia, poi troviamo la Etymologiae di Isidoro di Siviglia, alcuni testi storici di Giuseppe Flavio, una storia sulla Boemia, ma anche alcune formule magiche, un calendario con nomi di santi e l’elenco dei monaci del monastero.
La pagina più famosa dell’opera, è la 290: essa contiene un’immagine del Diavolo a tutta pagina (da qui il nome Bibbia del Diavolo) raffigurato mezzo uomo e mezzo animale, con corna, una lingua biforcuta e piedi con artigli.
Per togliere un po’ di mistero va detto che forse ci fu un’errata interpretazione della parola inclusus: alcuni pensavano che significasse “essere murati vivi”, ma secondo gli ultimi studi l’espressione vorrebbe dire “scelta di reclusione”.
Dunque è probabile che il frate abbia scelto lui stesso di essere “murato vivo” per liberarsi dei suoi peccati e mettere su carta il lavoro e gli studi di una vita a favore dell’umanità.
Inoltre nella pagina precedente la raffigurazione del diavolo troviamo una pagina con il regno dei cieli, come dire che nell’eterna lotta tra il bene e il male, forse il frate è riuscito a liberarsi dai suoi peccati.
Fonte: abebooks.it
Ostuni, la meravigliosa "città bianca" dell'Adriatico
Dalla sua collina domina un mare da Bandiera blu e da cinque vele di Legambiente ma Ostuni è conosciuta soprattutto perché viene chiamata la città bianca.
Piccolo centro pugliese in provincia di Brindisi, essa fa parte della Murgia meridionale al confine con il Salento.
Il suo centro storico un tempo era completamente dipinto con la calce bianca, oggi lo è solo parzialmente ma l’impatto visivo rimane ugualmente suggestivo.
Ogni casa e ogni muro riflettono la purezza del bianco utilizzato sin dal Medioevo sia perché, la calce era un materiale facile da reperire ma anche perché riusciva e riesce ancora, a donare luce ai vicoli stretti della bella collina di Ostuni.
La scelta della calce si rivelò azzeccata inoltre, perché riuscì a risparmiare la città dalla peste.
Nel XVII secolo, mentre moltissime zone della Puglia sopperivano all’epidemia, Ostuni grazie al potere di disinfettante naturale della calce, non conobbe il dramma.
Dal 2005 è stata riconosciuta come località turistica dalla Regione Puglia grazie al suo centro storico definito dagli abitanti “La Terra” con palazzi nobiliari, ringhiere barocche, stradine, vicoli, piazzette in cui dominano la Cattedrale e il Palazzo vescovile.
Di contorno vi sono 17 chilometri di costa adriatica che regalano un meraviglioso gioco di colori della macchia mediterranea.
Dominella Trunfio