venerdì 22 gennaio 2016

La città di Salem e il processo per stregoneria più sanguinoso della storia


Perché Salem è famosa? 
Perché è chiamata “la città delle streghe”? 
Cosa spinse al massacro? 
Perché quei fatti storici interessano ancora oggi film e serie tv? 

Andiamo con ordine e caliamoci nel processo più sanguinoso della storia.

Salem era un villaggio del New England, regione degli Stati Uniti d’America, nel lontano 1692.
 Per i coloni di quell’epoca, Salem era l’ultimo avamposto civilizzato prima della natura selvaggia e dei territori degli indiani. Gli abitanti della colonia inglese si sentivano quindi sperduti e vulnerabili, in un contesto di precarietà, dove la Guerra di re Filippo, caratterizzata da continui scontri tra i coloni e le tribù di nativi, aveva fatto vacillare i principi e la rigorosità puritana. Sentendosi abbandonati dalla benevolenza di Dio, gli abitanti di Salem furono portati a vedere Satana in ogni dove, soprattutto nei più deboli e indifesi, come se fossero un perfetto capro espiatorio per lo sfogo della tensione accumulatasi nell’aria. 

 Ma prima di ogni altra cosa capiamo chi erano i puritani.
 I seguaci del puritanesimo sostenevano la purificazione della Chiesa d’Inghilterra da tutte le forme, gli usi e i costumi non previsti dalle Sacre Scritture. 
Il loro tentativo di riforma fu limitato in Inghilterra da leggi apposite e per questo si diffuse fuori dai confini grazie alle congregazioni emigranti. 
Secondo i puritani la Chiesa doveva essere svincolata dal potere politico in quanto Cristo era e doveva essere l’unico vero capo della comunità, per questo motivo l’autorità veniva racchiusa nelle mani di pochi “anziani” eletti direttamente dai fedeli.
 Il cristiano puritano doveva condurre una vita umile e obbediente, poiché doveva concentrarsi nella lotta contro il peccato insito in se stesso. 
 Quindi visualizziamo il contesto con pochi tratti: rigidità morale e di costume, vulnerabilità, guerra, scontri con gli indiani confinanti…la tensione doveva essere alta, dare la colpa delle disgrazie a un essere soprannaturale ma eliminabile, come le streghe, avrebbe riavvicinato i fedeli alla Chiesa e allontanato la paura grazie all’azione e al sangue versato. 

 Nell’inverno fra il 1691 e il 1692 Elizabeth Parris, “Betty”, ed Abigail Williams, due ragazze parenti del parroco di Salem, iniziarono ad avere dei disturbi: si nascondevano dietro alcuni oggetti, strisciavano per terra, smisero di parlare.
 I medici non riuscirono ad identificarne le cause e si pensò al “malocchio” e, quando l’idea di una strega si diffuse nel villaggio, scoppiò l’isteria di massa.
 La caccia alla strega cominciò dai popolani, più che dalle autorità giudiziarie. 
Una donna di Salem, Mary Sibley diede in pasto a un cane una focaccia impastata con la segale e l’urina delle possedute affinché quest’ultimo scovasse la strega, ma la missione non ottenne risultati.


Dopo le prime due ragazze anche Betty Hubbard, Mercy Lewis, Ann Putnam, Mercy Short, Mary Warren e Susannah Sheldon diedero dimostrazione di avere qualche disturbo, forse solo presunto, e quindi furono incalzate a dire il nome della strega che le stava possedendo.
 Fu così che il potere del processo passò dagli adulti alle ragazzine del villaggio. 
Ciò che stupisce di più della vicenda è infatti questa fiducia nella parola di queste giovani ragazze, che sfruttarono il potere a loro dato accusando le persone a loro probabilmente “scomode”. 
Le vittime furono infatti soprattutto donne adulte, magari quelle donne che fino a prima dell’isteria avevano un potere su di loro, ma molte di loro erano anche anziane signore povere e che vivevano al margine della società e che quindi non poterono difendersi in alcun modo.


Dopo le accuse fu istituito un tribunale giudiziario e i processi ebbero inizio. 
I sospettati vennero prima interrogati, anche sotto tortura, messi alla prova nella recitazione delle preghiere cristiane e posti al cospetto delle ragazze che dichiaravano di essere possedute. 
A quel tempo si pensava che le streghe non potessero recitare le preghiere senza sbagliare e che le vittime del malocchio avessero visioni in presenza delle streghe che le perseguitavano. 
 In tutto furono arrestate 200 persone per stregoneria. 
La prima fu Tituba Indians, una schiava indiana, ma non fu la prima ad essere giustiziata.
 Il 10 giugno 1692 iniziarono le esecuzioni: la prima fu Bridget Bishop per impiccagione. Il luogo della sua morte è ancora oggi conosciuto come Witches’ Hill (la collina delle streghe).


Dal 10 giugno al 22 settembre 1692 furono processate 144 persone, 54 di loro confessarono sotto tortura di essere streghe, ne vennero giustiziate per stregoneria 19.
 Il caso di Giles Corey, la ventesima vittima, è del tutto diverso: fu torturato fino alla morte per schiacciamento del torace, poiché si rifiutò di parlare in segno di protesta durante il processo.





La caccia alle streghe di Salem ebbe fine solo quando i pastori più influenti della regione si lamentarono e tennero sermoni contro il tribunale incaricato dei processi (la Court of Oyer and Terminar), non perché troppo sanguinario o perché non riconoscessero la stregoneria, ma solo perché la raccolta delle prove era per loro insufficiente e sommaria. 
Contestarono in particolare l’uso delle visioni delle vittime come prove per l’accusa, poiché le visioni non erano verificabili da terzi. 

Furono i puritani e i popolani a dar vita alla mattanza, furono i giudici ad annodare i cappi e furono i pastori protestanti a fermare la caccia quando ormai si stava tramutando in una strage. 

 Fonte: http://www.sapere.it/