giovedì 21 gennaio 2016
La Germania compie un ulteriore passo verso la realizzazione del sole in miniatura!
La Germania ha compiuto un passo in avanti particolarmente importante verso quello che potrebbe rappresentare un progresso epocale nella storia dell’energia.
All’istituto Max Planck per la Fisica del Plasma di Greifswald è stato infatti acceso il Wendelstein 7-X, o più semplicemente W7-X, un reattore per la fusione nucleare la cui costruzione ha richiesto 19 anni, 1,1 milioni di ore-lavoro ed investimenti pari a circa 1 miliardo di euro.
Gli scienziati del Max Planck Institute, situato nella parte nordo-orientale della Germania, hanno condiviso su Twitter un’immagine del primo plasma (un gas ionizzato) prodotto all’interno del W7-X, a testimonianza dell’avvenuta accensione dell’impianto, che adesso dovrà dimostrare di valere i soldi, il tempo e l’impegno spesi per costruirlo.
Un reattore per la fusione nucleare funziona grazie al confinamento di un gas ionizzato denominato plasma.
Quando quest’ultimo viene riscaldato a temperature intorno ai 100 milioni di gradi, gli elettroni si separano dai loro atomi: in questo modo vengono formati degli ioni che, collidendo e fondendosi insieme, generano energia.
Si tratta dello stesso processo che alimenta il nostro Sole: spiegandolo in questo modo potrebbe apparire semplice, ma in realtà costruire un reattore per sfruttare questa energia è molto complesso.
Il W7-X è peraltro un esempio dell’approccio più complesso alla fusione nucleare, trattandosi di un cosiddetto “stellarator“: si tratta di un tipo di reattore molto più arduo da costruire rispetto ai cosiddetti “tokamak“, che rappresentano il concept maggiormente utilizzato negli studi in questo campo, anche se finora i risultati ottenuti non sono stati quelli sperati.
I tokamak riescono infatti a tenere sotto controllo il plasma solamente per pochi minuti alla volta (il record appartiene all’impianto francese Tore Supra, con 6’30”): con una durata così breve, è impossibile ottenere più energia di quella immessa nel sistema per riscaldare il plasma alle altissime temperature necessarie.
Sul versante opposto, gli stellarator sembrano invece in grado di garantire accensioni fino a 30 minuti, ma presentano difficoltà di progettazione e costruzione molto grandi.
La struttura dello stellarator è molto complessa, vista la necessità di creare un campo magnetico di forma toroidale.
L’approccio utilizzato nel WX-7 è infatti quello del confinamento magnetico, che sta avendo un certo successo nel campo degli studi sulla fusione nucleare .
Una significativa eccezione è quella degli Stati Uniti, che per le loro ricerche in questo ambito (ad esempio quella della National Ignition Facility) stanno seguendo la strada del confinamento inerziale.
Parlare di confinamento magnetico significa che una volta riscaldato il plasma, dei potenti campi magnetici vengono generati per tenerlo sotto controllo.
Nel caso del WX-7, questo viene ottenuto grazie a 50 bobine magnetiche da 6 tonnellate .
Ad ogni modo, ormai da tempo l’impianto tedesco viene considerato la speranza più fondata di un cambiamento epocale in ambito energetico, e l’avvio delle operazioni è senza dubbio un passo estremamente significativo che dimostra che il lavoro fatto finora è stato valido.
Ma c’è ancora moltissimo altro lavoro che dovrà essere fatto. Nel corso della sua prima accensione, il W7-X è stato riempito con un milligrammo di elio (che è un gas inerte) che è stato riscaldato fino ad una temperatura di un milione di gradi grazie ad un laser. In questa configurazione il plasma è rimasto confinato per circa 1/10 di secondo. Si tratta di un tempo decisamente ridotto, oltretutto ad una temperatura decisamente più bassa di quella che sarà effettivamente necessaria per la produzione di energia.
Lo scopo di questa prima accensione era però soltanto quello di verificare che la macchina funzionasse, quindi si può dire che l’operazione sia stata un successo.
«Stiamo iniziando con un plasma prodotto dall’elio, un gas nobile», spiega il professor Thomas Klinger, responsabile del progetto. «Non ci sposteremo verso l’effettivo oggetto di indagine, un plasma di idrogeno, fino all’anno prossimo. Questo perché è più facile ottenere lo stato di plasma con l’elio».
Le prossime tappe nella tabella di marcia prevedono un progressivo allungamento delle accensioni con plasma di elio, fino a raggiungere una durata di 30 minuti.
Dopo la pausa per le festività di fine anno, gli scienziati del Max Planck Institute prevedono di iniziare a lavorare per produrre plasma dall’idrogeno, che è il gas che sarebbe effettivamente utilizzato per la produzione di energia in un reattore per la fusione nucleare.
Fonte:ilnavigatorecurioso.it
Hyperion, la sequoia californiana più alta del mondo
Ciò che è certo è che si trova in California nel Parco nazionale di Redwood ma la sua collocazione esatta è celata da un velo di mistero, ovviamente per preservarlo da un eccessivo flusso di visitatori che potrebbe danneggiare l’ecosistema circostante.
Parliamo dell’albero più alto del mondo, una sequoia gigante chiamata Hyperion, che raggiunge i 115,55 metri di altezza.
Alle spalle ha ben 2500 anni di età ed è stato scoperto nel 2006 dai naturalisti Chris Atkins e Michael Taylor in questo parco che si trova lungo la costa dell’Oceano Pacifico.
Attenzione però qui parliamo di altezza e non di grandezza, infatti l’albero più grande in termini di volume è un’altra sequoia, il General Sherman che cresce nel Sequoia National Park californiano, alta 83,8 metri e un diametro alla base di 11,10 metri.
Prima dell’Hyperion, il record di altezza apparteneva alla sequoia Helios alta 114,30 metri anch’essa nel parco Redwood, battezzato così proprio per il colore rossiccio dei tronchi degli alberi che ospita.
Le sequoie sono in genere gli alberi più alti e grandi del mondo e raggiungono facilmente gli 80 metri di altezza ma, superare i 115 metri è davvero un record.
Per questo motivo, quando si è davanti a tanta immensità si cerca di preservarli il più possibile.
Fino a 40 anni fa esistevano centinaia di alberi di dimensioni simili all’Hyperion ma nel tempo, quasi il 90% delle sequoie è stato abbattuto per farne legname.
Non deve stupire quindi che i guardiani del parco vogliano tenere nascosta l'esatta collocazione, una meraviglia naturale non può e non deve essere danneggiata.
Dominella Trunfio