venerdì 9 ottobre 2015

I coralli di tutto il mondo si stanno sbiancando


Dalle Hawaii alla Nuova Guinea, passando per le Maldive non c’è barriera corallina che non stia subendo una forte perdita di colori. L’aumento della temperatura degli oceani e il rafforzamento di El Niño in questi ultimi mesi hanno innescato una serie di fenomeni che portano le barriere coralline ad espellere le alghe che sono responsabili dei loro meravigliosi colori.
 Più di un terzo delle barriere coralline dell’Oceano Pacifico, dell’Oceano Indiano e di quello Atlantico sono diventate interamente biancastre e, secondo il Noaa, entro la fine dell’anno in corso ben 12.000 chilometri quadrati di scogliere sono destinate a scomparire.


Sottolinea Ove Hoegh-Guldberg, dell’Università del Queensland a Brisbane, in Australia: «Nessuno si aspettava una situazione simile, essa va al di là di ogni nostra più pessimistica ipotesi». 
 I coralli sbiancati sono molto più vulnerabili a fattori di stress e a malattie che li possono aggredire portandoli alla morte. 
Nel 1998, il più grande fenomeno di sbiancamento di coralli, che potrebbe essere superato dall’attuale, portò alla distruzione del 16% delle barriere coralline del pianeta.


Il processo di sbiancamento odierno ha avuto inizio nel 2014, nell’Oceano Pacifico, in prossimità di varie isole tra cui le Hawaii, per poi "diffondersi" verso gli altri oceani. 
 Le cause, come detto sono le temperature più alte della norma. Le temperature oceaniche, secondo il Noaa, sono state più alte di circa 0,6°C rispetto alle medie del ventesimo secolo. 
In più, stanno subendo un ulteriore rialzo in seguito a El Nino, soprattutto nella fascia tropicale dell'Oceano Pacifico. 
 A ciò si è aggiunta una grande massa di acqua calda che, negli ultimi mesi, si è mossa a varie latitudini nell’Oceano Pacifico e alla quale gli oceanografi hanno dato il nome di “blob”. 

Non si sa se il fenomeno è del tutto naturale, seppur raro, o a da legare ai mutamenti climatici in atto.
 Per avere un quadro della situazione i ricercatori sono partiti dai dati satellitari che indicano dove le acque sono più calde della norma.
 Una volta individuate le zone, volontari e ricercatori si sono recati sul luogo per verificare la situazione dei coralli. In questa particolare operazione si è distinta la XL Catlin Seaview Survey, una società privata che ha mappato le barriere coralline di 26 Paesi diversi a partire dal 2012. 
 In questo quadro molto grave c’è una nota di ottimismo che arriva da un lavoro pubblicato all’inizio di quest’anno su Nature. Lo studio aveva osservato il recupero del colore delle barriere coralline dopo lo "sbiancamento" del 1998: nelle Seychelles 12 barriere su 21 erano riuscite a recuperare il loro colore e quindi anche la loro “forza”. 
 Hoegh-Guldberg tuttavia, sottolinea: «Non bisogna essere comunque troppo ottimisti, perché nel caso in cui eventi troppo ravvicinati di sbiancamento si ripetessero nei prossimi anni non si avrebbe il tempo necessario perché le barriere possano riprendersi, come è avvenuto nel 1998».

 LUIGI BIGNAMI

Il teatro sotterraneo di Boston è un gioiello segreto abbandonato dal 1942


Boston nasconde a 12 metri di profondità sotto la terra un luogo bellissimo e forse unico al mondo: una sala concerti abbandonata da 650 posti costruita a metà dell’800.

 Il teatro è rimasto chiuso durante gli ultimi 73 anni e ha una storia interessante e curiosa.
 L’edificio è la parte inferiore del negozio di pianoforti M.S Steinert & Sons su Boylston Street.
 La Steinert Hall era una volta uno spazio celebre della capitale del Massachusetts, luogo di ritrovo delle persone colte e altolocate di Boston.

 Il teatro “acusticamente perfetto” fu costruito da Alexander Steinert, figlio di Morris Steinert, un immigrato tedesco che arrivò a Boston a metà del 1800 con il sogno di aprire un negozio di pianoforti in America.
 Alexander progettò e fece realizzare questa sala concerti da 650 posti con lo scopo di realizzare un ambiente acustico unico, abbastanza profondo da isolarlo completamente dal rumore del traffico della città che gli stava sopra.
 I musicisti e gli artisti che calcarono le assi del suo palcoscenico godevano allora di fama mondiale, ma la Steinert Hall non ha ospitato eventi dal 1942, l’anno in cui una terribile tragedia scosse l’America.
 In quell’anno 492 persone perirono durante un incendio alla discoteca di Cocoanut Grove, proprio a Boston.
 A seguito dell’incidente le autorità decisero che le norme di sicurezza all’interno dei locali pubblici sarebbero cambiate radicalmente, e in particolar modo gli spazi sotterranei avrebbero dovuto garantire vie di fuga adeguate per consentire agli spettatori di non fare la fine delle vittime del terribile incidente del Cocoanut Grove. 
 Ristrutturare il teatro per renderlo a norma sarebbe stata una spesa semplicemente inaffrontabile per Steinhert, e quindi la sala concerti finì dimenticata fra il frastuono delle notizie della Seconda Guerra Mondiale.
 Il negozio soprastante continuò la propria attività e divenne sempre più un punto di riferimento per i musicisti della città, ma tutti si dimenticarono di quell’Auditoirium sotterraneo, un tempo la casa degli amanti della musica e della cultura cittadina.










Nel 2011 Greig Lamont pubblicò un articolo sul suo blog, A Project in Ruins, che ricordarò al mondo l’esistenza di questo spazio unico e magnifico pochi metri sotto le strade di Boston. 
Il custode dell’edificio accordò il permesso a Greig di andare sotto e fotografare gli spazi, che egli descrive: 
 “La sala ha alcune sedie e panche originali, ed è stata utilizzata come magazzino e ripostiglio. Pianoforti rotti, grandi casse di legno da trasporto, vecchi gabinetti, cassette, armadi, e altri oggetti giacciono sparsi sul suo splendido pavimento“. 

 Le sedute originali furono donate al Boston College High School e, dal momento della sua chiusura, il teatro è stato vittima dei danni causati dall’acqua. 
Nel 1960 la costruzione di garage causò gravi perdite a causa della rottura di un tubo dell’acqua, e da allora le infiltrazioni sono costanti e continue.
 Durante la guerra il teatro fu anche indicato come un possibile rifugio antiaereo, ma fortunatamente non venne mai utilizzato. 

Alcuni musicisti hanno chiesto sovente di visitare lo spazio, e fra loro spicca il nome di Elton John che, durante un tour negli anni ’90, visitò lo Steinert.
 Il Boston Globe nel 2013 pubblicò un pezzo riguardante questo tesoro nascosto nei sotterranei della città ma, a scanso di equivoci, Paul Murphy, il presidente della M. Steinert & Sons, ha scoraggiato qualunque tipo di visita a causa degli elevati rischi per la sicurezza. Murphy stesso ha ricevuto diverse richieste per rendere nuovamente il teatro agibile ma, a causa dei costi elevatissimi della rimessa in sicurezza degli spazi stimati in circa 6 milioni di dollari, nessuno ha poi concretizzato l’acquisto.


Fonte: vanillamagazine.it

Antica ballata Irlandese



TROVA IL TEMPO
Trova il tempo di riflettere, è la fonte della forza.
Trova il tempo di giocare, è il segreto della giovinezza.
Trova il tempo di leggere, è la base del sapere.
Trova il tempo d'essere gentile, è la strada della felicità.
Trova il tempo di sognare, è il sentiero che porta alle stelle.
Trova il tempo di amare, è la vera gioia di vivere.
Trova il tempo d'essere contento è la musica dell'anima.


El Dorado

La laguna di Guatavita è ritenuta uno dei laghi sacri del popolo precolombiano Muisca. Un rituale tenuto proprio presso questo lago è unanimemente riconosciuto essere alla base della famosa leggenda dell’El Dorado.



La leggenda narra che, prima dell'arrivo del conquistador Gonzalo Jiménez de Quesada che scoprì il sito, il popolo Muisca vi praticava dei riti religiosi relazionati con il culto del Sole.
In particolare lo Zipa di Guatavita si cospargeva la pelle di resina e polvere d'oro e si inoltrava fino al centro del lago con una zattera da dove si tuffava, effettuando delle abluzioni togliendosi la polvere d’oro di dosso. In seguito i fedeli gettavano nel lago altre offerte rituali, come ciondoli e monili preziosi

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Alcuni oggetti d’oro e d’argento recuperati nel fondo del lago sembrerebbero confermare la veridicità di questo rito, anche se finora le immersioni di ricerca in fondo al lago non hanno rinvenuto che un numero relativamente basso di oggetti preziosi. Da questa cerimonia, di cui il primo spagnolo ad essere informato fu Sebastian de Belalcazar, si originò il mito dell'El Dorado che deriva dalle parole in lingua spagnola El indio Dorado.



In seguito nelle alte Ande colombiane furono organizzate spedizioni nell’entroterra per depredare le ricche tombe degli Indios Sinu, e nel 1539 gli Europei penetrarono per la prima volta nel territorio dei Muisca e fondarono la città di Bogotá.
Un cronista spagnolo riportò nel 1636 il resoconto di un testimone oculare: “Il primo viaggio che dovette intraprendere fu alla grande laguna di Guatavita, dove rese offerte e sacrifici al demone che essi adoravano come loro dio e signore.

Durante la cerimonia alla laguna costruirono una zattera di giunchi, abbellendola e ornandola con i loro oggetti più belli. La poggiarono su quattro bracieri accesi in cui bruciarono molta moque, che è l’incenso di questi indigeni, oltre a resina e a molti altri profumi. La laguna era vasta e profonda, tale da poter essere navigata da un’imbarcazione dai fianchi alti carica di un’infinità di uomini e donne sontuosamente vestiti con belle piume, placche e corone d’oro… A quel punto spogliarono l’erede al trono dei suoi abiti e lo unsero con del terriccio vischioso che cosparsero poi di polve­re d’oro, ricoprendogli così tutto il corpo con il metallo. 
Lo sistemarono a bordo della zattera su cui egli restò immobile, e poggiarono ai suoi piedi un gran mucchio d’oro e di smeraldi affinché ne facesse offerta al suo dio. Insieme a lui, montarono sull’imbarcazione quattro influenti personaggi interamente abbigliati con piume, corone, braccialetti, ciondoli e orecchini in oro puro. Anch’essi erano nudi e ciascuno reggeva un’offerta. Quando la zattera lasciò la riva, ebbe inizio la musica, con trombe, flauti e altri strumenti, accompagnata da canti che facevano tremare le montagne e le valli, finché, quando la barca raggiunse il centro della laguna, essi alzarono una bandiera per imporre il silenzio. L’indio ricoperto d’oro fece poi la sua offerta, gettando tutto l’oro in mezzo al lago e i capi che lo scortavano fecero lo stesso con i loro doni. Con questa cerimonia il nuovo governante fu accolto e riconosciuto come signore e re”. British Museum

Reperti d'oro provenienti dalla laguna di Guatavita



Il tesoro del Lago Guatavita La cerimonia di “El Dorado”, l’Uomo d’Oro, diede inizio alla leggenda. Benché si fossero già impossessati di parecchie centinaia di libbre d’oro appartenenti ai Muisca e ai loro vicini, i conquistadores erano convinti che il meglio dovesse ancora venire, sotto forma dell’inestimabile tesoro giacente, secondo loro, sul fondo del Lago Guatavita.
Il primo tentativo di dragare il lago fu compiuto nel 1545, ma l’iniziativa più complessa dell’epoca fu quella intrapresa da un mercante di Bogotá, Antonio de Sepulveda, che avviò le operazioni di ricerca negli anni successivi al 1580.
Avvalendosi di una manodopera di 8000 indios, praticò una larga incisione nel bordo del lago – tuttora ben visibile – per far defluire l’acqua. Il livello si abbassò così di 20 m, dopo di che l’apertura franò provocando molte vittime. Fu abbandonato allora il progetto, benché fossero stati trovati degli oggetti preziosi: la parte di bottino spedita in Spagna al re Filippo II comprendeva una corazza d’oro, un bastone ricoperto di placche d’oro e uno smeraldo grosso come un uovo di gallina.



Ben presto la caccia alle leggendarie, inimmaginabili ricchezze si estese oltre i confini del Lago Guatavita. Già all’epoca dei conquistadores si era propagata in un baleno la voce dell’Uomo d’Oro e della mitica città di Manoa, dove persino le pentole erano d’oro.
Convinti che la località si celasse nelle foreste inesplorate del bacino amazzonico, anno dopo anno esploratori e avventurieri s’inoltrarono nella giungla e molti non ne fecero ritorno.
Con il trascorrere del tempo il ricordo dell’Uomo d’Oro si affievolì, e il nome di El Dorado finì per designare un luogo – Eldorado – ricolmo d’inconcepibili ricchezze che attendevano il loro scopritore, nascosto fra le Ande o nel folto della giungla amazzonica.
Forse uno dei più bei pezzi di Muisca e solide prove della cerimonia del El Dorado, è una zattera di lega d'oro su cui sorgono figure, uno dei quali è più grande e, indossa un copricapo, è senza dubbio la 'Gilded One'. Esso è stato scoperto in una grotta vicino a Bogotá ed era un tunjo. Il pezzo è 10 x 20 cm con la figura principale essere 10 cm di altezza e si trova ora, insieme a molti dei migliori superstiti pezzi Muisca, nel Museo dell'Oro del Banco de la República, Bogotá, Colombia.
La civiltà Muisca (o Chibcha) fiorì in Colombia antica tra 600 e 1600 CE. Loro territorio comprendeva quello che ora è Bogotá e i suoi dintorni e hanno guadagnato una fama duratura come l'origine della leggenda di El Dorado. Muisca anche hanno lasciato un patrimonio artistico significativo nella loro eccellente lavoro d'oro, gran parte di essa ineguagliabile da qualsiasi altra cultura Americas. Società & religione