venerdì 11 settembre 2015

Le piante che resistono agli incendi



Un'oasi verde, non intaccata dal fuoco: i cipressi mediterranei, naturale barriera contro le fiamme.
I test di infiammabilità della pianta, compiuti non solo su campioni secchi - come si usava in passato - ma anche su rami vivi e completi di foglie, hanno rivelato che la pianta è particolarmente ricca d'acqua. La spessa cuticola (il tessuto idrofobico che ricopre rami e foglie) e la struttura interna delle foglie riducono al minimo la perdita di liquidi anche nelle situazioni di calore estremo.
Il risultato? questi cipressi impiegano fino a 7 volte di più a incendiarsi rispetto a pini, ginepri e querce.



I frammenti di foglie che si depositano al suolo, poi, trattengono l'acqua come una spugna: un'ulteriore barriera contro le fiamme.
La forma affusolata e rada della chioma dell'albero fa sì che non si accumulino foglie morte tra le fronde, e aiuta a dissipare il calore. Infine, se nelle conifere la componente resinosa della pianta fa accelerare la combustione, in questi cipressi i componenti volatili infiammabili degassano poco a poco, rallentando di fatto l'incendio.

La materia oscura



La materia di cui siamo fatti noi, i pianeti e le galassie, tutta insieme fa solamente il 4,9 per cento della materia dell'Universo.
Il 26 per cento circa del cosmo è materia invisibile: non sappiamo di che cosa sia effettivamente fatta. Il restante 69 per cento circa dell'Universo è "energia oscura", della quale sappiamo... poco o nulla. Il fatto che la materia più diffusa nell'Universo sia "oscura" non significa solo che è invisibile ai nostri occhi o quasi del tutto sconosciuta: è oscura perché non emette alcun tipo di radiazione elettromagnetica, né nello spettro della luce visibile, né nei raggi X e nemmeno nelle altissime energie.

L'immagine ottenuta dal telescopio spaziale Hubble dell’ammasso di galassie Abell 3827. Le strane strutture blu che circondano le galassie centrali sono la vista distorta dalla lente gravitazionale di una galassia molto più distante situata al di là dell'ammasso. Le osservazioni delle quattro galassie centrali in interazione hanno fornito indizi che la materia oscura intorno a una delle galassie non si stia muovendo con la galassia stessa, implicando che possano essere in atto interazioni di natura non nota della materia oscura con se stessa.

Da tempo si sta cercando di capire come mettere in luce ciò che non si vede: la materia oscura e l’energia oscura, due entità, fondamentali per capire il nostro Universo, che sappiamo esistere ma le cui tracce sono per ora soltanto indirette: osserviamo fenomeni ad esse correlati, come l’espansione accelerata dell’Universo, nel caso dell’energia oscura, e per certi aspetti non comprensibili dei moti delle galassie, nel caso della materia oscura. PERCHÉ LA MATERIA OSCURA È NECESSARIA.
L’esistenza della materia oscura, in particolare, è resa necessaria per giustificare alcune anomalie del moto di rotazione delle galassie a spirale e delle galassie negli ammassi, che per essere spiegate richiedono l’esistenza di molta più massa di quanta sia percepibile con gli strumenti a nostra disposizione.
Deve quindi esistere una sorta di particella subatomica, originatasi in quantità enormi con il Big Bang ma non visibile con alcun mezzo conosciuto se non per l'attrazione gravitazionale che esercita con la sua massa. Si tratta però ancora di una ipotesi teorica, perché finora l'esistenza di queste particelle non è stata ancora rilevata direttamente.

La materia oscura, per quanto misteriosa, ha gli stessi comportamenti della materia comune almeno per ciò che riguarda l'interazione con lo spazio e con il tempo: si diluisce quando può espandersi in un volume più ampio ed esercita la stessa attrazione gravitazionale della materia ordinaria. Nella foto, una mappa tridimensionale della materia oscura nell'Universo elaborata dalla Nasa e dall'Esa.

Petrifying Well.: il pozzo che trasforma gli oggetti in pietra


In Inghilterra esiste un pozzo dai poteri apparentemente straordinari.
 Mentre il lago Natron, nel Nord della Tanzania, trasforma gli animali in statue di pietra, questo pozzo dello Yorkshire pietrifica gli oggetti che vengono immersi nelle sue acque.
 Proprio per questo motivo il pozzo di Knaresborough – questo il nome della città vicino a cui si trova - viene soprannominato The Petrifying Well.
 Il pozzo si trova nei pressi del fiume Nidd. Nel corso del tempo è diventato una delle principali attrazioni turistiche dell'Inghilterra. Secondo antiche leggende si tratterebbe di un pozzo maledetto. 
Da sempre qualsiasi oggetto toccato dallo stillicidio delle sue acque viene tramutato in pietra.
 La trasformazione riguarda soprattutto elementi naturali come rami e foglie, ma anche gli animali. 

 Dopo aver scoperto il potere del pozzo, alcune persone hanno iniziato a compiere dei tentativi con alcuni oggetti di uso quotidiano e hanno verificato che in un paio di settimane questi si tramutavano letteralmente in pietra.
 Ai bordi del pozzo è possibile individuare un cappello in stile vittoriano e alcuni oggetti risalenti probabilmente all'Ottocento, ma anche qualcosa di più recente, come un orsacchiotto. 

 Il pozzo era già noto agli abitanti del luogo nei secoli passati.
 Il primo riferimento scritto risalirebbe ad una visita al pozzo avvenuta nel 1538 da parte di John Leyland, antiquario di Enrico VIII. 
Già a quei tempi il pozzo era molto noto e i visitatori erano soliti bere qualche goccia delle sue acque perché ritenevano che avessero miracolosi poteri di guarigione.
 Il pozzo iniziò a diventare una vera e propria attrazione turistica a partire dal 1630, con l'organizzazione delle prime visite guidate.




Perché gli oggetti si trasformano in pietra? 
Un'analisi scientifica ha svelato il mistero del processo di pietrificazione. 
L'acqua di questo pozzo ha un elevato contenuto di minerali che precipitano sugli oggetti creando un guscio resistente che ricorda le stalattiti e le stalagmiti che si formano nelle grotte. 
 Resta tuttavia sorprendente la velocità con cui si verifica il processo di pietrificazione. 
Piccoli oggetti o giocattoli si pietrificano in un paio di mesi. Tra gli oggetti pietrificati troviamo anche anelli, capi di abbigliamento, utensili da cucina e persino una bicicletta. 

Vi piacerebbe visitare questo luogo "magico"? Attenzione però: per via dell'elevato contenuto di minerali, è altamente sconsigliato bere l'acqua di questo pozzo.

 Marta Albè

La timeline dell'evoluzione dell'uomo

Breve storia del genere Homo.

5,8 MILIONI DI ANNI FA - Orrorin tugenensis, il più antico antenato dell'uomo che camminava abitualmente sulle gambe. I suoi resti trovati in Kenia, e in particolare un femore, hanno una struttura che ha fatto ipotizzare agli scienziati che fosse piuttosto abituato a muoversi su due gambe.
5,5 MILIONI DI ANNI FA - Compare il genere Ardipithecus. Condivide alcuni tratti con gli scimpanzé e i gorilla, vive nella foresta. Usava 2 zampe sul terreno e tutte e 4 quando si muoveva sui rami. Il ritrovamento più importante è quello di Ardi, un esemplare femmina di Ardipithecus ramidus vissuto 4,4 milioni di anni fa.
4 MILIONI DI ANNI FA - Fanno la loro comparsa gli Australopitechi. Il loro cervello è già più grande di quello di uno scimpanzé - con un volume di 400/500 cm3. È il primo antenato a vivere nella savana. Se, come sostengono le più attuali teorie paleoantropologiche, lo sviluppo del cervello iniziò “dai piedi”, ossia dal modo di camminare, le orme fossili trovate provano che già circa 3,6 milioni di anni or sono i piedi degli ominidi (forse quelli della specie Australopithecus afarensis) erano simili a quelli dell’uomo attuale, e non più scimmieschi come li aveva l'Ardipithecus
3,2 MILIONI DI ANNI FA - È l'epoca in cui vive Lucy, la celebre donna scimmia (A. afarensis) scoperta in Etiopia dal paleoantropologo americano Donald Johanson. Manca delle estremità inferiori, ma le ossa delle gambe e il bacino dimostrano che la stazione eretta fa era acquisita: gli ominidi si muovevano quasi sempre in quella posizione, non solo per alcuni tratti.
2,9 MILIONI DI ANNI FA - Secondo le teorie più accreditate, l’albero dell’evoluzione a quell’epoca si divise in due rami principali. Nel primo fanno parte alcune specie di ominidi - come Paranthropus aethiopicus (vissuto nelle attuali Etiopia e Tanzania), muniti di mascelle possenti per triturare cibi vegetali coriacei, come le noci e le radici per esempio. Vivono nei boschi e nelle praterie. E si estinguono 1,2 milioni di anni fa. Negli ominidi appartenenti al secondo ramo, come Australopithecus africanus, la dentatura e le mascelle rimasero invece leggere, ma si sviluppò la scatola cranica. Gli scienziati concordano nel riconoscere a questo secondo ramo il ruolo di progenitore del genere Homo, cioè quello cui apparteniamo noi.
2,8 MILIONI DI ANNI FA - Compare il genere umano, con la specie dell'Homo habilis. Aveva una scatola cranica più sviluppata degli ominidi che l’avevano preceduto, ma mascelle relativamente meno potenti, perché la sua dieta era diventata onnivora: comprendeva cioè una buona base di carne, che si procurava facendo lo “spazzino”, cioè scacciando iene e altri predatori dalle carcasse degli animali morti, spesso agendo in gruppo con altri simili. I suoi utensili di pietra servivano soprattutto a rompere le ossa per mangiare il midollo, un cibo molto nutriente. H. habilis è stato a lungo considerato il primo membro della linea evolutiva di Homo, ma una serie di nuovi ritrovamenti ha cambiato le carte in tavola.
2 MILIONI DI ANNI FA - Prime evidenze di Homo ergaster, con un volume del cervello di 850 cm3.
1,8-1,5 MILIONI DI ANNI FA - Homo erectus si trova in Asia. È il primo vero antenato di cacciatori-raccoglitori, e anche il primo ad aver migrato dall'Africa in gran numero. Aveva una dimensione del cervello di circa 1000 cm3.
1,6 MILIONI DI ANNI FA - Primo uso sporadico del fuoco. È ancora un'ipotesi, suggerita da sedimenti scoloriti trovati in Kenya. Prove più convincenti di strumenti di legno e pietra carbonizzati si trovano in Israele e risalgono però a 780.000 anni fa. Con l’inizio della cultura acheuleana, si iniziò a lavorare simmetricamente i ciottoli su entrambe le facce e a sagomarli con maggior precisione con l’ausilio di strumenti di legno o di osso.
600.000 ANNI FA - Homo heidelbergensis vive in Africa e in Europa. Ha una capacità cranica simile a quella degli esseri umani moderni.
500.000 ANNI FA - Risalgono a quel periodo i resti più antichi e conosciuti di rifugi costruiti appositamente. Sono capanne di legno ritrovate vicino a Chichibu, Giappone.
400.000 ANNI FA - I primi esseri umani cominciano a cacciare con lance.
230.000 ANNI FA - Compaiono i Neanderthal. Li ritroviamo in tutta Europa dalla Gran Bretagna ad ovest all'Iran, a est. Si estingueranno - per colpa dei sapiens, 28.000 anni fa circa.
195.000 ANNI FA - La nostra specie Homo sapiens appare sulla scena - e poco dopo inizia a migrare in tutta l'Asia e l'Europa. I più antichi resti umani moderni sono due crani trovati in Etiopia che risalgono a questo periodo. Volume medio del cervello umano: 1.350 cm3.
170.000 ANNI FA - Risale a questo periodo la “Eva mitocondriale”, l’antenato comune determinato dalla comparazione del Dna mitocondriale, trasmesso sempre dalla madre, di individui di varie etnie o regioni.
150.000 ANNI FA - Probabilmente gli uomini parlano. Alcune conchiglie usate come gioielli e risalenti a 100.000 anni fa potrebbero essere un segnale che gli esseri umani fossero in grado di sviluppare discorsi complessi e ricorrere al simbolismo.
140.000 DI ANNI FA - Prime prove di commercio a lunga distanza.
110.000 ANNI FA - Prime perle - a base di gusci d'uovo di struzzo - e gioielli.
50.000 ANNI FA - È l'epoca del "Grande balzo in avanti": la cultura umana comincia a cambiare molto più rapidamente rispetto a prima; si sepelliscono i morti ritualmente; si creano abiti da pelli di animali; e si sviluppano tecniche di caccia complesse.
35.000 ANNI FA - In base ad alcuni ritrovamenti, risale a questo periodo l'addomesticazione dei cani. In passato si riteneva che l'amicizia tra cani e uomo fosse iniziata solo 10.000 anni fa.
33.000 ANNI FA - Risale a questo perioso la più antica arte rupestre. Più tardi, gli artisti dell'età della pietra creano murales spettacolari a Lascaux e Chauvet in Francia. Homo erectus si estingue in Asia - sostituito dall'uomo moderno
12.000 ANNI FA - L'uomo moderno raggiungere le Americhe. 10.000 ANNI FA - L'agricoltura si sviluppa e diffonde. Nascono i primi villaggi.
5.500 ANNI FA - Finisce l'età della Pietra e inizia quella del Bronzo: gli uomini cominciano a fondere e lavorare rame e stagno, e li usano al posto degli strumenti di pietra.
5.000 ANNI FA - Primo scritto conosciuto.




Il territorio del Labuan


Il Labuan, uno dei tre territori federali della Malesia, è formato dall’omonima isola principale e da sei isolotti intorno. 
Conosciuta come la “perla del Borneo”, in passato è stata un fiorente porto franco e, oggi, grazie alle sue vivaci mete turistiche, è meta rinomata.
 Le acque al largo delle coste dell’isola sono una meta perfetta per gli amanti delle escursioni.
 Sui fondali si trovano, infatti, relitti della Seconda Guerra Mondiale.
 Tra i luoghi di maggiore interesse naturalistico c’è il parco marino di Labuan. 
I tre isolotti del Marine park, Kuruman, Rusukan Kecil e Rusukan Besar, sono circondati da acque cristalline e stupende barriere coralline.

 Per gli amanti di Emilio Salgari, la Perla di Labuan era l’epiteto che si legava a Lady Marianna Guillonk, la ragazza amata da Sandokan – il protagonista di numerosi libri del romanziere. Amore ostacolato dal fatto che Marianna era la figlia di lord James Guillonk, acerrimo nemico del pirata della Malesia.


 Fonte www.rivistanatura.com

Le carte Zener



Le carte Zener sono un particolare tipo di mazzo di carte, inventato negli anni trenta dallo psicologo Karl Zener appositamente per il noto parapsicologo statunitense Joseph Rhine, che le ha usate per i suoi esperimenti sulla telepatia e sulla chiaroveggenza.
Il set è composto da 25 carte di forma rettangolare (come le comuni carte da gioco) divise in cinque gruppi differenziate da un segno posto nel centro:
il Cerchio, la Croce, il Quadrato, la Stella e l'Onda.
Ogni gruppo di segni è presente cinque volte nel mazzo. L'esperimento condotto da Rhine consisteva nel chiedere ad un soggetto di indovinare la carta che si stava estraendo dal mazzo. In certi casi lo sperimentatore doveva estrarre le carte ponendole di fronte al soggetto da ricerca, mostrando però il dorso e chiedendo di dichiarare il segno; oppure ponendo il soggetto in una condizione di non poter vedere.
La cognizione o meno da parte dello sperimentatore della carta da dichiararsi muta l'esperimento da telepatia a chiaroveggenza. Il test non accerta la presenza di particolari poteri, ma ne valuta la possibilità fondandosi sull'ipotesi statistica: per la legge dei grandi numeri le probabilità di indovinare una carta del mazzo tendono, con infinite prove, al 20% (1 su 5); solo uno scostamento significativo da questa percentuale - posto che l'esperimento venga condotto con metodo scientifico su un numero di casi statisticamente rilevante - si potrebbe supporre non attribuibile alla mera casualità.