giovedì 11 giugno 2015

Phantom, il Koala che non lascia la mamma in pericolo


“Tieni duro mamma, ci sono io qui con te“. 

 Questo è quello che sembra dire il preoccupato Phantom, un cucciolo di koala che non si stacca dalla madre mentre la stanno operando. 
Tanta dolcezza mista a preoccupazione per un cucciolo che sta commuovendo il web; Lizzy la sua mamma ha dovuto subire un intervento d’urgenza dopo essere stata vittima di un incidente stradale in Australia. 
 Purtroppo Lizzy  ha riportato ferite al musetto e ad un polmone che è collassato, per fortuna il cucciolo non ha riportato ferite, ma quando l’Australia Zoo Wildlife Hospital ha portato la mamma in ospedale si è rifiutato di lasciarla.


Il piccolo koala ha solo 6 mesi e per non traumatizzarlo separandolo dalla madre, lo staff medico ha scelto di lasciarlo con lei anche durante l’intervento. 
 La scelta si è rivelata vincente. 
Forse anche grazie al "supporto morale", Lizzy ha superato l'intervento ed è sulla strada della guarigione


Phantom, visibilmente sollevato, saluta tutti i suoi fan.

 Gli incidenti su strada sono la principale causa di morte tra i koala dopo la distruzione e la frammentazione del loro habitat. 
Si calcola che solo nel sudest del Queensland, nella cosiddetta "koala coast", muoiano investiti dalle auto circa 300 esemplari all'anno.
Fonti:
eticamente.net
 focus.it

Le miniere di Wieliczka, la città sotterranea fatta tutta di sale


A 13 km dalla città polacca di Cracovia sorge Wieliczka, nota per ospitare una delle miniere di sale più antiche d’Europa. 
Dal 1978 la miniera è stata dichiarata dall’Unesco patrimonio mondiale della natura e della cultura. 

La miniera , tutt’ora utilizzata su nove livelli, è lunga 300 km tra cunicoli e gallerie. 
Fin dai tempi passati è stata oggetto d’interesse da parte di molti personaggi illustri tra cui gli scrittori Goethe, Balzac e l’astronomo Copernico a cui è dedicata una sala. 
Una visita a questa meraviglia di sale ve ne farà comprendere il motivo. 
Scoprirete, nelle viscere della terra, un altro mondo fatto tutto d’ “oro grigio”, come lo chiamano i polacchi.

 La leggenda narra che la principessa ungherese Kinga (futura sposa del principe di Cracovia) perse il suo anello di fidanzamento; arrivata in città diede ordine di scavare un pozzo, fu così che venne scoperto un giacimento di salgemma dove, nel primo minerale che estrassero, c’era l’anello.
 I minatori sono molto devoti a Kinga che fu poi canonizzata da Giovanni Paolo II. A lei è dedicata la bellissima Sala Principale, meglio conosciuta come Cattedrale di Sale, con sculture, altari e bassorilievi tutti rigorosamente fatti di sale; le lampade di cristallo illuminano il pavimento creando un gioco di colori e riflessi davvero particolare.

 La sala, che ospita la cappella dove sono conservate le reliquie della Santa, si trova ha 101 metri sotto terra.
 Qui viene celebrata la messa, hanno luogo cerimonie e concerti (l’acustica della miniera è perfetta). 

Leggende a parte a Wieliczka si estrae sale dal XIII secolo e ciò ha rappresentato per molto tempo la maggiore ricchezza del paese; nel Medioevo il sale aveva la stessa importanza che ha per noi il petrolio.




Il giro turistico si compie su un percorso di 3 km a una profondità di 135 metri. 
Il tour dura tre ore e si svolge obbligatoriamente con una guida.
 E’ un percorso affascinante ma non indicato a chi soffre di claustrofobia. 
Si inizia subito con una discesa di 380 scalini in legno per ritrovarsi in gallerie illuminate e ben areate; ogni angolo è una sorpresa, quasi si dimentica di visitare una miniera.
 Ci sono effetti speciali, video multimediali, sculture di sale e stanze allestite a museo utili a capire come funzionava la miniera.






Particolare la presenza di due laghi artificiali che, con la musica di Chopin in sottofondo, fanno perdere realmente la cognizione del tempo.


Il giro è articolato su tre livelli ma, non vi accorgerete della fatica di scendere ben 800 gradini, tanta è la bellezza del luogo che vi circonda.
 Il ritorno in superficie viene effettuato con un montacarichi che vi riporterà fuori dal suolo in pochi secondi. 
 All’interno ci sono punti di ristoro (tra cui una trattoria sotterranea) negozi di souvenir e la possibilità di spedire lettere.

 A 135 m ,nelle stalle dove un tempo dormivano i cavalli che lavoravano negli scavi è presente una stanza, che si avvale delle azioni terapeutiche del sale, per la cura di malattie relative al sistema respiratorio 
Ma non è tutto; in miniera c’è anche la possibilità di passare la notte nei sotterranei; ci sono infatti 48 posti letto, diverse zone di svago e persino una discoteca.


Gli itinerari “del sottosuolo” offerti dalle guide sono variegati. Oltre al classico giro turistico si può prenotare un percorso minerario, dove il turista viene munito dell’attrezzatura da minatore per compiere i primi passi di questo difficile mestiere.
 Un modo divertente per vivere in prima persona la suggestiva avventura nelle miniere di sale più famose del mondo, un’esperienza che tutti, almeno una volta nella vita, dovrebbero fare! 

 Fonte: meteoweb.eu

Il "doppio frontone" del Pantheon romano


Non tutti sanno che il Pantheon, il tempio romano dedicato a tutti gli dei dell’Olimpo, è oggetto di un enigma che archeologi e storici dell’arte non sono riusciti ancora a spiegare. 
 “Quanti in piazza del Pantheon, oltre che al più grandioso, più significativo e meglio conservato dei monumenti romani antichi, dedicano un’occhiata ai muri degli edifici, o alla sua sommità?”, si chiedeva Armando Ravaglioli. 
 Ci sono almeno tre lapidi, che definire eloquenti è poco; e spesso, queste piccole tavole in marmo raccontano incisa la storia di una città: solo nel Centro storico, se ne contano oltre novecento.
 In piazza, si vede poi il segno perfino di un clamoroso errore degli architetti antichi.

 Il dettaglio che rivela l’errore è proprio sopra il pronao dell’edificio dell’anno 27 avanti Cristo (che noi vediamo ricostruito da Adriano), dietro al timpano triangolare. 
 Dalla piazza, con qualche fatica per quanto è in alto ed anche nascosto dal frontone (alla cui base è la dicitura in cui se ne ricorda l’autore: Marco Vipsanio Agrippa, genero dell’imperatore Augusto), si può anche apprezzare l’errore di un’epoca e di architetti antichi.
 Il Pantheon, dietro il pronao, mostra le tracce di un altro frontone, più elevato dell’attuale.
 Il grande timpano triangolare, ora disadorno, in origine doveva essere decorato da fregi in bronzo che furono quasi certamente asportati all’epoca delle invasioni barbariche: la disposizione dei fori ora visibili usati per ancorare le decorazioni ha suggerito agli esperti che il fregio stesso potesse raffigurare un’aquila ad ali spiegate che tiene nel becco una corona di quercia, simbolo di potere. 
 Ma sulla facciata del Pantheon si nota un secondo frontone triangolare in laterizio esattamente identico a quello del pronao ma più alto di quasi 3 metri: il vertice, come bene evidenzia l’immagine sotto, sfiora la cornice superiore del tamburo.


La differenza di livello tra i due frontoni ha fatto ipotizzare che forse il progetto originale prevedeva un pronao più alto e più imponente con un effetto prospettico che sarebbe stato più equilibrato e gradevole con colonne molto più alte di quelle attuali. 

Si sono formulate due ipotesi. 
 La prima: le cave egiziane di Assuan, che fornivamo il il granito non erano in grado di fornire fusti monolitici di tali eccezionali dimensioni. 
La seconda più teorizza invece la possibilità di un errore: furono spedite colonne più basse. Quindi, per l’impossibilità (o mancando il tempo) di procurarsi quelle adatte, i costruttori risolsero il problema semplicemente abbassando l’altezza del pronao.
 “Era il progetto originario; però, non furono trovate colonne sufficientemente alte e quindi, la facciata del monumento fu ridotto di misura”, spiega l’archeologo Andrea Carandini. 
Per questo, il tempio, che ci appare come dovrebbero averlo visto alla loro epoca i Romani, è probabilmente il solo che vanti una tale eclatante singolarità.




Il Pantheon è il monumento romano che vanta il maggior numero di primati: è il meglio conservato, ha la cupola in muratura più grande di tutta la storia dell’architettura, è considerato l’antesignano di tutti moderni luoghi di culto, ed è stata l’opera dell’antichità più copiata ed imitata.

Michelangelo la considerava opera di angeli e non di uomini.

Il punto in cui sorge non è casuale ma è un luogo leggendario della storia della città. 
Secondo una leggenda romana, infatti, questo era il posto dove il fondatore di Roma, Romolo, alla sua morte fu afferrato da un’aquila e portato in cielo fra gli dei.
 Ma a che cosa serviva e cosa indica il suo nome? Il nome deriva da due parole greche: pan, “tutto” e theon “divino”, in origine infatti il Pantheon era un piccolo tempio dedicato a tutte le divinità romane. 

Fatto erigere tra il 27 e il 25 a.C. dal console Agrippa, prefetto dell’imperatore Augusto, l’edificio attuale è opera di successive e imponenti ristrutturazioni.
 Domiziano nell’80 d.c, lo ricostruì dopo un incendio, trent’anni dopo colpito da un fulmine prese nuovamente fuoco. 
Fu allora ricostruito nella sua forma attuale dall’imperatore Adriano, sotto il cui regno l’impero di Roma raggiunse il culmine del suo splendore, ed è probabile che la struttura attuale sia frutto proprio del suo genio eclettico dai gusti esotici. Infatti, il Pantheon unisce ad una struttura cilindrica, di chiaro stampo romano, lo splendido colonnato esterno d’ispirazione greca.
 Benché la nuova struttura risultasse molto diversa da quella originale l’imperatore Adriano volle che sulla facciata fosse apposta un’iscrizione latina che tradotta significa “Lo costruì Marco Agrippa, figlio di Lucio, console per la terza volta”.


Fonte: ilnavigatorecurioso.it